Elezioni in Germania: SPD, una catastrofe annunciata

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Cinzia Sciuto
Fonte: animabella.it
Url fonte: http://www.animabella.it/2017/09/25/elezioni-in-germania-spd-una-catastrofe-annunciata/

di Cinzia Sciuto – 25 settembre 2017

Dopo anni di Große Koalition era del tutto prevedibile che l’Spd ne pagasse caro il prezzo. Una netta débâcle dovuta anche al modo in cui è stato affrontato il tema immigrazione e rifugiati, questione che ha tenuto banco per tutta la campagna elettorale. A tutto vantaggio dell’Afd, il partito xenofobo per la prima volta in parlamento.

Poco dopo la diffusione degli exit polls, che ieri alle 18 in punto (orario di chiusura dei seggi) già annunciavano chiara e lampante la sconfitta dell’Spd, il suo capo Martin Schulz ha dichiarato che il partito non sarà disponibile a entrare nel governo e che si collocherà all’opposizione. L’epoca della Große Koalition in Germania sembra dunque finita, e questa è l’unica buona notizia di queste elezioni. Ed è anche l’unico punto di partenza possibile per rimettere insieme i cocci della socialdemocrazia tedesca – e forse europea – e provare a costruire per il futuro una seria e radicale alternativa ai Cristianodemocratici. I quali, pur rimanendo il primo partito in Germania, non hanno di che rallegrasi: circa un milione di voti si sono chiaramente spostati dal partito della cancelliera ad Alternative für Deutschland, il partito xenofobo di estrema destra, vincitore indiscusso di questa tornata elettorale. Meno 8,6 percento di voti rispetto al 2013 è il prezzo che Angela Merkel ha pagato per la sua politica sui rifugiati, che ha rappresentato il tema decisivo in questa campagna elettorale.

Un tema sapientemente cavalcato dall’Afd che ha raccolto ed enfatizzato le paure dei tedeschi. Più che dal risultato elettorale– 12,6 per cento nella media nazionale, con punte ben oltre il 20 per cento in alcune aree dell’Est del paese (nel Land di Sachsen è addirittura il primo partito con il 27 per cento delle preferenze) – la vera vittoria di Frauke Petry e Alexander Gauland è infatti rappresentata proprio dalla capacità di dettare l’agenda politica e di metterci al centro la questione dei rifugiati. Una scelta per loro obbligata – visto che è attorno a questo tema che il partito è nato e che raccoglie il suo consenso – ma che avrebbe dovuto essere assunta anche dagli altri. Dal settembre 2015 infatti – ossia dal momento in cui la cancelliera ha aperto le frontiere della Germania con il suo “Wir schaffen das” – era chiaro che questo sarebbe stato il terreno di scontro politico da lì al giorno delle elezioni. E se anche poi queste frontiere non siano rimaste nei fatti così aperte, la potenza simbolica di quella dichiarazione ha avuto effetti di ben più lunga durata delle politiche concrete.

Inoltre, anche se può sembrare un paradosso, proprio in un paese dove l’economia cresce e che ha certamente le spalle larghe per affrontare il flusso di rifugiati, i timori che l’arrivo incontrollato di centinaia di migliaia di persone l’anno da paesi molto lontani dalla Germania per geografia e cultura possa mettere in discussione esattamente quel benessere e la sicurezza del vivere collettivo, attraversano tutti gli strati sociali e tutti gli elettorati, di centro, di destra ma anche di sinistra. La cosa può non piacere, ma non si può ignorare. È stato lo stesso Martin Schulz ad aver ammesso di aver incontrato in campagna elettorale molti elettori dell’Spd che rimproveravano al partito di non prendere in seria considerazione i timori della base sul tema immigrazione.

Una politica progressista non si porta avanti negando le paure della gente e cercando di convincerla che si sta sbagliando. Ovviamente non si attua neanche inseguendo gli xenofobi sul terreno del razzismo. Ma si colloca esattamente in quello stretto crinale fra la capacità di sintonizzarsi e intercettare i bisogni e i timori delle persone e quella di offrire loro risposte credibili e progressiste.

Era comunque del tutto prevedibile – nonostante l’iniziale entusiasmo che la nomina di Martin Schulz aveva sollevato – che dopo anni di Große Koalition l’Spd ne pagasse il prezzo. Chi infatti è soddisfatto delle politiche del governo ne attribuisce i meriti ad Angela Merkel, che continua ad essere una leader molto popolare e autorevole. Chi invece è critico affibbia le responsabilità a entrambi i partiti della coalizione, e vota altrove. L’Spd dunque ha avuto solo oneri e niente onori da questa esperienza.

Che l’Spd si sia dichiarata indisponibile a una nuova, ennesima, GroKo è un’ottima notizia non solo per il partito di Schulz ma per tutta la democrazia tedesca: se l’Spd dovesse infatti entrare al governo il primo partito di opposizione sarebbe l’Afd, con tutto quello che ne seguirebbe sia in termini di lavori parlamentari sia di dibattito pubblico. Schulz ha dichiarato che in Germania bisogna tornare alla dialettica fra centrodestra e centrosinistra, e la scelta di stare all’opposizione è un chiaro segnale all’Afd che non le sarà lasciato molto spazio. Era ora.

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