di Andrea Colli – 16 settembre 2014
In molte province i partiti hanno pensato di risolvere la questione con un bel listone unico: ci si accorda prima, così non si perde tempo e non si rischiano pericolose sorprese. IL PARTITO UNICO delle province, ovviamente, ha la sua casa nella renzianissima Toscana. La settimana scorsa, in consiglio regionale, è stata approvata la nuova legge elettorale: una sorta di versione mini dell’Italicum – non a caso concordato tra il plenipotenziario del premier inregione Dario Parrini e Massimo Parisi, braccio destro di Denis Verdini – con liste semi-bloccate e un premio di maggioranza monstre. La cosa divertente è che, al momento del voto, 8 consiglieri del Pd su 23 sono usciti dall’aula per non votare il “Toscanellum” e quindi determinanti sono risultati gli eletti di Forza Italia e Ncd.
Spiega Pippo Civati partendo dal caso toscano: “Un episodio politicamente inedito e dagli effetti molto gravi sia sulla compattezza del Pd, sia sulla distinzione tra destra e sinistra, sia sullo spostamento del Pd, ovviamente verso destra”. In soldoni:“Il caso conferma che nel Pd si segue la linea di imporre sbrigativamente posizioni maturate al di fuori di una discussione aperta (magari in qualche retrostanza tra leader e leaderini) che va sempre contro una parte del partito – inascoltata quando non umiliata – e quelli che sarebbero i naturali alleati per una forza politica che miri a unire tutto il centrosinistra”. E infatti le ribellioni della fazione sconfitta, come dimostra il caso Consulta-Csm esploso in questi giorni e continuato ieri, sono all’ordine del giorno: non si tratta mai, o quasi, di questioni legate alla linea politica, ma piuttosto di guerre di cordata, di fazione o di cosca. A seconda di quale sia il territorio, il partito o le preferenze linguistiche.
Siamo sempre ai particolari, comunque, il Partito unico è già una realtà e il peggio deve sempre venire e questo alla faccia di chi ancora considera questo Pd la propria CASA.