Autore originale del testo: Natasha Stefanenko
Fonte: facebook
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In questa foto indosso la cravatta rossa da pioniere — un simbolo che, per chi è cresciuto nell’URSS, rappresentava appartenenza, disciplina e ideali collettivi.
Faceva parte della nostra uniforme scolastica, ma anche di un’identità condivisa. 
Lo scatto risale ad un’epoca sovietica che oggi sembra lontana, ma che ha formato profondamente il nostro modo di pensare, di vivere, di essere.
Crescevamo in un mondo dove tutto era condiviso: i sogni, le difficoltà, le speranze. Il pioniere non era solo una figura scolastica — era un piccolo ingranaggio di un grande progetto collettivo.
Non avevamo molto, ma non ci sentivamo poveri. I giocattoli erano pochi, ma l’immaginazione era infinita. Le vacanze si passavano nei campi estivi, dove si imparava a vivere insieme.
La libertà era diversa da quella che conosciamo oggi. Non era individuale, ma collettiva. E anche se oggi vediamo i limiti di quel sistema, molti di noi portano ancora nel cuore la forza di quei valori: solidarietà, resilienza, rispetto.
Questo non è solo un ricordo.
È una finestra su un mondo che ha plasmato tante vite. E ogni volta che la guardo, mi ricordo da dove vengo — e capisco un po’ meglio dove sto andando.
P.s. Questo racconto non è una nostalgia politica, ma un ricordo personale. Il passato non si può cambiare, ma si può capire — e da lì, costruire ponti.


