Elena Basile: Gli altri fanno come noi? allora sono “terroristi”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Elena Basile
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Elena Basile: Gli altri fanno come noi? allora sono “terroristi”
Svegliatevi! Immergetevi nell’ orrore di Gaza
Come avere fiducia in classi dirigenti e di servizio che coprono #GazaGenocide‌
I prossimi dopo ucraini e palestinesi possiamo essere noi

Confesso: non riesco a essere tollerante. Il dubbio è possibile verso tesi, opinioni, interpretazioni differenti di fatti riconosciuti. Se si è invece indulgenti verso la corruzione dei media, verso la mistificazione e il travisamento degli eventi storici attuali, verso il sacrificio dei popoli per interessi geopolitici dell’impero atlantico, allora si è complici delle menzogne della classe di servizio e dei crimini dell’impero.

Sui giornali che un tempo erano un punto di riferimento della sinistra, incluso il Manifesto, gli stessi giornalisti in grado di denunciare le politiche della Clinton in Siria e la manipolazione di al Queda in funzione anti-Assad oggi utilizzano doppi standard, accusano l’Iran e le sue prigioni senza fare riferimento ai ricatti dell’impero e alle celle altrettanto crudeli, alle condanne a morte dell’America profonda. Una giovane giornalista, Cecilia Sala, mandata allo sbaraglio e non protetta sufficientemente dal suo giornale, è stata arrestata dall’Iran come pedina di scambio per un altro arresto, ugualmente criminale, nei confronti di un imprenditore che vendeva tecnologia a Teheran. I pasdaràn, recita Washington, grazie alla tecnologia dell’imprenditore avrebbero ucciso soldati statunitensi. Ci sarebbe da ridere. I manager di Leonardo e delle tante imprese occidentali che vendono armi nei teatri di guerra di quante morti sono allora responsabili? I ministri degli Esteri europei hanno recentemente confermato i rifornimenti di armi al governo criminale e terrorista di Israele, artefice dell’orrore innominabile di Gaza, coperto dalla classe di servizio occidentale quale disastro naturale, di cui sarebbero responsabili i terroristi palestinesi. In più di cento articoli su questa testata abbiamo cercato di demistificare le menzogne dei diplomatici e degli analisti che continuano a travisare la realtà, incapaci di rimorsi di fronte alle carneficine in corso. Imperturbabile l’accademia e i finti istituti di ricerca, finanziati da Washington, ci descrivono una partita a calcio tra Occidente e Russia, nella quale Putin avrebbe segnato alcuni goal in Ucraina e in Georgia, nel suo vicinato, ma persino in Romania. Sono ormai estinti i principi democratici, l’autodeterminazione dei popoli e la non ingerenza negli affari interni. L’Europa può finanziare insieme agli Stati Uniti rivoluzioni colorate e negare il risultato di elezioni la cui regolarità è stata riconosciuta dall’Osce, che nell’ignoranza imperante sui media viene ancora confusa con l’Ocse. Tutto fa gioco e i miei ex colleghi sulla stampa si divertono ad accusare Bruxelles di mollezza perché nella guerra tra sfere di influenza ai confini con Mosca sta perdendo militarmente in Ucraina e politicamente nell’Europa dell’Est. Il ricatto nei confronti di Ungheria, Slovacchia, Romania deve farsi più duro. La rivolta anticostituzionale in Georgia è guidata dalla presidente di nazionalità francese: ex ambasciatrice dell’Eliseo a Tiblisi, è divenuta ministro degli Esteri e poi presidente della Repubblica. Questa volta bisogna arretrare, ma la destabilizzazione della società georgiana continuerà e come in Ucraina il futuro preserva forse un colpo di Stato, quando le condizioni lo permetteranno.

Cosa ci fa il nostro petrolio sotto quella sabbia? La battuta rende bene l’ottica della nazione indispensabile secondo la quale non esiste risorsa mineraria in Medio Oriente che non possa essere rubata come per anni è accaduto in Siria, poi travolta dalla violenza dei tagliagole. La dottrina della porta aperta della Nato recita con una prepotenza sfrontata che la Russia non può avere una parola (has not got a say) contraria all’espansionismo di un’alleanza militare oggi offensiva(BASI USA). L’Europa baltica e scandinava, l’asse Londra-Kiev-Varsavia, interamente asservita, non batte ciglio.

