di Alfredo Morganti – 1 settembre 2015
Leggevo poco fa su FB del panico che avrebbe colto i ‘comunisti’ (della DDR) dinanzi ai dati Istat e all’aumento dell’occupazione dello zero virgola. O forse alla diminuzione del tasso di disoccupazione del medesimo zero virgola. Sono gli stessi che, se tu fai una scissione e ti porti dietro il 10% dell’elettorato, ti dicono che sei forza minoritaria, mentre un aumento zero virgola gli fa primavera piddina come le rondini di una volta. Siccome queste notizie vengono rilanciate dopo aver letto al massimo il tweet dell’Istat, ed è già molto in termini di approfondimento, proverei ad ampliare un po’ il quadro dei dati forniti dall’Istat, fornendo qualche dettaglio significativo al quadro confuso di numeretti e tabelle che ci assale, ormai, a ogni fine mese.
Secondo i dati Istat, ancora provvisori e non destagionalizzati, nel secondo trimestre 2015 crescono gli occupati (0,8% in un anno), ma secondo questa linea generazionale: calano gli occupati tra i 15-34enni (-2,2%) e 35-49enni (-1,1%), mentre crescono soltanto tra gli over 50enni (+5,8%). Il contributo più grande all’incremento occupazionale sarebbe dato dunque dai ‘vecchi’, anche perché la difficoltà di andare in pensione gonfia questo ultimo segmento anagrafico e lo rende preponderante nel computo dei dati occupazionali. Come scrive l’Istat nel II rapporto trimestrale, la crescita dell’occupazione ‘vecchia’ e la diminuzione di quella giovane avviene “anche a motivo delle mancate uscite dal lavoro generate dall’inasprimento dei requisiti per accedere alla pensione”. Insomma, grazie Fornero, dovrebbero dire a Palazzo Chigi.
Questo dato dell’occupazione, peraltro, va letto in parallelo alla crescita degli inattivi: nel solo mese di luglio (quello in cui ci sarebbe stato il ‘balzo’ occupazionale) essi aumentano dello 0,7% (circa 100mila persone inattive, in special modo donne!). Ora, siccome il tasso di disoccupazione deriva dal rapporto tra disoccupati e forza lavoro complessiva (con l’esclusione dunque proprio degli inattivi) moltiplicato per cento, se crescono gli inattivi quel tasso diminuisce matematicamente, ancor prima che socialmente. È anche una questione intuitiva: se cresce la popolazione che si dichiara inattiva, si riduce il numero di disoccupati e migliora, di conseguenza, il tasso di disoccupazione. Lo scrive anche Repubblica.it a commento dei dati Istat: “Il netto calo della disoccupazione di luglio si spiega anche con l’assottigliarsi della forza lavoro”.
Dopo di che diciamo che la DDR era famosa per lo stato di polizia e per il controllo totale della propaganda (leggi oggi: comunicazione), più che per le Trabant. E che dietro questo uso propagandistico, esagerato degli zero virgola (videomessaggi, sarcasmo e quant’altro), vedo più la solita propaganda (leggi comunicazione) che una triste sfilata di povere Trabant (500 FCA).