Fonte: facebook
di Alfredo Morganti – 23 aprile 2015
Dinanzi alla vicenda disdicevole dell’epurazione della minoranza PD dalla Commissione incaricata di approvare l’Italicum, si è detto che in democrazia si decide a maggioranza, e tutti devono poi adeguarsi a quella decisione e comportarsi come un sol uomo, votando marmoreamente a favore. Altrimenti, ed ecco l’argomento-cardine di questi ‘puristi’ democratici, scatta una sorta di indecorosa ‘dittatura della minoranza’. Così che il governo diventa ostaggio della ‘vecchia guardia’ e tutto finisce in una ‘palude’, pure Luca Lotti tapino. E Dio non voglia mai che ciò possa accadere! Detto ciò, resto basito. Perché l’accusa di volere una dittatura della minoranza viene proprio dai fautori dell’Italicum, da chi, pur di approvarlo, farebbe di tutto. Pure sostituire 10 membri di Commissione solo perché contrari al disegno di legge. Sostenendo peraltro di garantire così il diritto di critica!
Ma cos’è, in realtà, l’Italicum? Una legge che, grazie a un super premio di maggioranza, garantisce 340 seggi a chi consegue almeno il 40% dei voti al primo turno o vinca il successivo ballottaggio nazionale contro il secondo arrivato. Che, a sua volta, potrebbe trionfare ottenendo il ‘premio’, anche se al primo turno ha conseguito appena il 15-20% dei voti. Ma c’è di più: se calcoliamo la bassa affluenza al voto (poniamo il 70% di votanti), questo carattere ‘ultramaggioritario’ e distorcente della legge appare ancor più chiaro. In tal caso, il 40% dei voti sarebbe pari al 40% del 70% dei votanti, ossia rappresenterebbe il 28% del corpo elettorale. Così che l’assegnazione del 55% dei seggi comporterebbe il sostanziale ‘raddoppio’ della forza reale della lista vittoriosa! In altri termini, quel 28% di consenso popolare reale (minoranza) sarebbe omaggiato col 55% dei seggi parlamentari (maggioranza). E non è questo un esempio molto calzante di ‘dittatura della minoranza’? Dico di più: se al ballottaggio trionfasse la lista arrivata seconda al primo turno (mettiamo col 20%), questo 20% del 70% di affluenti (che corrisponderebbe al 14% di elettori reali) agguanterebbe il 55% di rappresentanza parlamentare quadruplicando la sua forza! Nemmeno ‘dittatura della minoranza’. Ma, in pratica, di un drappello di individui sparsi (ma ben organizzati) contro tutti gli altri.
Cosa ci dimostra tutto ciò? Che la nuova classe politica renziana (e diversamente renziana) che si è abbarbicata come una cozza al potere, lo sta facendo come se essa fosse un novello Jimi Hendrix: distorcendo. Distorce le percentuali coi premi, distorce la realtà con l’occupazione dei media, distorce la verità con argomentazioni speciose, distorce la politica con la comunicazione. Una specie di ‘maggioritario’ applicato a tutto. Pure alla logica. Come la chitarra di Jimi, senti l’aria solcata da un linguaggio distorcente, ormai familiare, in gran parte ereditato da Berlusconi (i sogni, l’ottimismo, la palude, non mi fanno decidere, i ‘comunisti’, ci metto la faccia, i gufi, il governo del ‘fare’, non c’entro niente coi partiti, ecc.). E attorno la distorcente corte di accasati dalla prima all’ultima ora, tutti alla ricerca di un avvenire sicuro, una carriera istituzionale, qualche consiglio di amministrazione, e tutto a colpi di soldi pubblici che pur dicono di spregiare. Più si va avanti e più le distorsioni si amplificano, sparate da colonne intere di Marshall montate sul palco. È un profluvio di assoli, di svisate, di effetti speciali. Un diluvio sonoro di wah wah pedal. Ma mentre Hendrix era un grande artista, un fuoriclasse, una rock star, qui vedo molte mezze tacche, forse troppe, gente che al massimo prende quattro accordi e suona chitarre scordate pur facendo chissà quale ammuìna. In pratica una specie di dittatura degli strimpellatori, talmente assetati di poltrone che un giorno molleranno pure Renzi per andare a svisare in altre band. Vedrete.