Dramma lavoro: milioni di persone vivono ai margini della nostra società affluente

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 5 aprile 2017

Le risorse umane /2

Secondo l’Istat, nel 2016 ben 115.000 italiani si sono trasferiti all’estero. Per studiare anche, ma sempre più per ragioni legate al proprio lavoro, nell’intento di cogliere delle chance professionali o imprenditoriali fuori dal nostro Paese. Siamo oltre il caso di scuola dei ‘cervelli in fuga’. Tanto è vero che raddoppiano i 40-50enni, proprio a indicare una tendenza generalizzata ad andarsene da qui, che la CNA non collega più alla congiuntura, ma classifica come ‘nuovo standard’. Normalità. Se ne vanno, insomma, risorse umane (medici e ingegneri pagati a peso d’oro), e giungono rifugiati, migranti, donne e uomini che cercano assistenza, aiuti, una vita degna. Anche l’umanità, dunque, produce un saldo.

Ne scaturisce un facile paradigma: se sei povero, allora sei un immigrato verso il quale si ergono muri o si sprofondano mari; ma se sei bravo e preparato, allora sei una risorsa, sei uno a cui si offrono ponti d’oro per le proprie prestazioni, anche se all’inizio potrebbe essere dura. Da questo punto di vista, le barche sono piene di disperati che fuggono e cercano pane. Mentre gli aerei (e non più solo i Raynair) sono colmi, invece, di ingegneri, medici, brillanti imprenditori, gente che conta su se stessa, che lancia una sfida personale, che scommette individualmente sulle proprie qualità e sulle proprie idee imprenditoriali. Gente che si fa da sé, non cerca qualcuno che la assista. Gente che tenta la sorte.

Se sei uno di quelli che rischia di affondare nel Mediterraneo, perciò, vali poco, quasi nulla. Non sei spendibile, sei povero, chiedi solo assistenza, da solo non ce la faresti mai, hai gli occhi pieni di drammi veri, non sai come farai con la tua famiglia, sempre che esista ancora. Se invece sei uno che vola, un cosmopolita, uno che conosce le lingue, che è istruito (il 31% di chi va via dall’Italia è laureato, il doppio della media nazionale) allora sei un cittadino del mondo, uno che il mercato lo sa prendere per le corna, non lo subisce come un precario qualsiasi. Si tratta di un nuovo ceto di coraggiosi esploratori globali, sempre a caccia di opportunità, che impreca contro la burocrazia, che è stufo della ‘lentezza’ italiana, che vive in ‘uno Stato che non è amico’, e che decide in numero sempre maggiore di tentare la sorte del mercato globale, sentendosi in grado di fronteggiarlo.

Dicevo ieri dei 51.000 inattivi in più certificati dall’Istat, e dei 50.000 ragazzi che ogni anno abbandonano la scuola. Mettiamoci pure le migliaia di rifugiati, i migranti poveri, i non cosmopoliti, quelli che vengono con la sabbia del Sahara ancora nei risvolti dei pantaloni. Mettiamoci quelli che solcano i mari e in migliaia non arrivano, ma restano lì, sul fondo, per sempre. Mettiamoci le disuguaglianze, le disparità, le iniquità che le donne e gli uomini subiscono entro ogni confine, quasi senza più la voce per denunciarle. Mettiamoci, inoltre, che l’abisso si allarga, che le differenze crescono, che il mondo è sempre più diviso e frammentato e solo il mercato lo ricompone sul lato degli interessi.

I 115.000 che se ne vanno non c’entrano nulla, cercano solo di stare meglio, di vivere in un maggiore benessere. Ma quelli che affondano, quelli che non ce la fanno, che abbandonano, che si condannano all’inattività, che le chance non le vedono proprio, che non sono laureati, che se anche lo fossero nessuno se li filerebbe, tutti costoro, cosa sono? Merci avariate, beni di scarto, quel che resta dopo la scrematura dei cosmopoliti, quel che si getta se escludiamo chi vive bene, oppure il residuo umano che non ce la fa più, e amen? E non pensate, allora, che si fa politica, in fondo, perché la politica serve solo a questo, a sanare ingiustizie sociali palesi, ed è solo questa la bella politica, non altra, mentre il resto, il one man show dei media, è solo fuffa politicista, nulla di nulla, chiacchiera e basta?

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