Autoritratto di Calvino

per Bruno Recalcati
Autore originale del testo: Bruno Recalcati

Una premessa

Tutto sommato non è difficile gettare un ponte tra Primo Levi e Spinoza stante la comune matrice sefardita.

Quello invece tra Italo Calvino e Spinoza , ammesso che ci sia , è tutt’al più un esile ponticello. Mi viene alla mente il curioso progetto di Calvino di intervistare Spinoza e Leibniz, l’eretico e il cortigiano. Non l’ha fatto. Delle progettate interviste impossibili ci restano solo quella , divertente, con l’uomo di Neanderthal , e , quella, spiazzante, con Montezuma.Mi viene ,altresì, in mente il richiamo a Spinoza presente nel racconto La Spirale in cui Calvino immagina il passaggio in Riviera di un camion carico di enciclopedie illustrate recanti una voce di quattordici righe sulla vita e l’opera di Spinoza.Resto, tuttavia, convinto che il rapporto tra Spinoza e Calvino non sia liquidabile in quattordici righe.

Perciò ho creduto di rimediare premettendo alle citazioni di Calvino una preziosa citazione di Giorgio De Santillana , storico e mitologo della scienza. L’accostamento in questo caso non è arbitrario, stante che De Santillana è stato ben più che un incontro occasionale del primo (rimasto poi l’unico) viaggio americano di Calvino.

L’uomo ha il diritto di sentirsi cortice d’un cervello di macchine sul pianeta, può sognare di vedere più tardi la sua rete d’intelligenze estendersi attraverso l’universo nella lotta eterna contro la dissoluzione. Può aspirare a diventare il Gran Quartiere Generale della natura naturante nel suo angolo d’Universo, a far pesare l’influenza della mente in una rete di comunicazione cosmica di cui tutti al presente non abbiamo nessuna idea – ma ciò, naturalmente, al prezzo di crearla. È un mondo al quale Spinoza non aveva pensato, ma che non avrebbe rinnegato. È un mondo che Leibniz sarebbe stato costretto di riconoscere dopo un momento di paura, come suo figlio legittimo

(G. DE SANTILLANA, I miti della scienza, in «Civiltà delle macchine» 5 (1953), p. 11)

In questo io bisogna riconoscere la parte che ha il fatto che sono un bianco eurocentrico consumista petrolifago e alfabetiero (Calvino in Civiltà delle macchine, Identità , 1977)

Io non sono tra coloro che credono che esista solo il linguaggio, o solo il pensiero umano. […] Io credo che il mondo esista indipendentemente dall‟uomo; il mondo esisteva prima dell‟uomo ed esisterà dopo, e l‟uomo è solo un‟occasione che il mondo ha per organizzare alcune informazioni su se stesso (Calvino in Le ragioni della mia irrequietezza stilistica, in Sono nato in America…, cit., p. 134-35.)

Una spiegazione generale del mondo e della storia deve innanzitutto tener conto di com’era situata casa nostra (Calvino in La strada di San Giovanni, 1962)

Siamo anello di una catena che parte a scala subatomica o pregalattica: dare ai nostri gesti, ai nostri pensieri, la continuità del prima di noi e dopo di noi, è una cosa in cui credo. E vorrei che questo si raccogliesse da quell‟insieme di frammenti che è la mia opera (Calvino in Nelle «Cosmicomiche» continuo il discorso dei romanzi fantastici, in Sono nato in America…, cit., p. 119)

«Credo giusto avere una coscienza estremista della gravità della situazione, e che proprio questa gravità richieda spirito analitico, senso della realtà, responsabilità delle conseguenze di ogni azione parola pensiero, doti insomma non estremiste per definizione».(Calvino in Quattro risposte sull’estremismo, «Nuovi Argomenti», p. 31,1973)

Il palazzo è tutto volute, tutto lobi, è un grande orecchio in cui anatomia e architettura si scambiano nomi e funzioni: padiglioni, trombe, timpani, chiocciole, labirinti; tu sei appiattato in fondo, nella zona più interna del palazzo-orecchio, del tuo orecchio; il palazzo è l’orecchio del re…

Il palazzo è il corpo del re. Il tuo corpo ti manda messaggi misteriosi, che tu accogli con timore, con ansia. In una parte

sconosciuta di questo corpo s’annida una minaccia, la tua morte è già lì appostata, i segnali che ti arrivano forse t’avvertono d’un pericolo sepolto all’interno di te stesso. (Calvino in un re in ascolto in Sotto il sole-giaguaro, p.119)

Una voce mette in gioco l’ugola, la saliva, l’infanzia, la patina della vita vissuta, le intenzioni della mente, il piacere di dare una propria forma alle onde sonore.(Calvino in un re in ascolto in Sotto il sole-giaguaro, p.130)

