L’annus horribilis del Pd

per Andrea Colli
Autore originale del testo: notizie di stampa/Andrea Colli

di Andrea Colli 30 dicembre 2014

“…QUANDO la macchina di Renzi lascia il Colle, quella sera, dopo due ore, il dado è tratto. Il primo tempo, quello dell’ “Enrico stai sereno”, il tweet con il quale l’allora segretario chiude un gennaio di preparazione, per dare il via a un febbraio di sfondamento, è finito. Il blitz è rapidissimo. Direzione del Pd convocata per giovedì 13. “C’è un’ambizione smisurata che ciascuno di noi deve avere, che è quella di pensare che non possiamo continuare a vivere nella palude. Mettersi in gioco adesso ha un rischio personale, ma chi fa politica ha il dovere di rischiare”, introduce Matteo. L’aria è elettrica, carica. Non s’era mai vista una cosa del genere. Un segretario che licenzia un presidente del Consiglio del suo stesso partito, in diretta streaming. Con le minoranze (a parte Civati) che avallano. Sullo sfondo, c’è il patto di legislatura, quello che garantisce ai parlamentari la sopravvivenza fino al 2018. Un patto al quale Renzi resta inchiodato (a proposito di rischi) e che continuamente cerca di allentare. O almeno di creare i presupposti per poterlo sciogliere, con l’approvazione-miraggio dell’Italicum. “Demolition man” (copyright Financial Times) va avanti a testate: l’importante è arrivare a Palazzo Chigi. Come, non importa. Letta si dimette il venerdì mattina, 14 febbraio. Lunedì incarico con riserva a Renzi. Che comunicando di aver accettato enuncia il cronoprogramma delle cose da fare (quello che ripeterà ossessivamente in tutti i momenti di difficoltà dei mesi a venire, aggiungendo la giustizia): “A febbraio legge elettorale e riforme, a marzo lavoro, ad aprile Pa, a maggio fisco”. Consultazioni che dovevano essere lampo e lampo non sono. Incassa alcuni no, che non si aspettava: da Andrea Guerra a Alessandro Baricco. Il dream team della Rottamazione non è poi così facile da realizzarsi. Si presenta al Colle, il venerdì successivo, 21 febbraio, con una lista ancora provvisoria. Napolitano impone quello che può (stoppa Gratteri alla Giustizia). Alcuni neo ministri vengono avvertiti a colloquio in corso. Alla fine, ne esce un compromesso, tra Manuale Cencelli e giovani fedelissimi. Rigorosa parità di genere: 8 uomini e 8 donne. Renzi afono commenta: “Mi gioco la faccia, che è più importante della carriera”. L’era Renzi può cominciare.”

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