I gilet gialli, i populisti e i ceti medi irriflessivi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 11 dicembre 2018

Macron si presentava come l’argine contro il populismo, e dunque come il suo più agguerrito avversario. E così lo rappresenta ancora oggi una parte del PD, per dire. Poi c’è stata la rivolta del ceto medio irriflessivo e dei gilet gialli, e la maschera è caduta. Se per opportunismo o per sostanza vera, ognuno può dire la sua. Fatto sta che, nella sua apparizione tv, il presidente francese ha subito concesso al ‘popolo’ quel che il popolo chiedeva. Aderendo alla protesta (con tanto di scuse) dopo qualche settimana di voce grossa e di insulti. Dopo aver ammesso di aver fatto delle ‘cavolate’ (tipo aver abbassato il limite di velocità sulle statali a 80 all’ora, la Carbon Tax, il taglio ai sussidi per la casa), nel suo discorso ai francesi Macron ha detto che vi sarà un aumento del salario minimo e la detassazione degli straordinari e della gratifica natalizia. Non è ‘andato’ al popolo, vi è ‘franato’ sopra, esibendo un populismo da barzelletta. Nel momento della crisi, com’è evidente, la maschera è caduta senza troppi indugi. Le misure macroniane richiamano nello spirito quelle del governo Salvini, e prima ancora del governo Renzi: elargizioni in forma di detassazione, bonus e tanta spesa corrente (per circa 10 miliardi di euro), che non lasciano intravedere la prospettiva lunga di un piano investimenti. Tanti euro in contante sparsi per placare a breve la sommossa e il malumore, tutto qui.

C’è chi dice che lo sgretolamento del ceto medio, che prova orrore al rischio di proletarizzazione, sia il vero punto rimosso dalla sinistra, incapace di comprendere il ‘popolo’. Io dico il contrario. Dico che il colpo inferto ai partiti (tutti, non solo quelli di sinistra) e la loro ‘sistematica’ distruzione ha facilitato la rivolta dei ceti medi dinanzi alla crisi. Nel senso che non si è opposto un rimedio politico (democratico, istituzionale) al loro impoverimento e alla fine dei sogni e delle sicurezze coltivati per decenni, e dunque alla ribellione. La fine dei partiti non ha consentito che quell’impoverimento e quelle incertezze potessero trovare un filo politico-istituzionale, seguendo il quale sarebbe stato possibile porre un rimedio condiviso alla crisi stessa, anche grazie a un ‘lavoro’ articolato di ricucitura sociale. E così, mentre i populisti ridicolizzavano le élite e il ceto medio riflessivo, la dura replica della realtà poneva in scena i ceti medi “irriflessivi”, quelli che non vogliono mediazioni, odiano la casta, sfasciano tutto, quelli che amano la brevità e l’accelerazione delle vie spicce: contro i migranti, contro i ‘politici’, contro i governi, contro i ‘poveri’. Donne e uomini esasperati dall’odierna impossibilità di coltivare sogni, speranze, e di pretendere il surplus che essi esigono per ‘vivere’, non solo per limitarsi a ‘sopravvivere’ come accade ai poveri veri. Il populismo produce una rivolta cieca, irriflessa, da ribellione di strada, laddove la crisi morde di più.

Difficile non ipotizzare un big crash sociale da cui prima o poi spunterà qualcuno pronto a parlare in nome di tutti, pronto a porsi al di sopra persino delle istituzioni. Un uomo che chiederà al ‘popolo’ un mandato diretto. E dirà: a parlare con quelli ci vado io. Senza i partiti, le istituzioni, un’idea di democrazia parlamentare e partecipata, questo esito, annunciato dalla deflagrazione sociale e dalla irriflessività del gesto sociale, è più che probabile.

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di Stefano Lonati

Penso di fare una cosa utile a molti di voi. La premessa è questa: stamattina, partendo da un post interessante di Alfredo Morganti (dal titolo: “I gilet gialli, i populisti e i ceti medi irriflessivi”), si è sviluppata una ancora più interessante e illuminante discussione politica fra Alfredo stesso Giulio Cherchi e altri.

Quindi ho pensato che fosse utile condensare nel presente post, con un semplice copia e incolla, quegli interventi che ho ritenuto più significativi. Al fine di cristallizzarli appunto in un post e permettere a chi se li fosse persi di leggerli.

La considero una lezione di Bella Politica su cui riflettere attentamente, che ovviamente vi invito a leggere.

