Le memorie di un giovane nonagenario

per Fabio Belli

L’arte non ha età, un interessante confronto con il 93enne scrittore Sergio Ivano Magalini.

Presentazione breve

Mi definisco un giovane novantaquattrenne. Perché, anche se l’anagrafe mi attribuisce una tale longevità, prescindendo da un rallentamento nella deambulazione, del non poter più correre o saltare staccionate e di un permanente, seppur tollerabile, dolore alla schiena al risveglio al mattino, mi sento giovane nello spirito, nei desideri e nella voglia di agire. Dedico un’ora al Hata Yoga ogni mattina e nella stagione estiva percorro a nuoto quotidianamente oltre un miglio marino. Appezzo i buoni cibi e mi rallegro quando mi danno occasione di cucinarli in modo creativo, così come mi da gioia un buon bicchiere di Amarone o di Brunello, godo ancora alla vista di una silhouette femminile, di leggere e ragionare sulle idee e i fatti del mondo, ed infine di svolgere attività creative che mi riempiono di stimoli vitali sia nella fase produttiva, che nella interpretazione e fruizione di ciò che ne risulta.

Ho avuto la fortuna di vivere quasi un secolo in buona salute, crescendo nell’infanzia in un contesto quasi medioevale, nell’adolescenza in ambiente vittoriano, e nella vita adulta nel più avanzato progresso tecnico-scientifico cui la storia abbia assistito, offertomi da un lungo periodo di vita trascorso negli Stati Uniti, e potendo così assistere e beneficiare dello sviluppo dei trasporti, della fotografia, del telefono, della radio, della televisione, ed infine di Internet e delle tecnologie informatiche.

Cosa è l’arte

Domanda ambiziosa, cui nei millenni si è tentato ripetutamente di dare risposta. Essendo il termine ‘arte’ di significato non univoco, e indicativo di un’astrazione e non di qualcosa di concreto, diventa ancora più difficile rispondere.

Perciò ci proverò, riferendo quanto avvertii nel mezzo del cammin de la mi vita, quando colto da una necessità imperiosa di liberarmi di una sensazione perturbante, troppo intensa, che richiedeva di essere espressa e comunicata, di essere resa visibile, tracciando segni su legno, carta o tela …

Era come se una turma di demoni divini, generati dalla natura ed improvvisamente ridestati, avessero preso controllo della mia mano e la utilizzassero per manifestarsi attraverso segni grafici e combinazioni di colori. Gli artefatti che ne scaturivano non li riconoscevo come mimesi del mondo sensibile e qualsiasi attribuzione di senso, o meglio di sensazione, poteva venire solo dall’accettazione passiva della loro presenza ed azione. Le tante sensazioni di bello, orrido, sublime … tutte intensamente avvertite, coinvolgevano per via diretta i centri emotivi, bypassando ogni tentativo di riconoscimento razionale.

Mi rendo conto che il processo della produzione artistica può richiedere faticosi e complessi studi e tirocini, così come, nel mio caso, sgorgare libera dalle capacità tecniche per fluire spontaneamente dal subconscio. Il processo di interpretazione e comprensione richiede invece sempre studi approfonditi che comprendono scienza, filosofia, psicologia, sociologia, storia, e lo studio dei miti e delle religioni. E’ attraverso questo duplice percorso che ho affrontato la produzione pittorica, lasciando che i demoni si esprimessero e poi cercando di dare alle loro voci oniriche un senso, un attribuzione, ed infine un qualche valore.

I prodotti di tale attività, una volta realizzati, ho visto che poi acquisiscono voce propria, risuonando libere nelle coscienze e sensazioni di chi poi ne fruisce, arricchendo le loro vite di continui, rinnovantisi significati, chiudendo così sorprendenti cerchi di tipo uroborico.

Cosa Rappresenta la scrittura

La scrittura, nella stesura delle Memorie, ha rappresentato uno strumento per accedere al mondo della memoria, sia attuale, da me vissuta, che archetipica, da me inconsciamente accumulata o residente nel patrimonio genetico. Ho lasciato che le dita battessero i tasti senza cercare di guidarli, senza programmare il ‘da dire’, senza scalette prestabilite; cercando di comporre come quando mi trovo di fronte all’esecuzione di un quadro, in cui concedo che le memorie stimolate fluiscano liberamente e le immagini si rivelino spontaneamente, intervenendo solo per cancellare inevitabili ripetizioni o errori grammaticali o sintattici. Ho cercato cioè di impiegare la scrittura come uno strumento artistico e non come uno strumento di registrazione e conservazione di dati o conoscenze, per realizzare un approccio più poetico che prosaico; ed ottenere un avvicinamento del testo più all’anima, al sentire del lettore, che e non alla sua mente razionale.

Cosa ti ha insegnato la vita?

Tutto. Essa mi ha dato il meraviglioso dono non solo di percepire e conservarne la memoria, e in qualche modo di prevederne lo sviluppo. La vita mi ha fornito gli strumenti sia per acquisire i fatti e per utilizzarli, valutarne gli effetti, le conseguenze di tutto ciò che ho potuto percepire ed anche delle mie azioni. Mi ha donato, anche se non sempre lo ho utilizzato appieno, la capacità di provare non solo il gradimento del benessere fisico, ma anche la “gioia”, come compiacimento dei prodotti dell’umano pensiero e delle conseguenze del nostro agire. Mi ha insegnato inoltre a non affidarmi solamente alla ragione, ma di lasciare anche spazio ai sogni, alla revery, al fantasiren, ed insegnato infine che al mondo non siamo soli, ma sempre parte di un contesto che affonda le sue radici nel passato della nostra specie, i suoi rami e fronde nella vita degli umani presenti e si proietta potenzialmente nella nostra evoluzione futura. Non siamo corpi isolati, ma particelle di una struttura vivente legata da un patrimonio genetico comune, e l’azione continua dell’evoluzione che la rinnova per il meglio.(Speriamo!)

Cosa ha significato il libro?

“Nonno perché scrivi questo libro?” mi ha domandato la più giovane delle mie nipoti, novella psicologa.

Risposta non facile che dovrò articolare ripetendo più volte la domanda.

Perché: la prima risposta istintiva fu “perché non voglio morire” e che tutto il mio vissuto si dissolva come nebbia al sole.

Perché: cercavo di offrire a me stesso, riesumando fatti e pensieri come in un sogno, di rivivere la mia vita.

Perché: Per offrire ai postumi una traccia, una documentazione di situazioni vissute, di qualcosa da me esperito, che forse essi avrebbero rincontrato e rivissuto, e la cui conoscenza sarebbe forse loro risultata utile

Perché: per fissare in maniera documentale memorie di fatti, eventi, pensieri, considerazioni, affinché una traccia di tutto ciò, oltre che nella memoria subcosciente, ancestrale, Vichiana, entrasse a far parte anche della memoria attuale, viva, Nietzschiana.

Saluti e ringraziamenti

Saluto e ringrazio con affetto tutti i lettori che hanno avuto la pazienza di giungere alla fine di questa esposizione dei “fatti miei”, che ho voluto condividere con una generazione, nelle gioie, dolori, speranze e delusioni. Ringrazio il mondo di avermi accolto e permesso di condividere in piena coscienza le sue bellezze e doni; e dato la forza di sopportare anche i dolori che abbiamo insieme condiviso e superato. E mi auguro che qualche modesta influenza positiva possa essere tratta dalla lettura di questa lunga esperienza di vita.

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