di Alfredo Morganti – 7 dicembre 2015
“Coraggio!” si dice a un malato, si dice a chi è caduto, a chi è afflitto, depresso, angosciato. Dire “coraggio” è come ammettere che il tuo dirimpettaio, colui a cui è indirizzato l’incoraggiamento, sia appunto malato, caduto o depresso. A me piacciono, questi gesti di incoraggiamento, il “ce la puoi fare”, alzati, riprova. Mi piace che si percepisca l’altro vicino e lo si sostenga. Detto ciò, questo incoraggiamento così formulato (Italia coraggio, con hashtag) stride, anzi è in contraddizione assoluta con l’intera narrativa del premier, intesa proprio nella sua globalità. Renzi ci sta torturando da anni con la storia dell’Italia che riparte, col fatto che questa è la svolta buona, che torneremo a essere locomotiva (ma quando lo siamo stati? Nel Rinascimento, durante l’Impero Romano, ma quella non era nemmeno Italia, a rigore), che cresce il lavoro, è buona la scuola, evviva le slides, i gufi e i rosiconi devono morì. Sono anni che ci ammolla questa tiritera. E mo, improvvisamente, “coraggio Italia”. Mo improvvisamente ci scopriamo malati, angosciati, depressi? E che è successo? Vabbè, l’Istat ha detto 0,7, non è mica la fine del mondo. C’è sempre l’Istat 2016, mica finisce qui al 2015. È come il campionato di calcio, c’è la rivincita, no? Poi ho pensato, ma vuoi vedere che il premier si sta smosciando? Che perde verve?
Che tra un po’ lancia l’hashtag #mhannolasciatosolostiquattrozozzoni? Alla maniera di Gassman nei soliti ignoti? Sarebbe davvero il colmo un Renzi depresso. Un inedito. Roba da Gufi veri, altro che.