La frammentazione politica e il sistema-mondo economico

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 27 giugno 2016

 Un magistrale reportage del Corsera da Sunderland, raccontava ieri come la città operaia avesse votato in massa (e in termini controproducenti) per la Brexit e contro i Londoners, un termine che oggi ingloba alta finanza e imprenditoria. Un gesto da interpretare soprattutto come rivalsa sociale, che esprime risentimento nella forma del rigetto politico. Le periferie, invitate a farlo, si sono espresse contro: contro l’establishment, contro l’apparato, contro i ‘cosmopoliti’, contro i vincenti della globalizzazione, quelli che hanno conquistato il ‘centro’ (o suppongono di averlo fatto davvero), lasciando gli altri ai margini. E soprattutto contro gli immigrati, la marea montante di poveri che spinge ai confini dell’Europa e del Regno. La Brexit è stato un voto dai pesanti effetti politici ma innervato da motivazioni fortemente sociali. Un voto anti immigrati e anti apparato nello stesso tempo. Un voto ideologico che ha conquistato i ceti più ‘periferici’, i disagiati, i poveri, gli sradicati, oggi succubi della propaganda di destra razzista e populista, e spinti perciò alla lotta risentita contro la swinging London e contro lo spauracchio dell’immigrazione.

È sempre più evidente una tendenza diffusa alla particolarizzazione politica. La Brexit l’ha messa a nudo. Perché è questo l’esito dell’incertezza sociale, della scarsa rappresentatività della politica, del testa-a-testa tra istituzioni e popolo: ovunque si alza il vento dell’indipendenza, o comunque del distacco. Il nazionalismo sta tornando in auge, e con esso l’ideale mai sopito delle piccole patrie. L’ideale Europeo paga anche questo. Si tratta però di una ‘frammentazione’ politica che sconta, d’altra parte, una confermata compattezza del sistema-mondo economico, una diffusa pervicacia dell’ideologia liberista, uno strapotere delle grandi oligarchie economiche, a partire dalla finanza, una vittoria montante dei valori neoliberali e degli stili di vita individualistici e consumistici. Politica a pezzi contro economia solidamente abbarbicata alla sua egemonia. Mentre tutto tende a frantumarsi e a precipitare nell’incertezza, il sistema-mondo economico tiene, e anzi pare rafforzarsi dinanzi alle sempre più evidenti tendenze al ‘distacco’ politico.

Qual è il paradosso? Che a detenere l’egemonia, ossia il controllo culturale e valoriale (le casematte) del sistema, sia oggi l’economia più che la politica, sia la società civile MA priva dei partiti, della loro funzione, del loro carattere di massa, del loro essere ponte tra istituzioni e popolo. La società civile, quindi, ridotta al solo momento economico-corporativo. Le imprese, le banche, il denaro, le istituzioni economiche, le oligarchie finanziari: sono loro a dettare le regole, gli stili di vita, i valori competitivi. Penetrano nel mondo dei media e nelle tecnocrazie, vi si riflettono, contrassegnano decisamente anche un’istituzione politica come l’Europa, e lo fanno in modo anomalo rispetto all’idea che sia invece un normale compito dei partiti quello di costruire una sintonia etico-politica con il popolo e realizzare, a partire da essa, un governo. È un’egemonia senza partiti, senza politica, se non in termini solo laterali, obliqui, periferici.

Si tratta di masse sconfitte e perdenti che pure si trovano, paradossalmente, in sintonia con la destra populista e con gli apparati, le imprese, le oligarchie, le tecnoburocrazie che pure avversano. Eccola l’ideologia all’opera: si è contro le tecnocrazia, contro l’1% dei ricchissimi, si vive nei sobborghi operai, nelle periferie sociali, ma poi si subisce il fascino e si è succubi di quei valori che pure si avversano socialmente (ma non nell’animo, dunque). Gramsci, già scosso dall’uso improprio che si fa del suo nome sotto la testata dell’Unità, resterebbe viepiù sconvolto nel vedere come oggi l’egemonia sia l’effetto di una battaglia vinta dai capitani d’industria, dalle forze finanziarie, dalle istituzioni economiche, dalle imprese, dai tecnici della comunicazione e della burocrazia europea, e non più dai partiti, oggi ridotti a marchio, ceto politico di carrieristi e volontari di base che presenziano tristemente a solitari e disadorni banchetti nelle piazze.

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