La creatività: piacere corporeo alla base del mutualismo

per tonigaeta

di Antonio Gaeta – 13 dicembre 2017

Mi é stato riferito che i miei articoli sembrano rivolti a lettori di spessore culturale elevato e, quindi, poco accessibili da parte di chi preferisce linguaggi e tematiche più semplici. Con questo articolo cercherò di far capire che non é questa la mia intenzione. Sarebbe una iattura non riuscire nel tentativo di stimolare lo spirito solidale, che aleggia in alcuni aspetti umani più semplici e più autentici: spirito che pervade tutto il «principio mutualistico».

La difficoltà dei lettori potrebbe derivare dalla novità costituita dal bisogno di rendersi reciprocamente ‘necessari’ (e non utili) in molte situazioni, che caratterizzano i rapporti umani. Scoprire di aver bisogno di sentirsi ‘necessari’ implica il riuscire a governare la nostra distorta ‘mentalità’ (complesso di convinzioni della mente), ispirata nel nostro agire dai soli criteri di ‘misurazione utilitaristica’ (*).

L’agire mutualistico, invece, é più precisamente espressione di un bisogno corporeo, che come tutti i bisogni corporei, una volta soddisfatto procura piacere. Purtroppo, molti di noi lo nascondono a se stessi, perché esso é associato con la convinzione (o la volontà) di non poter permettersi il ‘piacere’ (spesso perché non compreso e, quindi, disapprovato dagli altri). Per questo motivo capire la diversità dello stile e del metodo mutualistico, rende indispensabile approfondire le dinamiche del ‘piacere’, a cominciare proprio dalla pratica del «piacere negato».

Per la maggior parte degli esseri umani ‘piacere’ é una parola che evoca svariati sentimenti e tipo di emozioni. Detta parola é associata in genere con astrazioni come ‘il buono’, ‘il bene’, ‘il bello’, vissute dalla mente senza alcun riferimento con il corpo. Forse a causa di questa conscia o inconscia astrazione molti giudicano sprecata una vita dedita al ‘piacere’. Molti altri temono che esso porti verso vie pericolose, che fanno dimenticare doveri e impegni presi con altri e/o con se stessi. A volte ideologie religiose parlano impropriamente della capacità del ‘piacere’ di corrompere lo spirito. Per alcuni la parola ‘piacere’ ha persino l’effetto di far pensare al ‘lascivo’ !

Nelle nostre culture, in gran parte influenzate dalle ideologie religiose, tutti condividiamo (chi più, chi meno) questa diffidenza nei confronti del ‘piacere’ ! Non a caso la mentalità moderna e contemporanea é orientata molto più su ciò che é espressione dell’ “Io” mentale, anziché del ‘corpo’; come se la nostra identità e la nostra mente non risiedono nel nostro corpo e non sono espressioni dello stesso! Quest’ultimo, infatti, spesso é vissuto come uno sconosciuto: fonte di oscure e temibili malattie o di misteriosi desideri, percepiti come “istinti” (Sigmund Freud) da tenere lontani, giacché governabili solo in condizioni di esercizio del potere. Non a caso il perseguimento di situazioni di ‘potere’ (dalle più piccole alle più grandi) é percepito come ambizione e condizione umana più naturale di quella del piacere spontaneo e immediato, invece confinato in una scala di valori molto secondaria !

L’uomo moderno e contemporaneo, solo in questa condizione di dominio é persuaso di padroneggiare il “sé”: ovvero la complessità del proprio corpo e di quello sociale. Non siamo mai liberi dalla paura che questa conquista non riesca, né dal dubbio se l’eventuale riuscita costituisca un vero vantaggio.

Ciò che ignoriamo in modo quasi assoluto di noi stessi é che il ‘piacere’ é, invece, la forza creativa della nostra personalità: identità molto più gratificante delle mete e dei miti ideati o assorbiti dall’ “Io” incorporeo (e, quindi, astratto) ! La speranza nascosta in molti di noi é che il raggiungimento di posizioni di dominio (obiettivi di potere mentalmente prefissati nell’astrazione dell’Io) renderà possibile una “vita piacevole”. Siamo, quindi, spinti da astratte convinzioni mentali a perseguire mete, che richiedono il sacrificio (vissuto come necessario e temporaneo) del “piacere”, per seguire scopi di dominio, che di per se stessi porteranno ipso facto al godimento del piacere. Perché tanta contorsione mentale ?

