Il compromesso impossibile

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Massimo Villone
Fonte: Il Manifesto
Url fonte: http://fondazionepintor.net/costituzione/villone/compromesso/

di  Massimo Villone, da il Manifesto del 22 ottobre 2014

 Capiamo bene che l’etichetta di par­tito della nazione voglia evi­tare l’impaccio di una qua­li­fi­ca­zione di destra o sini­stra. E capiamo anche che fac­cia comodo a un par­tito che non può più dirsi degli iscritti, essen­dosi que­sti dati alla mac­chia. Ma si pon­gono domande. Può un par­tito della nazione non essere un par­tito della Costi­tu­zione, che ne è primo fon­da­mento? E può non essere un par­tito di diritti eguali per tutti? Le domande si pon­gono per il pastic­ciac­cio delle cop­pie di fatto e dei matri­moni gay. Il mini­stro Alfano, pro­ba­bil­mente fermo allo Sta­tuto Alber­tino, sca­tena le truppe pre­fet­ti­zie con­tro i sin­daci che hanno osato tra­scri­vere i matri­moni gay cele­brati all’estero. Renzi lascia fare, e i suoi moti­vano — assur­da­mente — che il mini­stro dell’interno non si occupa di diritti. Cosa pos­siamo leg­gere in Costituzione?

L’articolo 3 san­ci­sce il prin­ci­pio di egua­glianza facendo espresso divieto, tra l’altro, di distin­zioni in base al sesso. Già que­sto sem­bre­rebbe in buona parte riso­lu­tivo. Se non è con­sen­tita una disci­plina dif­fe­ren­ziata per il sesso, qual è l’ostacolo al for­marsi di una cop­pia omo­ses­suale, con quel che ne segue? Ma c’è poi l’articolo 29, per cui la fami­glia è «società natu­rale fon­data sul matri­mo­nio». Ed essendo que­sto il fon­da­mento, alla fine tutto si incar­dina sulla defi­ni­zione di «matrimonio».

Qui tro­viamo l’elemento di ambi­guità dello schema assunto in Costi­tu­zione. Nella sen­tenza n. 138 del 2010 la Corte con­tri­bui­sce deci­si­va­mente in senso nega­tivo. Veni­vano impu­gnati vari arti­coli del codice civile dai quali si traeva il divieto di matri­mo­nio per per­sone del mede­simo sesso. La Corte afferma che i costi­tuenti, nell’elaborare l’articolo 29, «ten­nero pre­sente la nozione di matri­mo­nio defi­nita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che … sta­bi­liva (e tut­tora sta­bi­li­sce) che i coniugi doves­sero essere per­sone di sesso diverso». Signi­fi­cato non supe­ra­bile dall’interprete, per­ché si trat­te­rebbe di inter­pre­ta­zione crea­tiva. Ancora — dice la Corte — l’esclusiva rife­ri­bi­lità a per­sone di sesso diverso non è irra­gio­ne­vol­mente discri­mi­na­to­ria, in quanto «le unioni omo­ses­suali non pos­sono essere rite­nute omo­ge­nee al matrimonio».

Non è una delle migliori prove della Corte costi­tu­zio­nale, che guarda al pas­sato e non al futuro. Meglio sarebbe stato assu­mere un’interpretazione evo­lu­tiva non limi­tata a una defi­ni­zione giu­ri­dica data, ma piut­to­sto mirata alla deci­sione di sta­bi­lire un rap­porto di cop­pia sta­bile e dura­turo. Dando ela­sti­cità al con­cetto di matri­mo­nio piut­to­sto che rin­chiu­derlo nell’angusto con­fine dise­gnato dal codice civile ancor prima della Costituzione.

Tra l’altro, la stessa Corte ripe­tu­ta­mente afferma che il diritto di for­mare una cop­pia e di avere dei figli è un diritto invio­la­bile di ogni per­sona ai sensi dell’articolo 2 della Costi­tu­zione. Da ultimo, lo si trae dalla sen­tenza n. 162 del 2014, che ha aperto alla fecon­da­zione ete­ro­loga. Ed è chiaro che più si attrae la que­stione nell’ambito del diritto invio­la­bile, più si restringe la pos­si­bi­lità di disci­pline dif­fe­ren­ziate. Che per il solo fatto della diver­sità ine­vi­ta­bil­mente con­dur­ranno a tutele mag­giori e minori, rico­no­scendo a qual­cuno un diritto più invio­la­bile che ad altri.

È nell’ambito di que­sta con­trad­di­zione che la Corte, nella recente sen­tenza n. 170 del 2014 sul cosid­detto «divor­zio obbli­ga­to­rio» nel caso di cam­bia­mento di sesso di uno dei coniugi (con con­se­guente scio­gli­mento del matri­mo­nio e ces­sa­zione degli effetti civili), dichiara la inco­sti­tu­zio­na­lità della legge vigente, nella parte in cui non pre­vede che i coniugi pos­sano chie­dere di «man­te­nere in vita un rap­porto di cop­pia giu­ri­di­ca­mente rego­lato con altra forma di con­vi­venza regi­strata … con le moda­lità da sta­tuirsi dal legi­sla­tore». La norma è lesiva della Costi­tu­zione, ma altri devono prov­ve­dere. Una con­clu­sione deri­vante dalla rigida let­tura sul matri­mo­nio con la quale la Corte si è pri­vata dello stru­mento che le avrebbe con­sen­tito di inter­ve­nire con dut­ti­lità, giun­gendo a una moder­niz­za­zione dell’antico det­tato normativo.

Per que­sto la palla è al legi­sla­tore. Con quel che corre, è in mano a Renzi. Dovrà ricor­dare che per il legi­sla­tore il para­me­tro pri­ma­rio rimane quel diritto fon­da­men­tale e invio­la­bile a for­mare una fami­glia e avere dei figli di cui si è detto. Che non con­sente di distin­guere tra matri­moni omo­ses­suali e cop­pie di fatto, tra figli natu­rali, ado­zioni e quant’altro. Distin­zioni pura­mente ter­mi­no­lo­gi­che, forse, se si tratta di evi­tare aller­gie a una parte delle gerar­chie eccle­sia­sti­che e a poli­tici di stretta osser­vanza. Ma dif­fe­renze che inci­dono nel merito, no. Il costume e la con­sa­pe­vo­lezza sociale sono pro­fon­da­mente cam­biati negli anni. È tempo di nuove let­ture delle regole giu­ri­di­che. Con buona pace di Alfano.

E nes­suno ci venga a dire che il meglio è nemico del bene. Forse per le tasse o gli sgravi alle imprese, non per i diritti fon­da­men­tali della per­sona e le garan­zie costi­tu­zio­nali. E soprat­tutto non ci dica Renzi che si prov­ve­derà ai diritti dopo aver siste­mato la legge elet­to­rale. Visto che i tempi dipen­dono essen­zial­mente dalle sue scelte, que­sta è, come direb­bero i giu­ri­sti, una con­di­zione pote­sta­tiva, il cui veri­fi­carsi è rimesso alla volontà di chi la pone. Non è con­sen­tita. E ci per­met­tiamo som­mes­sa­mente di sot­to­li­neare che in demo­cra­zia nes­suno muore di troppa egua­glianza. Nem­meno i governi.

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