Svegliatevi! Verrebbe voglia di gridare. Immergetevi nell’inferno di Gaza perché coloro che oggi sacrificano i palestinesi e gli ucraini non avranno remore nei vostri confronti. La morte della liberal-democrazia e delle socialdemocrazie non turba i sogni dei progressisti. Temono le destre antisistema che del trionfo del capitalismo finanziario, della hybris della società dell’1%, sono in grado di creare una mitologia fiabesca (vedi Meloni che cita Tolkien), ma non si rendono conto che sono loro, il centrosinistra, i verdi, i liberali euroatlantici ad avere distrutto quel tessuto sociale base della democrazia. Gli intellettuali pompati dalla pseudo sinistra, che condannano la Meloni, ma si guardano bene dal criticare le guerre per procura contro la Russia e in Medio Oriente, sono l’emblema della decadenza e del tradimento dell’Europa. È una lotta impari. Eppure la speranza nell’anno entrante non può che assumere lo stesso tragico significato: in nome delle vittime appelliamoci alla verità, senza false indulgenze, perché questo è il tempo della denuncia e della giustizia.

Super-base sul Mar Nero, la Nato avvicina la Russia

Crisi Ucraina La «Nuova Ramstein» in Romania. Diecimila soldati, 300 ettari, 30 km di perimetro: così l’Alleanza atlantica marcia verso est

Sebastiano Canetta  20/03/2024

Dall’ennesimo gruppo di contatto sull’Ucraina nella vecchia base di Ramstein in Renania, al contatto con il nemico nella «nuova Ramstein» affacciata sul Mar Nero. Mentre in Germania il segretario alla difesa Usa Lloyd Austin, riunisce 50 leader occidentali per coordinare l’ultima tranche di aiuti militari a Kiev che «non verrà lasciata sola», in Romania comincia l’ampliamento dell’avamposto Nato costruito su misura dello scontro frontale con la Russia, bollato come «inevitabile» da quasi tutti i capi di governo Ue: un sito perfetto per il nuovo assetto dell’Europa in guerra.

La base aerea “Mihail Kogalniceanu” a Costanza in Romania «sarà la nuova Ramstein», riassumono negli ambienti militari dell’alleanza atlantica citando l’attuale gigantesco avamposto militare in Germania che fin dai tempi della Guerra Fredda rappresenta il cardine della difesa Nato in Europa. «La costruzione delle nuove piste della grande cittadella per ospitare 10.000 soldati è iniziata» conferma la nota delle forze armate rumene premurandosi di far sapere come «l’espansione aumenterà molto la sicurezza regionale». I numeri sono impressionanti: la nuova mega-base occuperà 3.000 ettari, il perimetro sarà di 30 chilometri.

Si tratta della prima vera dimostrazione pratica del riposizionamento della Nato nel nuovo teatro di guerra e restituisce la prova di come il fronte strategico sia stato definitivamente spostato a ridosso della linea di contatto con l’esercito russo. L’ampliamento della base di Costanza segna davvero l’inizio della nuova era, tutt’altro che breve nei piani Nato: «I lavori saranno terminati entro il 2026 mentre l’infrastruttura sarà capace di operare con massima capacità nel 2040». Di fatto un piano ventennale, con buona pace di chi insegue la de-escalation del conflitto.

Ieri nella base di Ramstein il segretario Austin – ricomparso in pubblico dopo la diagnosi di cancro, inizialmente nascosta anche a Biden – ha ricomposto in qualche modo la risposta unitaria della Nato all’indomani della «rielezione-farsa» di Putin e in vista delle urne americane ed europee. Eppure al di là degli stanziamenti finanziari e dell’imprescindibile supporto di mezzi e munizioni richiesto agli alleati “storici” (ieri la Germania ha promesso altri 553 milioni di euro in equipaggiamento bellico) gli Usa da tempo sono pronti a riassettare la difesa Nato su tutti i fronti. Alla luce degli sviluppi bellici più o meno imminenti a Washington hanno comunque già deciso che è assai più efficace e costa molto meno spostare il centro di gravità delle forze atlantiche nell’affidabile Romania piuttosto che restare in balia dei temporeggiamenti del cancelliere Scholz.

Per lo stesso motivo, da tempo puntano sulla Croazia per il controllo del doppio nodo Adriatico-Balcani e non sull’Italia di Meloni-Crosetto, così come contano su Varsavia e non su Berlino per proteggere Baltico e Ucraina occidentale.

Un interessante articolo tradotto a cura della Caritas ed inserito nella loro settimanale rassegna stampa sui Balcani mette in rilievo quale potrebbe essere, nei futuri piani geostrategici statunitensi, il ruolo dell’enorme base militare di Bondsteel.

16/07/2002 –  Anonymous User

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Kosovo/Kossovo-Camp-Bondsteel-ed-il-petrolio-del-Mar-Caspio-21104

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