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di Luca Billi – 3 ottobre 2017
Nei giorni scorsi, io – nel mio piccolissimo – ho difeso il diritto dei cittadini catalani di poter votare, specialmente dopo che il governo di Madrid ha tentato stupidamente di impedire questo voto. E proprio perché non considero il referendum una “messinscena”, come ha detto domenica sera – ancor più stupidamente – il primo ministro spagnolo, credo occorra leggere i numeri di quel voto. E i numeri ci dicono con chiarezza che gli indipendentisti hanno perso; perché, nonostante la chiamata alle armi del governo catalano, oggettivamente favorita dalla reazione rabbiosa e antidemocratica di Madrid, solo il 42,6% dei catalani si è recata alle urne e nel complesso quelli che hanno votato sì rappresentano il 38% di tutti gli aventi diritto, una minoranza, per quanto significativa e agguerrita. Gli indipendentisti catalani sono andati peggio dei loro “cugini” scozzesi nel 2014. Esiste quindi in Catalogna una maggioranza dell’opinione pubblica che, evidentemente per ragioni anche molto diverse, ritiene che quella regione sia parte della Spagna.
Poi, nonostante questo chiarissimo risultato, dal momento che in democrazia non bastano i numeri, ma serve anche la politica, il vero sconfitto del giorno del referendum è stato Mariano Rajoy, perché ha dimostrato di non capire davvero nulla di politica e di non conoscere il paese che dovrebbe guidare. Rajoy si è dimostrato assolutamente incapace di gestire una situazione tutto sommato non troppo difficile da tenere sotto controllo. Poteva far finta di tollerare il referendum e domenica sera avrebbe potuto presentarsi in televisione, rivendicando la vittoria, ringraziando la maggioranza dei cittadini catalani, blandendo la parte meno estremista di quelli che avevano votato sì, gettando la sconfitta sui leader catalani. Invece ha voluto usare la forza e naturalmente questo gli si è ritorto contro e quindi adesso si ritrova un mucchio di macerie.
Rajoy si è dimostrato incapace perché non ha avuto la capacità di pensare a quello che sarebbe successo il giorno dopo. Non si è chiesto come potranno continuare a lavorare insieme gli uomini della polizia nazionale con i loro colleghi della polizia locale, dopo che li ha trattati da “disertori”, li ha in qualche modo costretti a essere tali. E come lavoreranno i funzionari catalani che dovranno necessariamente continuare ad avere rapporti con quelli di Madrid? Nessuno – e questa è la vera disfatta del referendum – né da parte catalana né da parte spagnola aveva un disegno su cosa sarebbe dovuto succedere il giorno successivo al referendum. Si è andati allo scontro, ma ovviamente lo scontro non poteva essere risolutivo, non è una corrida in cui il toro – o più raramente l’uomo – muore e quindi alla fine festeggi il vincitore. I due governi hanno cominciato una battaglia in cui ci sarebbero stati solo feriti, ma le ferite sono spesso molto difficili da dimenticare e queste ferite peseranno sulla storia dei prossimi anni della Spagna e della Catalogna. Quindi chi ha responsabilità di aver voluto infliggere questi colpi porterà su di sé questa colpa.
Spero che Rajoy si dimetta o che qualcuno lo costringa a dimettersi perché è veramente un incapace. Anzi un incapace stupido: la categoria peggiore.
E’ difficile, ma credo potremmo sperare che da questa crisi nasca qualcosa. Sarebbe importante che i socialisti – che mi pare si stiano scrollando di dosso l’eredità centrista che è stata così esiziale per la sinistra europea – e quelli di Podemos avanzassero insieme una proposta per garantire alla Catalogna – e alle altre regioni spagnole – una forma di autonomia in un quadro federale, ragionando anche su quello che non può più essere un feticcio, ossia la monarchia borbonica voluta da Franco. Sarebbe bello pensare che questa crisi – così mal gestita da due destre – possa essere l’occasione per la rinascita, grazie alla sinistra, della República. Per tutta la Spagna.