Il nostro corpo in modo che definisco biologico (e che include il fisiologico) desidera (sempre) il ‘piacere’ e non certo il ‘potere’ (ideazione mitica della mente) ! Il piacere del corpo significa tranquillità dell’anima (o psiche) e, quindi, maggiore capacità e lucidità di pensiero. Se la nostra “mentalità” ci induce a sacrificare o distruggere il piacere psicofisico (inseguendo l’illusione di ottenerlo grazie ai ‘sogni di potere’), la contorsione prodotta in noi (dall’artificioso contrasto tra mente e corpo) produrrà sempre condizioni di frustrazione, emozioni di rabbia, sentimenti di invidia sociale, nonché di odio verso quanti sono astrattamente individuati come ‘nemici’…

Ciò che neghiamo a noi stessi é la possibilità di dedicarci prioritariamente alla cura del nostro corpo e dei suoi desideri di «piacere concesso», che non sono soltanto erotici, ma spesso di elevata creatività, non soltanto artistica ! Detta creatività é sempre sintomatica di un agire caratterizzato da piacere/i concesso/i

Gli esempi da poter additare sono moltissimi ! Essi spaziano dalla soddisfazione per il riconoscimento e l’apprezzamento del valore di una nostra ideazione o creazione, alla gratificazione dell’apprendimento di come dedicarsi meglio a un figlio, a un partner o alle persone in condizione di svantaggio sociale, civile, etnico.

Ciò che rende possibile tale soddisfazione (intesa come realizzazione di nostri bisogni corporei) é l’agire creativo. Imparo a suonare uno strumento musicale non soltanto per soddisfare il mio bisogno personale di benessere, ma anche per poter meglio intervenire nelle situazioni di reciproco sostegno.

La reciprocità é l’altra faccia del ‘piacere’, che caratterizza l’agire mutualistico. Sapere che il proprio bisogno può essere soddisfatto grazie alla reciproca simpatia e/o empatia (a secondo dei casi) aiuta lo sviluppo della creatività, che a sua volta accresce il reciproco benessere, generando un circolo virtuoso. Quest’ultimo fa star bene l’anima (ovvero la psiche, che vive benefiche emozioni) e, quindi, aiuta anche la mente nell’elaborare il giusto pensiero, per la realizzazione di un’opera necessaria al comune o reciproco godimento.

Questo percorso é alla base della ‘magia creativa’ del «piacere mutualistico». Ovvero la realizzazione a più mani, più gambe, più sensazioni ed emozioni corporee di una condizione di benessere collettivo ! Ciò che faccio ‘Io’ non é (e non sarà mai) la stessa cosa di ciò che facciamo ‘Noi’ ! Questa l’essenza dell’agire mutualistico: un agire in cui non conta chi ha più sapere, più strumenti, più potere.. bensì conta il “piacere creativo” del fare insieme ! Ad esempio, non si può definire vero associazionismo quello in cui questi aspetti dell’agire mutualistico non prevalgono ! Anche un’organizzazione politica non riuscirà mai ad essere strumento di piacere (e quindi capace di creare), finché non prevale in essa il maggior valore del «piacere mutualistico» a danno del potere individuale o oligarchico (di pochi a danno dei molti) !

NOTE:

(*) – Il concetto di “utilità” appartiene al mondo dei rapporti intercorrenti tra l’essere umano e gli strumenti di cui si serve, per affrontare situazioni difficili e risolvere problemi complessi, che richiedono l’ingegno mentale. Si tratta, quindi, di oggetti, meccanismi e tecniche di per se stessi inanimati.

Nella teoria economica, che sostiene il sistema del mercato capitalistico, si parla di “utilità marginale” con riferimento al valore di un bene, misurato in base alla quantità di soddisfazione (umana) che fornisce ogni singola dose di consumo di detto bene.

Riferito a un altro essere vivente (animali compresi) il concetto di “utilità” (che implica un consumo) indica, quindi, un rapporto squilibrato, nel quale l’agire é composto da chi utilizza e chi si fa utilizzare. Ogni tipo di rapporto squilibrato implica uno sfruttamento di essere/i vivente/i a danno di altro/i ! 

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