Il generale Mini: “Leader europei in preda alla frenesia bellica ci trascineranno in guerra entro 5 anni”
In questo riarmo europeo c’è una frenesia bellica, una fibrillazione mentale e intellettuale. Ed è una frenesia bellica nei leader politici e soprattutto nei tecnocrati, cioè coloro che svolgono determinate funzioni che gli sono state assegnate sia nella Ue, sia nella Nato e che non hanno responsabilità diverse da quelle dei governi nazionali”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Uno, Nessuno, 100Milan (Radio24), dal generale Fabio Mini, già comandante della missione Nato in Kosovo.
L’ex capo di Stato maggiore delle Forze Nato nel Sud Europa è autore di un libro che uscirà il prossimo 18 aprile, “La Nato in guerra – Dal patto di difesa alla frenesia bellica”, con prefazione di Luciano Canfora (ed. Dedalo). Nel suo ultimo lavoro Mini analizza il ruolo della Nato oggi e offre proposte concrete per rivedere l’organizzazione dall’interno.
“La Nato è un’organizzazione che deve mettere in atto il Trattato atlantico – precisa il generale – E infatti nell’acronimo di Nato “o” sta per “organizzazione”. Il tipo di rapporto che esiste tra noi che ci chiamiamo ‘alleati’ non è contemplato dal Trattato atlantico. Il Trattato, infatti, non dice che siamo alleati, ma che siamo partecipi di un Trattato, esattamente come se si trattasse del trattato sulle mine o di quello sui dazi, ma non siamo alleati”.
E sgombra gli equivoci sul pilastro del Trattato della Nato, l’articolo 5, che vincola gli Stati membri alla difesa collettiva (“Le Parti convengono che un attacco armato contro uno o più di loro in Europa o Nord America sarà considerato un attacco contro tutti loro”): “Questo articolo è stato mistificato nel tempo, perché il Trattato per nove decimi ha una natura politica e diplomatica col fine di prevenire i conflitti. E invece Nato ha preso dal testo solo la parte dell’intervento militare. Quindi, quello che negli ultimi anni abbiamo visto, anche in Ucraina, è stata l’assoluta ignoranza del fatto politico e la preminenza del fatto militare. E questo non va bene”.
Circa l’espansione della Nato verso i paesi dell’Est europeo, Mini spiega: “È cominciato tutto con la caduta del muro di Berlino e l’adesione di quei paesi è avvenuta attraverso una ricerca di consenso da parte della Nato. Il programma della Nato si chiamava Partnership for Peace, con il quale si estendeva anche alla Russia la partecipazione a determinate attività, soprattutto di prevenzione dei conflitti e di cooperazione di carattere militare. Successivamente da quel programma sono stati estratti i paesi – spiega – che più interessavano alla Nato per mettere di nuovo un muro contro la Russia: prima la Polonia, poi l’Ungheria e successivamente i paesi baltici sono stati ammessi proprio in funzione antirussa. Questi paesi ovviamente per motivi molto comprensibili si volevano staccare dalla Russia, anche se erano neutrali, ma, oltre a staccarsi, si volevano mettere con chi voleva anche uno scontro con la Russia. È stato un passaggio pianificato”.
“Però noi qui in Occidente- obietta Alessandro Milan, che con Leonardo Manera conduce la trasmissione – giustamente facciamo un dibattito pieno di varie posizioni, ma non mi sembra che dall’altra parte Putin si faccia tanti scrupoli. Se sul fronte russo ci sono soldati cinesi e nord-coreani è quasi una guerra di vari paesi contro l’Occidente”.
“Contro l’Occidente io non vedo ancora nessun tipo di minaccia – risponde il generale – Vedo piuttosto la guerra di vari paesi contro l’Ucraina. L’ho sempre detto sin dall’inizio: la stessa invasione dell’Ucraina, dal primo momento, mi è parsa una barzelletta, perché attaccare un paese con un confine lunghissimo con 120mila uomini, quando da quest’altra parte soltanto l’Ucraina aveva 260mila uomini armati e schierati contro la Crimea, non era un’invasione. Era un test, un tentativo di intimidazione, tutto quello che si vuole”.
“Però si è sprofondato in tre anni di guerra”, osserva il giornalista.
“Ecco, questo è il fatto – replica Mini – Il punto è che questa guerra può aumentare di dimensioni, perché con tutte le azioni che stiamo facendo stiamo costruendo un sistema che prepari la guerra da qui a cinque anni. La creazione di questo sistema in sé è una minaccia. E non soltanto per la Russia, ma per noi. Cosa dovrebbe fare l’Europa? Dovrebbe dialogare, mettersi a un tavolo e fare quello che lo stesso Trump cerca di fare, seppure in modo particolarmente dilettantistico: mettersi a un tavolo e sviluppare il discorso sull’unica cosa importante, la sicurezza in Europa. Stabilire cioè l’architettura per la quale i paesi europei dovrebbero garantire la propria sicurezza. Tutti, comprese la Russia e la Bielorussia“.
E conclude: “Con Putin va trovata una via. Ma una via seria, finalizzata all’architettura della sicurezza europea, non è che si può trattare solo sulle Terre Rare. E invece il problema fondamentale deve essere ancora affrontato”.