Fonte: politicaPrima
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In questo Paese non si può neppure morire in santa pace senza finire sui giornali di mezzo mondo.
Una povera famiglia è stata letteralmente presa d’assalto durante i funerali di un proprio caro. I riflettori e le telecamere hanno invaso la privacy dei parenti e dello stesso defunto.
Vittorio Casamonica, un semplice commerciante di cavalli, i cui familiari hanno avuto solo il torto di avere leggermente esagerato nella scenografia, nel numero dei partecipanti al rito funebre, facendolo somigliare ad uno show. Ma che male c’è se al povero estinto piacevano le feste. Eppure il mondo si è scatenato in un fuoco concentrico su questa povera famiglia del quartiere Tuscolano di Roma. Qualche malalingua insinua che il defunto non era proprio un giglio di campo e che veniva chiamato “il re di Roma”.
Con eguale malizia è stata messa in giro la leggenda metropolitana che di un certo rispetto nella capitale e che era ai vertici di una potente famiglia mafiosa. Siccome io sono un garantista come la Santanché penso che le accuse mosse a Casamonica sono frutto di un accanimento giudiziario. Alcuni giornalisti particolarmente invadenti si permisero persino di filmare un’irruzione della Dia in un appartamento di famiglia inquadrando ambienti lussuosissimi, mobili pregiati e persino rubinetti d’oro nei bagni. E allora? Magari avevano messo da parte dei risparmi che hanno speso nell’arredamento. Ognuno ha le sue debolezze.
E poi la casa era un lascito di famiglia, come hanno dichiarato i proprietari. Su queste cattiverie (tutte da provare), é partito un massacro senza precedenti a dei privati cittadini, peraltro molto religiosi e di fede cattolica che hanno scelto una chiesetta di periferia per le esequie del loro caro. Qualche sfaccendato ha obiettato che quella stessa chiesa negò i funerali a Piergiorgio Welby (deceduto con l’aiuto dei medici che gli hanno praticato l’eutanasia), mentre per il boss la chiesa è stata aperta ed accogliente anche se é accusato (dalle solite toghe rosse) di essere coinvolto nell’inchiesta su Mafia capitale, nonché indicato come capo di uno dei quattro clan che regnano su Roma.
Ti credo, Welby non era neppure cattolico e la sua presenza avrebbe offeso la cristianità dei fedeli, mentre il Casamonica era un fervente seguace di Cristo. Vuoi mettere? C’é una bella differenza. E che dire del tanto chiasso per la presenza di auto di lusso, qualche Rolls-Royce e una carrozza nera anni ’50 con tre file di cavalli. La verità è che certa gente non apprezza il buon gusto; e poi che c’è di male a preferire la ecologica carrozza all’inquinante auto funebre? E poi i cavalli al povero Vittorio gli piacevano tanto in vita. Si è strumentalizzata persino la discreta presenza di un elicottero che dall’alto spargeva romanticamente petali di rosa ricoprendo l’affollatissima piazza romana. Si é scatenato un putiferio come fosse un volo di Stato, ma era solo un gentile omaggio di una persona che stimava Casamonica.
Non parliamo poi delle assurde polemiche e delle dietrologie sulla banda musicale, rea di aver accompagnato il feretro nella chiesa del Don Bosco, suonando la musica del padrino. Questi ignoranti non sanno apprezzare la sensibilità e la gentilezza d’animo di chi ha voluto esaltare la musica di un maestro come Nino Rota, apprezzato in tutto il mondo. Casamonica, notoriamente, amava la musica e nelle feste tra amici si esibiva anche in brani di Frank Sinatra. Vogliamo criminalizzare persino la musica?
Tra gli applausi della piazza stracolma spiccavano striscioni con la scritta: “hai conquistato Roma, adesso conquisterai il paradiso”. Apriti cielo! Qualche stupido ha scritto che é la prova della sua mafiosità, senza considerare che il verbo conquistare si riferiva alla simpatia e alla stima dei romani nei confronti del dipartito. Sembrava davvero un santo, con queI suo volto in primissimo piano vestito di bianco, come il papa, e con il crocifisso al collo. Ma quello che ha dato più fastidio é l’attacco ingeneroso e immeritato contro le istituzioni che, secondo alcuni provocatori, non avrebbero fatto nulla per impedire questa plateale e imbarazzante cerimonia.
Ma cosa potevano fare quei poveretti se nessuno li aveva avvertiti? Il prefetto Gabrielli ha subito dichiarato che non era stato informato (e c’è da crederci, con un ministro dell’Interno come Alfano chi lo doveva avvertire). Angelino, poverino, si sarà distratto e gli è sfuggito che il presidente della Corte di Appello aveva autorizzato il permesso al figlio di Casamonica, per partecipare al funerale del padre. Autorizzazione regolarmente trasmessa ai carabinieri. Evidentemente le forze dell’ordine non parlano col ministro. Anche il sindaco non se lo è filato nessuno e dunque non ha saputo dei funerali. Il questore, non pervenuto, chissà dov’era. Persino il parroco che ha celebrato la messa funebre ha dichiarato che non si è accorto di quanto avveniva fuori dalla chiesa, concentratissimo com’era, sull’altare ad officiare la funzione del pover’uomo tornato alla casa del Padre.
Eppure la “famiglia” (che i soliti ingiuriosi chiamano clan), opera a Roma dagli anni 70′. Qualcuno avrebbe potuto e dovuto tenerli d’occhio dati i loro precedenti (naturalmente di grandi benefattori). Ma forse le istituzioni si aspettavano che fossero i parenti ad avvertirli della morte del boss.
Pazienza, stavolta è andata così. Questa storia, in ogni caso, qualcosa ci ha insegnato ed é la certezza che la realtà, talvolta supera la fantasia. Una vicenda come questa sarebbe stata impensabile nella “mafiosa” Sicilia dove lo scorso anno una processione si era fermata per fare l’inchino davanti l’impresa di un boss detenuto. La curia proibì prontamente alle processioni di passare da quella strada. E invece la location di questa rappresentazione é nientemeno che la capitale d’Italia derisa e vilipesa da tutto il mondo per aver dimostrato, anche ai più distratti, che l’Italia é il Paese di Sottosopra: i prepotenti dettano la loro legge e le istituzioni le subiscono. È il luogo dove tra presunti mafiosi, presunti fiancheggiatori, presunti responsabili, di presunto, forse, c’è solo lo Stato.