Fonte: politicaPrima
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di Giangiuseppe Gattuso – 10 Maggio 2015
Lo dicono in tanti e anch’io ne sono convinto. Il “Giovane Fiorentino” è il Presidente del Consiglio con più “potere” reale dall’alba dell’Italia repubblicana. Nessuno dei predecessori regge il confronto.
I numerosi Presidenti di provenienza democristiana, è risaputo, si dovevano barcamenare tra le richieste dei partitini di maggioranza e le correnti organizzate della DC che, spesso, oltre a imporre ministri e sottosegretari, determinavano le azioni di governo e la linea politica.
Bettino Craxi, benché fosse riuscito a guidare un governo duraturo (agosto 1983 – aprile 1987) con una certa energia e autorevolezza, e con un notevole ruolo a livello internazionale, doveva, per forza di cose e per i numeri parlamentari, accettare le spinte e le limitazioni imposte dal partito egemone rappresentato dalla Democrazia Cristiana.
Silvio Berlusconi, vincitore a sorpresa nel 1994 con il capolavoro delle maggioranze territoriali (con la Lega al nord e con Alleanza Nazionale al sud), e poi nei tre governi presieduti, non ha mai avuto e goduto di un consenso così vasto. E si è sempre lamentato di non avere potuto ‘fare’ quello che aveva sempre promesso per responsabilità dei piccoli e rissosi partiti delle sue maggioranze che riusciva a fare stare insieme solo nel momento elettorale o poco più. Non gli è bastato l’enorme potere delle sue imprese, dei suoi soldi, e nemmeno quello delle televisioni, dei giornali e via dicendo.
Gli altri Presidenti, tecnici di livello, e più o meno validi come politici, non fanno testo. Hanno svolto il loro mandato sostenuti da maggioranze ‘larghe’ e portato a termine il lavoro difficile e meno gratificante per mettere al sicuro i nostri conti. Mario Monti fa il senatore a vita ed è letteralmente svanito. Mentre Enrico Letta, più famoso come ‘enricostaisereno’, ha preso la via di Parigi in attesa di tempi migliori.
Sembra un paradosso, ma è così che stanno le cose. Matteo Renzi, per una incredibile serie di concause, insieme a intelligenza tattica e capacità ‘comunicativa’, oltre ogni limite, aldilà dei contenuti, e dopo avere ‘scalato’ il PD, ha spianato tutto ciò che era possibile fare. Uomini e partiti. E, non bisogna dimenticarlo, utilizzando con disinvoltura, da faccia di bronzo, il medesimo risultato delle politiche del 2013, quando Bersani uscì di scena per non avere vinto.
E adesso, con la firma dal Presidente della repubblica sull’Italicum e il disegno del nuovo Senato, viaggia spedito verso un sostanziale premierato. Una concentrazione di poteri nella figura del Presidente e del Governo notevole. Al punto che lo scioglimento del Parlamento resterà nelle mani del Capo dello Stato solamente per una questione meramente ‘formale’. Insomma una modifica sostanziale dei poteri e dei rapporti istituzionali del Governo e del Parlamento.
È un male tutto questo? Non ho un preciso convincimento e ho qualche dubbio. Sono sicuro, però, che il ‘Fiorentino’ non rappresenta, credo per sua natura, un pericolo per la nostra democrazia.
Piuttosto, si pone, in tutta la sua clamorosa evidenza, una questione importante per il gioco democratico e per lo stesso Governo. Il ruolo e la presenza di un’opposizione seria, forte, e alternativa. Ecco qual è il vero problema. Ci troviamo, ormai da tempo, in un periodo lungo nel quale è difficilissimo, se non impossibile, immaginare ciò che potrà esserci dopo. Dopo Renzi, in questo caso. Abbiamo un punto fermo rappresentato dal Governo, debordante nei confronti del Parlamento, con un sostanziale appiattimento del potere ‘legislativo’ nei confronti del potere ‘esecutivo. Senza che si scorga, nemmeno in lontananza, l’altro punto fermo che dovrebbe rappresentare l’alternativa, appunto, al Governo stesso. E che potrebbe governare il Paese senza traumi particolari.
Insomma, per capirci meglio. Manca al sistema politico italiano l’individuazione chiara di chi rappresenta l’opposizione intesa come alternativa immediata, pronta a governare al posto di chi c’è già. E questo vale per chiunque sieda a Palazzo Chigi. È il tema che ci trasciniamo dalla caduta della cosiddetta Prima repubblica e ancora non risolto. Quel sistema bipolare che in Italia non è mai riuscito a decollare del tutto. Una conseguenza dei gusti elettorali, di una società con molte anime e infiniti individualismi che tende più alla divisione che all’unione.
Anche per questo non si è mai riusciti ad affrontare seriamente la questione anche quando si è tentato di approvare uno “Statuto dell’Opposizione”. Quell’insieme di regole scritte e non scritte che, in maniera quasi automatica, determinano, immediatamente dopo l’insediamento di un Governo, il riferimento e la rappresentazione plastica della sua alternativa. Un tema ancora poco sentito da chi ci rappresenta e, ovviamente, diretta conseguenza della mancanza di maturità e consapevolezza politica dei cittadini, disabituati da decenni alla partecipazione attiva e all’impegno sociale.