HAMMAMET, PIETA’ UMANA E DISTORSIONE DEL GIUDIZIO STORICO

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Salvatore Biasco

Ieri ho visto Hammamet, il film. Non deve essere stata facile per Craxi una contumacia – anche se dorata – tra rancori, malattie e noie. La pietà umana è percorsa nel film da empatia verso per il personaggio; un empatia che rischia di trasmettere allo spettatore. E’ facile, così, arrivare a un rovesciamento della storia in chiave giustificativa o di una neutralità di giudizio, quando non di riabilitazione e rimpianto. E questo si accoppia al revival che nel ventennale della morte si sta sviluppando attorno a questa figura controversa della storia italiana degli anni ’80.
Sono gli anni in cui ebbe inizio a una profonda degenerazione dello spirito pubblico, che attorno al Partito Socialista di allora ebbe un vero e proprio salto di scala e di misura.
Vorrei, però, lasciare da parte questo livello di giudizio e partire proprio dal fatto che egli fosse a capo di un partito denominato “socialista” e per quattro anni capo del governo. “Socialista”? Questa è la domanda. Una domanda che pongo su soltanto su un piano politico a chi lo ricorda con qualche simpatia. Vorrei mi si spiegasse in cosa consistette e in cosa si manifestò il socialismo di Craxi e del suo partito (intendo, costruzioni sociali, alleanze sociali, cultura politica, programma di disciplinamento del mercato, politiche di bilanciamento dei poteri, ecc.). Mi sono sforzato di dare risposte e non manco sempre di chiederlo a qualsiasi socialista “storico” incontri. Cosa ricordiamo oggi delle sue realizzazioni “socialiste”? Ripeto, prescindo per ora dal piano morale. Nessuno mi sa rispondere se non per balbettii.
Chi credeva allora e chi crede oggi nel socialismo come prospettiva (mi ritengo tale) per che cosa dovrebbe metterlo nella galleria dei personaggi di riferimento? Un leader politico si giudica, oltre che per le sue realizzazioni per ciò che mette in movimento nella società, per la cultura che irradia, per le visioni che suscita, per i suoi riferimenti sociali, per l’attivazione che sollecita. Qui il giudizio è netto. Nel suo seguito furono dominanti le figure emergenti dello yuppismo .- che ne caratterizzarono la fisionomia -, affaristi e carrieristi di vario genere che lo contornavano, truppe d’assalto della cosa pubblica, coloro che rispondevano all’appello dell’”arricchitevi come potete”. Parlo di figure sociali e cultura irradiata, non di questo o quel quadro dirigente. Il film lo riconosce, ma ne dipinge Craxi come innocente vittima.
. Io non nego che la cultura dei vertici socialisti di allora (qualcuno è tra i miei cari amici di oggi) fosse più moderna e aderente a una società in movimento rispetto a quella chiusa e arroccata di un Berlinguer (che lo confesso non l’ho mai amato e ritengo tra i responsabili del ritardo culturale della sinistra). Ma indirizzata a cosa? Forse (ma senza forse) alla legittimazione di una società edonistica e di vincitori nella lotta per il beneficio personale che si andava formando? E’ questo il socialismo di Craxi?
Per me Craxi ha danneggiato l’idea del socialismo in Italia, lasciando in eredità solo ceneri, che è quasi impossibile riattivare. Di certo, l’ha fatta identificare con qualcosa di abnorme. Solo Gori (che non cessa di dar prova della sua pochezza) può giustificare il suo pellegrinaggio a Hammermet per il ventennale della morte come omaggio a un leader che non si può regalare alla destra. Dovremmo rivendicarlo alla sinistra? Nessuna visione ideale, nessun contributo di azione o pensiero, nessuna realizzazione rivendicabile come ascrivibile (nell’arte del possibile) a quel cammino. Il potere per i potere come stella polare (giustificato – sia pure, per chi ha creduto in lui – nella necessità di abbattere in blocco l’”equivoco” comunista, non certo di separare la grandezza di quell’esperienza dalla sue indubbie oscurità). Ciò che non è citato nelle agiografie che leggiamo è quanto debba a lui l’avvento senza regole della televisione commerciale, ma soprattutto il pericolo corso – grazie alla sua ambizione politica e all’asse con la destra democristiana – di avere Forlani Presidente della Repubblica, cui mancarono solo 10 voti.
Cosa ricorderemo di lui? La tanto celebrata Sigonella, dimostrazione di statismo e di affermazione di un’autonomia nazionale? A parte che, come raccontata, Sigonella – giusta o sbagliata – non ha niente in sé di una connotazione socialista, niente, mi son sempre chiesto se quella decisione di fermare gli americani non debba essere ascritta alle oscure trame finanziarie che lo legavano ai palestinesi di Al Fatah, che si svolgevano attraverso paradisi fiscali, che gli suggerivano questo e non altro.
Ritorno alla degenerazione della moralità pubblica (cui non riesco a concedere le attenuanti della lotta politica, che, invece penso dovrebbe svolgersi anche su quel piano in una visione socialista). E chiudo con un episodio personale. Quando ero presidente della Bicamerale Fiscale nella XIII Legislatura (primo governo Prodi) un esponete apicale del disciolto Psi mi disse; “ma tu pensi che un posto del genere avrebbe mai potuto essere occupato da una figura come la tua? Quello nelle passate Legislature era un posto destinato a… (e qui una serie di nomi, che non voglio citare, protagonisti apicali del giro di affari socialista)”. Questo era.

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