Fonte: facebook
di Alfredo Morganti – 10 settembre 2014
Si fa un gran parlare di questo sondaggio Ipsos, per il quale i giudizi verso il premier sarebbero estremamente favorevoli, addirittura in aumento di 3 punti percentuali negli ultimi mesi (da 61 del 30 luglio a 64 del 5 settembre). Certo è un’opinione che si scontra col giudizio verso l’operato del governo, che cala invece di un punto (da 59 a 58). Perciò mi chiedo, di passaggio, come si possa apprezzare un Capo del governo e attenuare nello stesso tempo l’opinione (comunque positiva, ma in calo) sull’esecutivo che lui dirige. La questione, tuttavia, scema subito, vista un’ulteriore mia curiosità: il governo racimola ben 58 punti favorevoli, ma i suoi provvedimenti non hanno altrettanto successo. La riforma della PA? 42% favorevole, il 17% non sa. La riforma della scuola? 48 si, 18 non sa. La nomina della Mogherini? 49 d’accordo, 28 nemmeno sanno chi sia lei o cosa sia avvenuto. E infine: la crescita economica? 42% favorevole all’iniziativa del governo anche se il 12% non sa nemmeno di cosa si stia parlando. Fateci caso: più ci addentriamo nella polpa dei provvedimenti e più il giudizio cala. Più si sale la scala della personalizzazione, più il giudizio migliora. I provvedimenti restano cosa astratta, il governo è un soggetto ma ‘collettivo’, il Capo è invece la persona vera, in carne e ossa, e dunque il vero addentellato mediatico tra popolo e politica. Questo paradigma ‘a scalare’ guida, c’è poco da fare, il giudizio degli italiani.
Non sfugga, poi, il grado di ‘non so’. Solo l’1% degli italiani, secondo Ipsos, non sa chi sia Renzi e non lo giudica. Quello stesso 1%, inoltre, non sa e non giudica l’operato del governo. Ma sale mediamente a circa il 18% il numero degli intervistati che ignora i provvedimenti più ‘caldi’ dell’esecutivo. C’è insomma quasi un quinto degli italiani a cui sfugge cosa si stia facendo concretamente, quali provvedimenti si stiano mettendo in campo, e pur tuttavia esalta il Capo del Governo, che di quel ‘fare’ o ‘non fare’ (almeno in teoria) sarebbe il vero e unico responsabile. Ci sta, ovviamente, che quel quinto sia ignorante delle cose pubbliche, ma non ci sta che da questa ignoranza ne derivi comunque un sontuoso apprezzamento per il premier. A meno che non si consideri come nasca il consenso oggi, nella società della comunicazione. Non solo attraverso degli atti formali e informali (e comunque performativi): leggi, decreti, scelte di bilancio, prese di posizione. Ma, in parte davvero consistente, a seguito di hashtag, selfie, battute, comparsate, foto con bambini, occupazione del video, occupazione della rete, camicie bianche, propaganda allo stato puro, che non serve più a promuovere l’azione di governo o politica, ma vive autoreferenzialmente, o almeno è funzionale a una popolarità del tutto sganciata dalle vicende reali, pubbliche, politiche, amministrative. Senza contare che anche all’interno di chi dice di conoscere quei provvedimenti, non è detto che non operi il consenso personalistico, e che non sia di fatto la condizione, anche quella, del giudizio positivo sui contenuti di governo. Voi direte: ebbè, lo si sapeva. Sì, ma nessuno lo aveva ancora quantificato dati alla mano. Oggi possiamo dire che circa un quinto ‘impolitico’ degli italiani vive di soli selfie e hashtag e pensa che Renzi sia uno dello showbiz, come Rihanna o Brad Pitt. Un quinto. Ed esprime anche per questo su di lui un giudizio favorevole. Mò #sapevatelo.