di Alfredo Morganti – 16 luglio 2016
Su ‘Sette’, Aldo Cazzullo ricorda oggi la figura di un grande politico francese, Michel Rocard, morto da pochi giorni, il 2 luglio scorso. Il giornalista riporta brani dell’ultima intervista concessa dell’ex primo ministro dell’era Mitterand a Le Point. Rocard insiste sul nesso tra politica e media, mostrando che è quello il nodo che strozza la trasformazione della semplice comunicazione-politica (che oggi impera) in grande politica. Hollande è “figlio dei media” dice, “la sua cultura e la sua testa sono ancorate al quotidiano”. E invece “fare politica […] richiede tempo”, mentre “la risposta mediatica, necessariamente immediata, non ha dunque senso”. I francesi, sottolinea Rocard, “avvertono di essere governati a corto termine”, avvertono di avere dinanzi comunicatori-politici, non statisti. La tv, spiega, è “al 60% cronaca. Non ci danno né gli strumenti né il tempo per capire […] Il sistema funziona per l’intrattenimento”. “I politici – aggiunge – sono una categoria tormentata dal tempo. Non una sera libera, non un week-end tranquillo. Non un momento per leggere; e la lettura è la chiave della riflessione. Infatti non inventano più nulla”. E si rifugiano negli annunci.
Schiavi dei ritmi mediali, schiacciati sulla quotidianità e sulle risposte da dare in tempo reale a qualche tweet o battuta estemporanea, i politici non leggono e non riflettono (la riflessione è tipicamente connessa alla lettura). Sono senza un pensiero, non lo coltivano, non lo ritengono un valore. Per molti pensare è una specie di impasse, un lusso, una lungaggine, pagano dei consulenti per farlo, sempre che questi ultimi ci riescano davvero o non siano trascinati per primi, essi stessi, nei ritmi convulsi della politica-mediale. Ma il pensiero non è una perdita di tempo, o meglio lo è, ma in senso assolutamente positivo. Senza il pensiero manca la riflessione, manca la mediazione, manca una strategia. I tempi si accorciano e si è vittima di ritmi imposti dai media, dai giornalisti e dai talk show oppure, peggio, dai social che vogliono istantaneità, anche se questo significasse (e significa) vuotezza. Il pensiero non è una cosa vuota, non è un ‘di più’, un lusso per chi se lo possa permettere. Il pensiero è pane quotidiano, è strumento di vita, è un modo per trasformare il tempo quotidiano in tempo strategico. Solo il pensiero consente di capire, e senza capire il problema resta un problema, e le soluzioni un mistero. E allora si inventano i bonus.
Rocard sottolinea cose che in Italia sappiamo benissimo per esperienza diretta. Abbiamo la classe dirigente più ‘social’ del mondo. Nelle riunioni la massima parte fissa il display del proprio cellulare come se fosse l’unico buco concesso da cui guardare il mondo. È un ceto che privilegia l’intrattenimento all’informazione vera, la chiacchiera alla discussione (‘no, il dibattito no’, meglio un talk show, meglio una serata cafonal), il presenzialismo a una buona lettura, le cena di lavoro notturne a una serata in famiglia, le telefonate lunghissime per ricompattare la corrente a una passeggiata. Un ceto che maneggia 4 – 5 cellulari. Di cui uno pubblico, uno per i collaboratori, una per la famiglia, uno per il privato-privatissimo. Chiacchiere a fiumi, vanità alle stelle, ego come se piovesse. Poi c’è il consulente che legge i libri in surroga, magari col metodo della lettura veloce, e con la compilazione di una scheda che verrà sbirciata dal Ministro o dall’Assessore in macchina o al bagno, con lettura sincopata e magari inframmezzata da telefonate tipo: “Ciao bello che fai, tutto a posto, stai tranquillo, per quella cosa non c’è problema, risolviamo tutto, ci penso io, tu piuttosto fammi un favore, cerca di capire cosa passa per la testa di quell’altro, poi ci vediamo, sì, per la tua amica ci ho già pensato, dormi tranquillo, tu però parla con il dottor X e vedi se può risolvere la questione, basta una firma, diglielo che c’è la possibilità di un incarico di fiducia e ben pagato, certo, d’accordo, cià ciao”. Pensiero? Tempi lunghi? Politica-politica? Povero Rocard, un eretico nel bailamme di uomini senza qualità che agitano la politica oggi, a partire da Palazzo Chigi.