L’ambaradam parlamentare

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

di Alfredo Morganti – 11 febbraio 2015

Le cronache raccontano di un Parlamento dove non si capisce più niente. Se provate a leggere le vicende con la lente dei classici schieramenti di partito o di gruppo, ne uscirete malconci. Le dinamiche non corrispondono più ad alcun confine tradizionale. In ogni circostanza c’è chi vota in un modo e chi in un altro, talvolta a capocchia: e stiamo parlando di riforme costituzionali, non del riconoscimento di marchio DOP a un qualche formaggio locale. I partiti sono balcanizzati, le linee di faglia sono trasversali, al governo c’è Renzi e con lui chissà chi altro, la riforma la dovrebbe votare quello sì ma quello no, poi si vedrà. Immagino la conferenza dei capigruppo, che una volta erano sacre per decidere l’andamento dei lavori: chi rappresenta chi? Sarà già presente agli incontri il Presidente del gruppo del Partito della Nazione? Io dico che forse è lui il vero plenipotenziario in Aula.

E non è questione della presunta ‘non-vittoria’ di Bersani ad aver prodotto questa fluida incertezza e tale gioioso casino. Non è questione di QUESTO Parlamento. È questione di stile di governo e di inconsistenza progressiva della politica. Stile di governo cinico e da pokerista e insovranità sempre più diffusa della politica rispetto all’economia, alla tecnica, persino al privato. E poi c’è l’idea che i partiti siano zavorre, e che sia meglio costruire tutto su clan trasversali e su patti di ferro, come quello sul Nazareno. È l’estremo limite, quello finale e più radicale della personalizzazione politica, dell’uomo solo sulla poltrona. Da questa personalizzazione serva dei media discende il fango gettato sulla politica, sulla migliore politica, si badi, NON sulla peggiore che invece fa brutta mostra in TV, in rete e in Parlamento.

Un parlamento di transfughi, di nomadi, di migranti. Quasi 200 cambi di casacca. Perché accade, forse perché oggi sono tutti più cinici e senza scrupoli? Ma no. Soltanto perché, invece, questa è la nuova regola: non la responsabilità e la coerenza delle scelte, ma una deriva segnata dalla prossimità sempre più accentuata al potere, all’uomo di potere del momento. Fu così con Berlusconi, è così con Renzi, sarà così col prossimo avventuriero. Il paradosso? Eccolo: nell’epoca delle fedeltà politiche e dei cerchi magici, l’infedeltà (ai propri principi, alle proprie squadre, ai propri gruppi) diventa regola. A dimostrazione che non si costruisce nulla sui patti di sangue, men che mai una crescita democratica. Piuttosto se ne abusa nella formazione di ‘clan’ o ‘gruppi’ che qualche volta tradiscono patti impronunciabili. Avete voluto la fine dei partiti, verrebbe da dire? Bene, adesso tenetevi questo ambaradam parlamentare, che nemmeno una legge elettorale che sfiori la dittatura riuscirebbe più a rabberciare tanticchia.

PS Ci sarebbe un modo, in realtà, quello di ripartire dalla partecipazione, promuovere la rappresentanza e fondare le decisioni su un’ampia platea di cittadini, opinione pubblica, partiti e istituzioni, ma oggi è come sognare. Dicono che una democrazia rappresentativa sia troppo lenta rispetto alle decisioni prese con caldo impeto dal Renzi di turno. Io so solo che siamo sull’Italicum da mesi e mesi, e non finisce qui. Il Mattarellum è nato con molto meno tempo e meno fatica: il referendum che introduceva il maggioritario al Senato fu svolto ad aprile 1993, la legge firmata dall’attuale Capo dello Stato fu approvata ad agosto dello stesso anno, 4 mesi in tutto per l’iter, molto meno di un terzo del tempo attualmente impegnato. Il resto non è noia, è propaganda.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.