Recensione
L’anima dell’uomo sotto il socialismo di Oscar Wilde
(The Soul of man under socialism, 1891)
“Il socialismo o comunismo, o qualunque sia il termine con cui lo vogliamo chiamare, convertendo la ricchezza privata in pubblica utilità e sostituendo la competizione con la cooperazione, ricondurrà la società alla sua propria condizione di organismo veramente sano e garantirà il benessere materiale di ogni membro della comunità”
Il saggio di cui parliamo è stato scritto nell’ultimo decennio del secolo XIX. Ricordiamo che il Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e Friedrich Engels era stato pubblicato il 21 febbraio 1848 e che l’Associazione internazionale dei lavoratori era stata fondata nel 1864. La Rivoluzione d’Ottobre era invece ancora di là da venire.
Siamo dunque in un momento in cui è in pieno svolgimento il dibattito su quel movimento di pensiero e di azione denominato socialismo o comunismo. Un movimento che avrebbe segnato profondamente nel bene e nel male la storia dell’Europa nel successivo secolo XX.
Oscar Wilde è celebre per essersi dedicato interamente alla letteratura. Molti potrebbero pensare che egli non avesse alcun interesse al tema in parola. Nulla di più errato. Nel breve saggio di cui parliamo Wilde espone una acutissima analisi dei problemi, economici, sociali e culturali del suo tempo ed elabora una tesi controcorrente per i suoi e anche per i nostri tempi: il socialismo deve essere instaurato per creare le condizioni per la realizzazione dell’individualismo. Più precisamente, non solo per liberare la moltitudine degli operai dallo sfruttamento e dalla miseria, ma soprattutto, e in definitiva, per liberare i capitalisti dalla schiavitù della proprietà privata.
Facciamo un passo indietro. Secondo l’opinione comune dominante ai tempi di Wilde e anche ai nostri, è il liberalismo che dà valore alla libertà individuale mentre il socialismo la comprime o addirittura la sopprime.
Oscar Wilde rovescia questa tesi sostenendo che soltanto dopo l’instaurazione del socialismo sarà possibile creare le condizioni per la piena espressione delle libertà e potenzialità individuali.
Lo Stato (che, secondo Wilde, deve essere una libera associazione di cittadini e non un’istituzione autoritaria) si occuperà della produzione e della distribuzione dei beni facendo in modo che tutti possano ottenere la ricchezza necessaria per soddisfare le proprie necessità. Il lavoro dovrà essere svolto soprattutto dalle macchine che saranno sempre più perfezionate e consentiranno di ridurre al minimo la fatica e il tempo in cui è necessario lavorare.
Oggi (1891), dice Wilde, le macchine, in proprietà di pochi riducono la maggioranza della popolazione in schiavitù e in miseria, ma rendono schiavi i loro stessi proprietari, costretti a rinunciare allo sviluppo della propria personalità perché sempre assillati dalle preoccupazioni dell’accumulazione e della gestione della loro ricchezza. Col socialismo invece saranno le macchine a servire gli uomini e a consentire loro di dedicarsi allo sviluppo di tutte le loro potenzialità vitali.
“Il riconoscimento della proprietà privata ha realmente nuociuto all’individualismo e lo ha offuscato confondendo l’uomo con quel che possiede…di conseguenza l’uomo ritenne che fosse importante l’avere ignorando che invece era l’essere.”
Ecco perché, dice il nostro autore, il vero individualismo sarà realizzato dopo l’instaurazione del socialismo.
A parere di chi scrive la lettura di questo scritto è ancor oggi attuale e molto utile per un approfondimento del dibattito in merito al rapporto fra libertà e proprietà.