ALFREDO MORGANTI Se scompaiono i partiti, che sono un pezzo rilevante della democrazia parlamentare e rappresentativa, è più facile ritenere che essi siano stati sconfitti dai potentissimi avversari (quelli che volevano distruggere le protezioni, privatizzare ed esternalizzare, e che hanno ‘egemonizzato’ pezzi di sistema politico a questi scopi) piuttosto che immaginarli ‘suicidi’ a buffo. Era interesse della destra che essi scomparissero, perché la democrazia parlamentare e il sistema dei partiti erano un ostacolo, non piacevano. Anche perché quel sistema produceva partecipazione organizzata invece di ribellismo d’accatto, indicava una prospettiva non i vicoli ciechi della rivolta di strada. La rivolta fa molto destra e rivoluzione passiva. E comunque la storia si fa con gli omicidi non con i suicidi.

GIULIO CHERCHI Quei partiti sono spariti perchè chi voleva salvaguardarli non ha trovato appoggio tra la gente e tra i militanti.
E’ questo punto che non viene compreso.

ALFREDO MORGANTI Giulio, ma difatti, i partiti non erano più amati nemmeno dalla maggioranza del ‘popolo’, ormai convinto che le vie spicce erano più confacenti della partecipazione organizzata e della prassi democratica e istituzionale.

GIULIO CHERCHI In più mettiamoci che quei dirigenti si sono proprio messi ad inseguire quel popolo.
Ma dove erano tutti quando le privatizzazioni comunali suscitavano le ole?

MARIO MONACO Ma la sinistra post-’89 ha partecipato convintamente alla dismissione del pubblico in tutte le sue forme, è chiaro che oggi c’è un problema di credibilità.

ALFREDO MORGANTI Mario, ma tu pensi che la sinistra si sia mossa nel vuoto egemonico totale? Che tutto si riducesse a un unico attore in scena? E che la sinistra recitasse a soggetto senza un copione steso, in special modo, da chi stava mettendo le mani sulla coscienza di tutti e preparava, in un contesto favorevole, la propria riscossa? Dagli anni ottanta in poi gli avversari della sinistra e il capitalismo neoliberale ha investito una montagna di risorse sulla propria strategia di revanche. Hanno occupato le facoltà di economia, per dire. È stata lotta di classe la più dura, e noi l’abbiamo persa. Prendersela con i presunti suicidi è ingenuo. E poi ha ragione Giulio, i partiti sono morti anche perché a un certo si è rincorso il ‘popolo’ invece di salvaguardare gli strumenti della partecipazione organizzata, che per di più subivano colpi durissimi nel nuovo clima a causa dello strapotere manifesto del grande capitale. Sparare sui partiti e sui loro ‘errori’ che pure ci sono stati è molto limitativo. Basterebbe, tuttavia, già smettere di inseguire il popolo oggi, per intraprendere la strada interrotta decenni fa, quella della ricostruzione dei partiti di massa e della partecipazione organizzata, invece di simpatizzare per le rivolte ‘populiste’ a uso della destra.

GIULIO CHERCHI Quello che è successo è che le masse ormai neoliberalizzate chiedevano meno vincoli, meno lacci e lacciuoli.
Quelli che si opponevano hanno visto sempre più eroso il proprio consenso.
Naturalmente c’è stato anche un problema di fondo per chi si opponeva.
Tranne pochi, vedi Lucio Magri e Ingrao, si è cercato di opporre strutture vecchie che non potevano sostenere lo scontro con quello che avevano contribuito a creare. Detta in sintesi, è il welfare state che libera l’individuo che poi si ribella contro l’oppressione del welfare state, così come la religione cristiana crea l’individuo libero che poi si scaglia contro la religione, così come i partiti hanno liberato l’attività degli individui che poi si scagliano contro la politica.

1992: vi avrei voluto vedere lì a dire che bisognava difendere la prima repubblica (ormai morta). E’ vero che bisognava farlo, ma il popolo vi avrebbe preso a monetine.

GIULIO CHERCHI ps. poi l’operazione di detassare gli straordinari e il premio di produttività è tipica operazione di assorbimento delle masse nel sistema neoliberale.
I vecchi sindacati si opponevano. Mio zio democristiano non ha mai fatto un’ora di straordinario perchè voleva che il lavoro venisse redistribuito anche a chi non lavorava…
L’abc proprio.

GIULIO CHERCHI per chiudere.
Il paradosso è che la sinistra nel secolo novecentesco ha vinto.
Ha liberato l’individuo. Ma questa vittoria ha segnato anche la fine della sua ragione storica. Qui è il vero dramma che viviamo.
Altro che inseguire i gilet gialli o Salvini.

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