In un certo senso, credo che sempre scriviamo di qualcosa che non sappiamo; scriviamo per rendere possibile al mondo non scritto di esprimersi attraverso di noi. Nel momento in cui la mia attenzione si sposta dall’ordine regolare delle righe scritte e segue la mobile complessità che nessuna frase può contenere o esaurire, mi sento vicino a capire che dall’altro lato delle parole c’è qualcosa che cerca d’uscire dal silenzio, di significare attraverso il linguaggio, come battendo colpi su un muro di prigione. (Calvino Conferenza, 1983)

A terra gli abitanti si mostrano di rado: hanno già tutto l’occorrente lassú e preferiscono non scendere. Nulla della città tocca il suolo tranne quelle lunghe gambe da fenicottero a cui si appoggia e, nelle giornate luminose, un’ombra traforata e angolosa che si disegna sul fogliame.

Tre ipotesi si dànno sugli abitanti di Bauci: che odino la Terra; che la rispettino al punto d’evitare ogni contatto; che la amino com’era prima di loro e con cannocchiali e telescopi puntati in giú non si stanchinodi passarla in rassegna, foglia a foglia, sasso a sasso,formica per formica, contemplando affascinati la propria assenza.(Calvino in Le città invisibili, p.35)

A ogni secolo e a ogni rivoluzione del pensiero sono la scienza e la filosofia che rimodellano la dimensioni mitica della immaginazione, cioè il fondamentale rapporto fra uomini e cose. (Calvino I buchi neri ; Corriere della Sera, 1975.)

Il circuito dell’informazione vitale che corre dagli acidi nucleici alla scrittura si prolunga nei nastri perforati degli automi figli di altri automi: generazioni di macchine forse migliori di noi continueranno a vivere a parlare vite e parole che

sono state anche nostre; e tradotte in istruzioni elettroniche la parola io e la parola Priscilla s’incontreranno ancora. (Calvino Cosmicomiche vecchie nuove ed. Garzanti p.272)

Quando mi stacco dal mondo scritto per ritrovare il mio posto nell’altro, in quello che usiamo chiamare il mondo, fatto di tre dimensioni, cinque sensi, popolato da miliardi di nostri simili, questo equivale per me ogni volta a ripetere il trauma

della nascita, a dar forma di realtà intellegibile a un insieme di sensazioni confuse, a scegliere una strategia, per affrontare l’inaspettato senza essere distrutto.(Calvino Conferenza 1983)

Per uno che pensa per immagini e che va continuamente in caccia di immagini al limite del pensabile, questo è un duro colpo: come incontrare un cartello di ‘caccia vietata’ in un bosco (la scienza) che per lui è una riserva di pregiata selvaggina. (Calvino Un maremoto nel Pacifico ,Corriere della Sera,1975).

Se riuscirò col pensiero a costruire una fortezza da cui è impossibile fuggire, questa fortezza pensata o sarà uguale alla vera – e in questo caso è certo che da qui non fuggiremo mai ; ma almeno avremo raggiunto la tramquillità di chi sa che sta qui perchè non potrebbe trovarsi altrove- o sarà una fortezza dalla quale la fuga è ancora più impossibile che da qui – e allora è segno che qui una possibilità di fuga esiste: basterà individuare il punto in cui la fortezza pensata non coincide con quella vera per trovarla.(Calvino Ti con zero, p.164)

… all’interno di questa partecipazione al comunismo, era una sfumatura di riserva sulle questioni generali, che spingeva Amerigo a scegliere i compiti di partito più limitati e modesti come riconoscendo in essi i più sicuramente utili, e anche in questi andando sempre preparato al peggio , cercando di serbarsi sereno nel suo (altro termine generico) pessimismo ( in parte ereditario anche quello , la sospirosa aria di famiglia che contraddistingue gli italiani della minoranza laica, ogni volta che vince si accorge di aver perso) ma sempre in linea subordinata a un ottimismo altrettanto e più forte …(…un ottimismo ereditario , della minoranza italiana che crede di aver vinto ogni volta che perde … (Calvino in La giornata di uno scrutatore. p. 14-15)

La vera sorpresa del Nuovo Mondo Amoroso è però un’altra:l’esplorazione del mondo delle “manie amorose”. Le perversioni sessuali sono il banco di prova decisivo per la morale foureriana che si rifiuta di vedere il”male” in una “passione”qualsiasi essa sia: metodico e imperturbabile l’autore riesce a dimostrare che sempre le passioni possono e devono giovare al prossimo e mai fargli danno perchè il male è solo là dove una passione è contrastata e repressa.(Calvino Teoria dei quattro movimenti il niovo mondo amoroso, introduzione a C.Fourier p. XXV)

