di Alfredo Morganti su facebook
C’è un grande invocare la disciplina di gruppo o di partito. Lo si fa con entrambi gli occhi rivolti al caso Mineo, ovviamente. Ma cos’è una ‘disciplina’ se viene a mancare un contesto attorno che la renda legittima, plausibile, condivisibile, praticabile con convinzione? Nulla, io credo, solo l’effetto di mero ‘autoritarismo’. Così in questa evenienza. Qual è il contesto attorno al richiamo rivolto a Mineo e agli altri? Scorgete forse un clima, un senso di comunità, di appartenenza, di reciprocità, uno spirito organizzativo, un vero partito, un legame culturale, un nesso persino affettivo e solidale? Scorgete un contesto davvero favorevole al richiamo alla disciplina? Io no, ve lo dico con tutto il cuore (e persino con un certo dolore). Io dico di no. E non stiamo parlando di pericolosi estremisti. Niente affatto.
I 14 senatori sono altra cosa, e di certo non hanno scelto una strada comoda. Come scrive di loro Gianni Cuperlo: “Quelli tra i 14 che io conosco, a volte da anni a volte da meno tempo, sono tra le persone migliori che mi sia capitato di incrociare nel mio lavoro e impegno. Lo scrivo per escludere con la più assoluta certezza che dietro la loro scelta possa esservi qualcos’altro che non sia una convinzione profonda nelle proprie idee”. Ecco: “una convinzione profonda nelle proprie idee” e, perciò, io aggiungo, sicuramente la disponibilità a dibattere, farsi interpreti, capire, migliorare, adoperarsi a formulare il miglior testo di legge possibile. Per uno di loro almeno metto entrambi le mani sul fuoco, Walter Tocci. Ce ne fossero di uomini di sinistra così: miti, scrupolosi, disinteressati, competenti, ma combattivi, motivati, appassionati, attenti alla discussione e pronti ad argomentare su tutto, con grande disponibilità all’ascolto.
Qui lo dico e qui narro un aneddoto. Ho lavorato con Walter Tocci per otto anni, quando lui era Vice Sindaco di Roma e Assessore alla Mobilità. Un giorno si trattò di affrontare un comitato di cittadini della periferia molto arrabbiati (disciamo…) per alcune questioni legate alla realizzazione locale della metropolitana. Disagi, problemi, incomprensioni con l’amministrazione, richieste specifiche, ecc. Lui affrontò lì, sul posto, tutta quella gente, quasi gettandosi tra le loro braccia. Con un sorriso mite ma fortissimi e ponderati argomenti dalla sua. Avrebbe potuto non farlo (noi lo sconsigliammo, lì per lì) ma invece lo fece. E con successo, perché dalle urla si passò alla discussione e poi alle pacche sulle spalle. E debbo dire che annotammo tutte le questioni sul tavolo, che vennero affrontate e, dove possibile, risolte. Questa capacità di ascolto, questa onesta e coraggiosa disponibilità, vi paiono quelle di uno che intende sabotare il premier? Non credo proprio. Tocci non saboterebbe nulla di nulla. Anzi, io al posto di Renzi ascolterei più lui che Verdini. Di Tocci, peraltro, si può fidare senz’altro di più.