di Alfredo Morganti – 17 luglio 2019
Oggi “Repubblica” prova a censire un mondo (anzi un sottomondo) sempre più emergente. E dà questi numeri: 60.000 immigrati fuori dal circuito SPRAR in conseguenza della recente del governo di escluderli dall’accoglienza; 48.000 occupazioni abusive di ogni genere nell’intero Paese; 127 campi nomadi censiti; 650.000 famiglie in graduatoria e in attesa di un alloggio pubblico; 10.000 persone alloggiate in baraccopoli, ghetti e insediamenti di fortuna. Sono cifre importanti, su cui non solo bisogna soltanto riflettere ma agire. E riguardano centinaia di migliaia di donne e uomini senza diritti, non persone ma cose, non cittadini ma esseri a cui pertiene soltanto la nuda vita. Sono immigrati stipati in un gommone, sono minoranze etniche tenute ai margini di una campo, sono baraccati, diseredati, disperati, disgraziati, sradicati e scacciati da un alloggio di fortuna a cui non viene offerto nulla in cambio.
Sono nuovi poveri collocati anche tra i lavoratori, e non solo tra chi fa vite d’accatto, viene sballottato a destra e a sinistra e del quale si perdono le tracce, perché nessuno lo accoglie, anzi lo scaccia. Sono donne e uomini ridotti alla nuda vita, alla sopravvivenza, senza diritto alla socialità e spesso ridotti in schiavitù. Donne e uomini che esprimono al massimo subordinazione, minorità, un’oscura natura e poc’altro. Che sono privi di un nome, di una identità, di una speranza, di un futuro. Donne e uomini che la politica liberale, una politica che promuove individui formalmente uguali, dotati di eguali diritti, raziocinanti, capaci di accantonare gli istinti per esprimere la propria ragionevolezza, non è in grado di ‘riconoscere’, perché la nuda vita è troppo distante dal concetto formale, astratto, ‘freddo’ di cittadinanza.
Il soggetto liberale è raziocinante e libero dal sovraccarico di passioni, naturalità, impulsi, istinti. Il cittadino è ‘riconosciuto’ in ordine a un sistema astratto di diritti e doveri. Ma ciò è quanto di più lontano dalle ‘cose’ prive, invece, di diritti, che vivono sbandate, senza accoglienza e senza riconoscimento. Il cittadino ha un nome, è riconosciuto; le ‘cose’ invece sono anonime e, al più, sono possesso di qualcuno, destinate al consumo, oppure gettate via senza nemmeno un ripensamento. Viene da pensare che il ‘lessico’ della politica sia sempre più inadeguato, e incapace a cogliere quanto emerge dal rimosso, quanto si muove, quanto esige un riconoscimento. Inadeguato, perché riferito a un soggetto formale e raziocinante, la cui presenza al mondo è sempre più assediata da altri soggetti che testimoniano un ‘rimosso’ oscuro e impulsivo che si presenta come problema.
Come può il lessico liberale dare conto di queste emergenze, anzi di queste ‘sporgenze’ umane? Come può appellarsi alla parola ‘cittadino’ e nello stesso tempo immaginare di controllare le dinamiche sociali, i flussi umani, la nudità della vita, il bios, all’interno di ‘forme’ della politica sempre più deboli, delicate, inadeguate, astratte? Come può lo Stato essere ‘sovrano’ (ancora lessico liberale) se la sua superficie pullula di nuda vita, se le sue coste sono lambite dalla nuda vita, se vorrebbe esercitare la propria podestà anche sulla nuda vita che sfugge alla formalità e ai tecnicismi delle leggi, pur subendone gli effetti? Quante parole in più serviranno (ben oltre il lessico liberale e neoliberale) per cogliere la realtà di un mondo che muta forma e rapporti?
E come è possibile prendere posizione e governare efficacemente temi e questioni che testimoniano la sovrapposizione di politica e vita, e che oggi costituiscono una sfida per tutti noi, per prima la sinistra? Mi riferisco a questioni come la fecondazione, la malattia, il fine vita, le biotecnologie, la clonazione, le migrazioni, la schiavitù, gli sgomberi che traversano e sconvolgono la vita pubblica e non solo quella privata, personale? Come possono i ‘sovranisti’, per dirne una, atteggiarsi a critici del liberalismo, ad antiliberali o addirittura a illiberali, e poi esigere il ‘formale’ controllo dei confini minacciati da poveri disgraziati in fuga e dunque, ancora, nuda vita? Come si può essere contro l’impianto liberale, e poi scoprirsi liberali nel midollo? Un’aporia bella e buona, ma oggi anche le aporie sono ritenute quisquilie.