Estremismo di centro: Calenda, Richetti….

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini

Il sé percepito combustibile psichico dell’estremismo di centro.

Nel momento in cui il sistema politico si struttura attorno alla frattura fra europeismo e sovranismo, loro se ne vanno e fondano un partito ‘europeista’ di nuovo conio. Il cui cleavage fondamentale è quello tra il sé percepito e il resto del mondo. Un delirio singolare, ma con una patologia che non esclude più complessi raggruppamenti come quello dell’Espresso-Repubblica e la pattuglia dei post-pannelliani.

Attenzione quindi, perché Richetti e Calenda sono la punta emersa e patetizzata di un iceberg più grande. Gli europeisti tardo liberisti, i macronisti mancati, utile spalla (non dirò ultimi idioti) dei paleo-sovranisti lego-fascisti: una fenomenologia tipicamente italica che ha forse a che vedere con Mike Buongiorno e quel ‘lascia o raddoppia’ destinato a plasmare un intero spirito naziaonale. Quanti ne ho conosciuti di tipi come Richetti e Calenda…. se devo essere sincero riconosco qualcosa anche di me stesso, ma di quando avevo vent’anni ed ero politicamente bambino…. quando impazzava il gruppuscolarismo leaderistico sessantottardo… Che a pensarci mi vien tenerezza…. quel modo rivendicazionistico per le aspettative tradite, iperappassionato e petulante, quella posa da suprematismo dell’ego rispetto alla meschinità del mondo, quelle espressioni sentimerntalistiche di una purezza violata, quella visione eroica e romantica di sé, letteralmente virginale, e con conseguenze starnazzanti…. quella prosopopea di una competenza misconosciuta e di una bellezza inappagata….. tutti aspetti espressivi dell’immaturità adolescenziale e ricorsivi nell’infantilismo psichico (piccolo borghese, si sarebbe detto un tempo) prima che politico…

L’estremismo di centro, ultima malattia infantile, che è essenzialmente il ricettacolo di questa peculiare antropologia. Lascio e raddoppio, striscio e busso. Nella più totale assenza di autoironia. Una sicumera d’azzardo derivante dalla frustrazione per l’irrilevanza subita. Per la quale meno si conta e più ci si attacca al presunto beau geste. Ovvero al piccolo cazzo. Grande veicolo di ogni futile amore di sé.

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