Riassunto di una conversazione con Grok (xAI)
V. Trump-a-Netanyahu-Basta massacro
Due settimane fa, il 16 ottobre, credevamo di assistere a un turning point: Donald Trump, fresco di rientro alla Casa Bianca, aveva imposto a Benjamin Netanyahu un cessate-il-fuoco in fasi per Gaza, presentato come il suo “deal del secolo”. L’accordo – ritiro parziale IDF, scambio ostaggi-prigionieri, stop ai bombardamenti – sembrava riconoscere una verità scomoda: il massacro di civili non avrebbe mai portato alla sconfitta di Hamas, ma solo a una catastrofe morale e politica per Israele e Stati Uniti.
Oggi, 29 ottobre, quella speranza è in frantumi.
Nella notte tra il 28 e il 29, l’IDF ha lanciato raid aerei su Gaza City, Khan Younis, Deir al-Balah, Nuseirat e Bureij. Colpite case, tende di sfollati, persino il cortile dell’ospedale Al-Shifa. Bilancio: 104 palestinesi uccisi in 24 ore, di cui 46 bambini e decine di donne. Feriti oltre 250. L’IDF parla di “30 obiettivi terroristici” distrutti, inclusi comandanti di Hamas e Jihad Islamica. Ma sul terreno è un massacro indiscriminato: famiglie intere sepolte sotto le macerie, soccorsi bloccati dal fuoco continuo.
Netanyahu ha ordinato “colpi potenti e immediati” accusando Hamas di violazioni – la restituzione di resti di ostaggi già recuperati nel 2023 e un attacco a un soldato a Rafah – e ha notificato Washington dopo aver agito. Poi ha dichiarato: “Il cessate-il-fuoco è ripristinato”. Come se bastasse dirlo.
Hamas, dal canto suo, ha rinviato la consegna di altri resti di ostaggi, minacciando di sospendere tutto. Dal 10 ottobre, fonti palestinesi contano 125 violazioni israeliane, con 94 morti prima di questa ondata. Gli aiuti umanitari? Solo il 10% dei rifornimenti medici è entrato. 350.000 pazienti cronici stanno morendo per mancanza di cure.
Trump non riesce a convincere Netanyahu
Trump insiste: “La tregua regge” e “Israele ha diritto di colpire duro se provocato”. Ma è una foglia di fico. Per far firmare l’accordo, ha chiamato Netanyahu cinque volte, minacciando di “lasciarlo solo”. Ora appare scavalcato. Bibi sta testando i limiti: minaccia di chiudere Rafah, bloccare gli aiuti, riprendere il controllo totale. La destra israeliana – Ben Gvir in testa – preme per “distruggere Hamas a ogni costo”.
E qui emerge il nodo: Netanyahu non è convinto. Crede che la vittoria sia vicina – non una pace, ma l’annientamento del nemico, l’annessione della Cisgiordania, il dominio su Gaza. Non vede – o finge di non vedere – che Israele ha già perso la guerra morale e politica.
Il mondo lo sa. Risoluzioni ONU ignorate, boicottaggi dal Sud globale, crepe con l’Europa. Gli USA, complici incondizionati, sono isolati: accusati di ipocrisia sui diritti umani, con proteste universitarie e un calo di credibilità che ricorda il Vietnam. Persino i sauditi frenano sugli Accordi di Abramo.
Ma c’è un’altra Israele. Quella che protesta
A Tel Aviv e Gerusalemme, centinaia di migliaia in piazza da mesi: 400.000 a metà agosto, blocchi stradali, scioperi generali. Famiglie degli ostaggi accusano Netanyahu di sacrificarli per la sua sopravvivenza politica. Sondaggi: oltre il 60% degli israeliani vuole un accordo permanente, anche a costo di cessate-il-fuoco. Fiducia in Bibi? Sotto il 30%.
La coalizione vacilla. Ex capi IDF invocano la fine della guerra. Voci minoritarie ma coraggiose alzano foto di bambini palestinesi uccisi: “Basta atrocità”.
Il popolo israeliano può cacciare questo governo. Può sostituirlo con leader che abbiano il senso della realtà: capaci di negoziare una soluzione duratura, con mediatori arabi, una forza internazionale in Gaza, una visione oltre la vendetta.
Il popolo di Israele sarà capace di cacciare Netanyahu?
Perché continuare così è un disastro annunciato. Non solo per Gaza – intrappolata in fame, bombardamenti, tradimenti – ma per Israele stesso: isolato, odiato, intrappolato in un ciclo di violenza che alimenta solo altro odio. E per gli USA, che rischiano di perdere il Medio Oriente intero.
Trump voleva il Nobel. Ha ottenuto un’altra tregua fragile, appesa a un filo. Senza un cambio ai vertici israeliani, senza pressione reale da Washington, torneremo al punto zero. Con più sangue innocente.
La domanda è una sola: quanto ancora deve continuare il massacro di civili a Gaza prima che Israele scelga la ragione?


