La vittoria annunciata di Marine Le Pen

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Lucia Del Grosso
Fonte: Lucia Del Grosso
Url fonte: http://www.luciadelgrosso.it/?p=1688

di Lucia Del Grosso – 8 dicembre 2015

Se c’è una dote che non manca a Renzi è l’istinto di sopravvivenza. Peccato che sia la sua unica specialità. Scioccato dalle elezioni francesi ha dichiarato: ”Senza un disegno strategico, soprattutto sull’economia e la crescita, i populisti vinceranno prima o poi anche alcune (elezioni, ndr) politiche nazionali”.

Ne è provvisto molto di più di quella testa di Kapò che è Schulz (mi vergogno della citazione), che si limita a dire a Repubblica: “Attualmente non è l’Unione Europea a mostrare le proprie debolezze, ma sono gli Stati a fallire”.

Ecco, Schulz ha bisogno di una secchiata di acqua gelata per svegliarsi. La vittoria della Le Pen, e non importa se sarà ridimensionata al secondo turno, intanto ha misurato il consenso di cui gode, mette in discussione gli ultimi tre decenni e passa della storia d’Europa.

Il turbocapitalismo a trazione USA aveva pensato, dopo la caduta del muro, di ridurre tutto il mondo occidentale a quella marmellata sociale americana senza conflitto.  Un enorme mercato di consumatori con diritti sociali e politici sempre più risicati e senza progetto alternativo, senza più molla per andare a votare se non per riconfermare le classe dirigente omologata destra/sinistra, addomesticata dalla paura della barbarie dei populismi. Il tutto con la complicità dell’ordoliberismo europeo dei maestrini che assegnano agli stati membri il compito di tagliare il settore pubblico e le reti di sicurezza sociale.

Guardiamoci allo specchio e giudichiamo se ci riconosciamo o no nelle parole di David Harvey:“Il progresso del consumismo alienato o compensatore ha la sua dinamica interna distruttiva. Richiede che venga sguinzagliata quella che Schumpeter chiamava distruzione creatrice. La vita quotidiana nella città, i modi stabili di vivere. Entrare in relazione e socializzare, vengono continuamente perturbati per far posto all’ultima moda. Demolizioni e trasferimenti per fare posto alla gentrification o alla Disneyficazione strappano tessuti già realizzati di vita urbana per fare posto allo sgargiante al gigantesco, all’effimero e al labile. Espropriazione e distruzione, trasferimento e costruzione diventano veicoli di una accumulazione di capitale, energica e speculativa, e le figure del redditiere, dell’imprenditore edile, del proprietario fondiario e del sindaco imprenditore escono dall’ombra per conquistare la ribalta della logica capitalista dell’accumulazione. Il motore economico che è circolazione e accumulazione del capitale, inghiotte intere città solo per sputar fuori nuove forme urbane, nonostante la resistenza delle persone che si sentono completamente alienate dai processi che non solo riplasmano gli ambienti in cui vivono, ma ridefiniscono anche il tipo di persone che debbono poter sopravvivere….i processi di riproduzione sociale vengono reingegnerizzati dal capitale da cima a fondo”.

Sintesi: un disagio politico, sociale ed esistenziale che non può non deflagrare e infatti sta scoppiando in tutta Europa rompendo l’equilibrio politico irenico delle destre e delle sinistre senza identità che si danno le pacche sulla spalla mentre mettono mano alle Costituzioni e alle leggi sul lavoro.

Ma i complimenti a Renzi si fermano al guizzo di istinto di autoconservazione. Infatti capisce che  deve scappare, al contrario del pesce in barile tedesco, ma non sa dove.

Se l’avesse saputo il semestre europeo a guida italiana sarebbe stato più spumeggiante. Sa che bisogna darci un taglio con l’austerità, ma non sa pensare niente di meglio dei 500 euro a tutti i diciottenni. Che oltretutto fanno incazzare quelli che hanno bisogno di molto di più di una mancetta e vedono fare lo stesso regalo ai non bisognosi. Nel contempo quei giovani sanno che andranno in pensione a 75 anni e con il 25% di assegno in meno e Poletti consiglia i versamenti volontari. Ci penserà lo storytelling a tenere questa gioventù lontana dalle sirene populiste?

Quindi il terrorismo non spiega nulla della vittoria della Le Pen, la spiega quella serpe in seno alienante efficacemente descritta da Harvey: se in una società gli uomini e le donne vedono ridotti sempre di più i margini per decidere i propri destini individuali e collettivi anche un comico raccoglie consensi su parole d’ordine antisistema (vi risulta che Grillo abbia lucrato sul terrorismo?), figuriamoci una abile come la Le Pen.

Quindi o la sinistra si riorganizza intorno ad un soggetto politico che interpreti e dia risposte profonde a questo malessere che pesa sulle vite delle persone e rende invivibili i luoghi di lavoro, le strade e le case o la deriva è incontenibile. E le risposte dovranno essere radicali, non semplici misure redistributive per tamponare qualche disagio sociale: siamo tutti disagiati in un mondo dove ci si alza la mattina per correre e non rimanere indietro.

Per la sinistra non è tempo di maquillage, è tempo di rifondazione e di coraggio di opporsi all’ordine dei maestrini che danno i compiti a casa e mettono i voti sul numero degli ospedali chiusi o sui lustri che trascorrono tra un rinnovo di contratto collettivo e l’altro.

Altrimenti rassegnamoci ad assistere alle marce trionfali delle Le Pen.

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