Sentiamo dire da più parti in questi giorni che agli anziani potrebbe essere negata in qualche misura la possibilità di riprendere la propria libertà. Sarebbe una sciagura per il nostro futuro come paese libero e sarebbe una catastrofe per la salute degli anziani. Il governo mette in quarantena i nostri concittadini anziani solamente per sottrarsi dal doversi occupare del loro benessere. Pensiamo che questo non avverrà perché non sarebbe giusto e sarebbe peraltro anche incostituzionale.
Ma crediamo, anche, che gli anziani continueranno a confinarsi in casa ancora per molto tempo.
Gli anziani sono ritenuti tra i pazienti più fragili non solo di fronte alla COVID-19, ma anche rispetto alle conseguenze emotive delle restrizioni.
Anche la consapevolezza di essere più esposti ai rischi gravi connessi al nuovo coronavirus può contribuire a peggiorare l’umore della persona anziana.
La chiusura all’interno della propria abitazione per le persone anziane è stato un momento difficile, ma la reazione della stragrande maggioranza di esse è stata equilibrata: gli anziani si sono sentiti partecipi di un immane sforzo che ha coinvolto tutta la nazione.
Con l’isolamento gli anziani si sono protetti dal coronavirus, ma la perdita di esercizio fisico legata all’essere costretti a stare in casa si sta ripercuotendo sulla loro salute cardiovascolare e metabolica, ma anche sul tono dell’umore, con alterazioni del sonno e aumento di ansia e depressione
Il tormento più grande per gli anziani è stato il non poter frequentare “fisicamente” i parenti, i nipoti, gli amici di sempre.
Per questo, purtroppo non esistono terapie. L’amicizia, la vicinanza, lo sguardo pieno di affetto non sono sostituibili da nessun intervento.
E quando riapriranno i centri sociali, i bar, le bocciofile, le chiese non sarà più come prima. Comunque bisogna mantenere le distanze, non si potrà ballare, non si potrà giocare a carte, non si potrà scambiare il segno della pace.
Le videochat sono servite nell’emergenza, ma non possono essere modalità stabili di relazione con gli anziani. Per cui bisogna prendere tutte le precauzioni consigliate e andare fisicamente nelle case dei nostri cari anziani. Anche se la sicurezza di una protezione assoluta non potrà mai esserci, possiamo essere tanto egoisti da anteporre la nostra assoluta sicurezza più che effettuare un’azione di immensa efficacia affettiva?
Per la preoccupazione della solitudine e lo spettro della depressione ed il timore di sentirsi abbandonati i rimedi sono sempre gli stessi: l’affetto, la gentilezza, la curiosità.
E poi l’ascolto in silenzio: giovano di più cinque minuti di ascolto silenzioso che un’ora di chiacchiere superflue. Il desiderio di far comprendere i propri disagi, le sofferenze, i dolori è fortissimo, quindi, ascoltiamoli.
Non possiamo immaginare di tenere gli anziani chiusi nel proprio domicilio troppo a lungo, anzi dovremmo organizzarci calcolando il rischio ambientale, ma anche quello personale: l’età in sé non è un fattore di rischio, ma lo diviene se è associata alle malattie croniche. E anche queste ultime peggiorano se non vengono controllate (e durante l’ultimo periodo questo è praticamente saltato), risentendo naturalmente dell’inattività forzata e dell’isolamento.
Nella fase 2 più che pensare a forme di isolamento per gli ultra 70enni dobbiamo organizzare un monitoraggio serio e costante dei soggetti anziani con malattie croniche: dopo un’inattività così lunga ci può essere uno scompenso o un’alterazione dei valori. Ed invece, o almeno oltre a pensare ad App per la gestione del contact tracing, sarebbe opportuno utilizzare una App che monitora parametri come saturazione dell’ossigeno, frequenza cardiaca e respiratoria, abbinata a un contapassi che ci dica se i valori sono tali a riposo o in movimento.
E, principalmente, rimettere in piedi una medicina del territorio che negli ultimi decenni è stata letteralmente distrutta.
MINO DENTIZZI