Il referendum-plebiscito

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Guido Bobrato
Fonte: Rinascita popolare
Url fonte: http://www.associazionepopolari.it/cronaca.php?NOTIZIA=1444

di Guido Bodrato, gennaio 2016

Nella stessa giornata di inizio gennaio, la riforma della Costituzione presentata dal ministro Boschi ha fatto un altro passo avanti, e si è costituito il Comitato che proporrà di votare NO in occasione del referendum confermativo. In realtà l’art.138 della Costituzione prevede che gli italiani siano chiamati a un referendum in due occasioni: se le riforme della costituzione sono approvate da una maggioranza inferiore ai due terzi dei parlamentari, oppure quando lo richiedano (secondo certe modalità) gli elettori che non condividono la decisione della maggioranza parlamentare. Ma in questa circostanza Matteo Renzi ha preannunciato un referendum “politico” che permetterà agli italiani di esprimere la propria opinione “sulla madre di tutte le riforma”, la riforma costituzionale. Renzi è convinto che il voto degli elettori travolgerà “i gufi” ed “ i professoroni” che continuano a contrastare il suo progetto istituzionale, e ha aggiunto: “Se perdo lascio la politica”.
Questa sfida e il tono con cui è stata pronunciata, dimostrano che il segretario del PD considera la sua leadership più importante dello stesso disegno di legge Boschi. E trasforma così un referendum previsto dalla Costituzione in un plebiscito: un plebiscito che appare destinato ad anticipare nell’opinione pubblica l’immagine di “democrazia oligarchica” cui dovrebbe portare la rottamazione della “democrazia rappresentativa”.
Secondo alcuni osservatori con questo azzardo il premier cerca di mettere in ombra l’esito delle prossime elezioni amministrative, che potrebbero comportare qualche delusione per il PD, specie in alcune grandi città. Secondo altri questo azzardo nasce dalla convinzione che, comunque, dal referendum confermativo prenderà slancio quel “partito della nazione” di cui si parla da qualche tempo. Questa novità potrebbe fare i suoi primi passi nel corso delle elezioni amministrative, con le alleanze in alcuni casi necessarie per battere l’ammucchiata che, al ballottaggio, si potrebbe formare attorno ai candidati del Movimento 5 Stelle. E si delineerebbero in questo modo gli schieramenti per le elezioni politiche.
La tensione che si sta determinando, in una situazione parlamentare caratterizzata dal diffondersi del trasformismo – la più antica delle italiche “virtù” –, finirà con l’oscurare il confronto sul merito delle questioni che dovrebbero essere discusse in vista del referendum. Sono 47 gli articoli della Costituzione toccati dalla riforma; si tratta soprattutto del bicameralismo perfetto (Senato), ma anche dei poteri del Parlamento, della composizione del Senato e della Camera, del ruolo delle Regioni, dei poteri del Presidente della Repubblica che di fatto vengono trasferiti al premier, dei referendum e delle modalità per il loro svolgimento… Si disegna un sistema politico sempre più personalizzato e caratterizzato dalla concentrazione del potere, un sistema che ha indotto un grande costituzionalista come Gustano Zagrebelskv a parlare di oligarchia, e altri a temere una svolta autoritaria. Tutto resta oscuro e tutto avviene in nome della governabilità!
Il clima politico è reso più caldo dal fatto che in questa fase sta maturando anche un referendum sull’Italicum, la legge elettorale che eredita molti limiti del Porcellum già condannato dalla Corte costituzionale. Se coniugato con la riforma costituzionale, è un sistema elettorale che porta a un Parlamento formato da “nominati”, assegna a una lista che potrebbe non superare il 30 per cento dei consensi il 55 per cento dei seggi, rafforza il timore di un cedimento autoritario…
Ma perché dividere il Paese in nome di un bipolarismo che nei principali Paesi europei (Gran Bretagna e Francia, ad esempio) sta perdendo la sfida con il populismo?
Questo è il problema politico su cui riflettere e assumere una concreta iniziativa.
A mio parere molte critiche del Comitato del NO sono condivisibili, anche se i sondaggi prevedono una valanga di SI. In realtà i sondaggi prevedono anche più del 40 per cento di astensioni, ed è facile stimare che i NO comprendano votanti che si esprimeranno più contro Renzi che contro la riforma costituzionale. Questa distorsione politica, in parte voluta, complica le cose e trasforma il referendum in un salto nel buio. Anche per questo motivo dobbiamo cogliere questa occasione per discutere nel merito una riforma di cui gli elettori sanno molto poco, per non votare alla cieca o solo in ragione degli schieramenti che si contendono il potere

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