Il corto respiro

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 25 giugno 2018

Quando si dice che la politica è ormai ancella della comunicazione, si dice questo: i tempi corti valgono molto più dei tempi lunghi. Tutto è calibrato sulle scadenze ravvicinate, anzi le scadenze brevi si creano ad hoc, ad esempio con elezioni anticipate. Nessuno, o pochi, esaminano le correnti profonde, gettano uno sguardo oltre il proprio naso, analizzano le prospettive. I politici sono diventati tutti (o quasi) sprinter, forti sulla prima curva ma poi debolissimi persino sulla media distanza. A destra come a sinistra. Le figure politiche emergenti (parliamo qui degli uomini ‘nuovi’) sono come vampate, fiammate improvvise, fanno danni in un attimo, poi si scansano quasi sempre recriminando. Dopo la partenza razzo arrancano subito, e spesso finiscono nella polvere ancor prima di rendersene conto. Giocano le loro fortune sulle prime urne disponibili, anzi non tolgono mai gli occhi dai seggi elettorali, che diventano una specie di stella cometa. E siccome il popolo ha sempre ragione, le decisioni e gli annunci istantanei tentano di ricalcare il più possibile gli umori e la pancia diffusi, così come il marketing commerciale tenta di avvicinare il più possibile i gusti e la domanda dei clienti. Tutto ciò, al solo scopo di andare a raccogliere consenso in qualche ballottaggio, in elezioni anticipate a raffica, in sondaggi che piovono come rane o polpette sulle scrivanie dei neopolitici.

Il risultato di questo fiato corto? L’avventura politica, il piccolo cabotaggio, l’azzardo, il riffa raffa. Con la conseguenza di lasciare irrisolti i nodi, di farli aggrovigliare ancor di più, cedendo sovranità all’ideologia individualista, atomista, consumistica che si è presa la società, e sulla quale galleggiano come sugheri i parvenu di questi mesi, anzi di questi anni. Parlo della destra, come della sinistra (con rare eccezioni). Parlo di un panorama politico quasi equanime. Parlo di speranze che oggi sono strette tra l’incudine dell’ignoranza politica e il martello della volgarità culturale. E che producono mostri a non finire sui teleschermi. Nonché morti affogati nel Mediterraneo e una massa di donne e uomini sempre più diseguali e impoveriti. A quando un balzo in avanti? A quando uno scatto di reni? A quando il ritorno dei passisti, dei fondisti, dei corridori che mantengono un ritmo costante e lavorano sulle lunghe distanze? Perché la politica di questo è fatta, e non di venditori di novità. Non c’è peggior innovatore del nuovista, né miglior conservatore di quello che invoca il progresso e vuole ‘cambiare’. Al massimo, entrambi, inscenano spot per il ‘popolo’. E il ‘popolo’, inteso come massa di individui solitari, rimane ogni volta incantato.

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