Occorre però dire che la poubelle grande, per quanto parte incontestabile dei beni di nostra proprietà in seguito a regolare acquisto sul mercato, si presenta già nel suo aspetto e colore (un grigio-verde scuro da uniforme militare)come una suppellettile ufficiale della città, e annuncia la parte che nella vita di ciascuno hanno la dimensione pubblica, i doveri civici, la costituzione della polis. (Calvino in La poubelle agreè, p.1)

Un breve commento

La prima intenzione era quella di lasciare parlare Calvino di sè da sè (autoritratto è un titolo eccessivo, trattandosi al massimo di uno schizzo a matita).Però da quando le decantate prestazioni di ChatGBT hanno rimesso in auge la speranza di avere presto un Versificatore (la denominazione va attribuita , di diritto, al Primo Levi di Storie naturali) in grado di produrre un perfetto sonetto shakespeariano, allora si tratta di difendere la creatività (parola quant’altre mai inflazionata)non dell’autore umano (che è capace , anche da morto, di difendersi da solo) ma dell’umano lettore, anche nel caso fosse un imbecille. Si sa che delle cose di cui un autore di riferimento ha parlato un lettore accorto farebbe bene a limitare lo sforzo al cercare di capire quello che egli ha detto; ma per le cose che ha lasciato, volutamente o meno, implicite , ecco, ritorna un margine per le proprie, persomali, idiosincrasie di un lettore calviniano ma non calvinista.

Ecco allora che ,qui, cerchereste invano una citazione che abbia come protagonista Mr. Palomar : me lo vedo, infatti andare su e giù , avanti e indietro, con cappello e pipa in bocca alla Jacques Tati, su una spiaggia incontrando nel suo percorso malcapitati “oggetti” di descrizione : onde, uccelli marini e ,perfino, seni femminili su cui scaricare buona scienza e buona creanza.

Diversa è la questione per quanto riguarda Qfwqf, l’Orfeo proteiforme sempre in cerca della sua Euridice per tutte le cosmicomiche ; se ,qui, non se ne parla è solo per una questione di tempo : mica si può seguirlo dal Big Bang ai buchi neri. Ma il vero rammarico è che qui non compaia l’autentico eroe calviniano : Cosimo, il barone rampante, capace di spostarsi di ramo in ramo, di albero in albero, seguendp l’autostrada dei boschi e proclamando la Costituzione repubblicana degli uomini, delle donne, dei bambini, degli animali domestici e non, degli alberi … diremmo, oggi, dell’intera biosfera; per tornare a Shakespeare: un sogno illuminista di una notte di mezza estate.

Anche la biografia stessa di Calvino è, qui, sacrificata : c’è la villa di Sanremo, ma non la resistenza del partigiano Santiago; c’è la crisi del comunismo del ’56 ma non le raccomandazioni for the next millenium ; c’è l’agorafobia parigina (che lo stesso Calvino confessava) ma non l’OULIPO e le sue invenzioni; non ci sono tarocchi, segni zodiacali, c’è un solo castello, una prigione, la fortezza d’If, ed un solo destino incrociato, quello di Edmond , futuro conte di Montecristo,e dell’indaffarato abate demolitore di muri che con la sua morte offrirà l’occasione , la smagliatura nella rete, a lungo congetturata, per uscire di lì sostituendosi al suo cadavere. Con buona pace non solo dell’abate Faria ma anche di Napoleone che dall’isola d’Elba imboccherà, irreversibilmente, la porta girevole per Waterloo e Sant’Elena.

In definitiva qui cè una cosa sola: La Città del Sole di Calvino:”.Dopo aver marciato sette giorni attraverso boscaglie,chi va a Bauci non riesce a vederla ed è arrivato” (Le città invisibili, p.35): così si annuncia al viaggiatore la città post diluviale del mito greco ; la più invisibile, la più, u-topica in senso letterale.Qui si aprirebbe la questione del post umano: chi erediterà la terra? Le formiche tagliafoglie , le formiche argentine portate in Liguria dalle piante introdotte dal padre Mario, con i loro giganteschi superorganismi o nel quartiere generale dell’universo si installerà una federazione di automi, figli del silicio incorruttibile ?

Ma lasciamo perdere il futurologico; stiamo parlando dell’oggi, del domani, del dopodomani.Calvino se la raffigura come una città di palafitte , con zampe di fenicottero protese oltre le nubi; oggi ce la rappresenteremmo come una stazione spaziale in orbita geostazionaria; domani potrebbe essere il resort esclusivo per clienti paganti progettato dai vari Musk e Bezos; dopodomani l’ultimo rifugio per i sopravvisuti alla catastrofe climatica predetta da tempo immemorabile.

Per chi nel mentre se ne sarà rimasto a casa , in città,. incomberà pur sempre il dovere civico di smaltire la pattumiera , aiutato però ,al contrario di Calvino costretto al sacco unico in grigioverde,da una variegata gamma di colori differenzianti.

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