Lino Toffolo dice, alla vista di alcuni crociati massacrati dalla soldataglia eretica del vescovo Spadone abate di Resina: “Beati noi, ce sèmo rimasti vivi!”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Franco Cardini
Fonte: Minima Cardiniana

IN MEMORIAM

È una rubrica mesta, che pubblico malvolentieri: ma che purtroppo è doverosa. Anzi, mi scuso per le sue lacune. In Brancaleone alle crociate, capolavoro come sapete di altissima cultura (e non scherzo), Lino Toffolo dice, alla vista di alcuni crociati massacrati dalla soldataglia eretica del vescovo Spadone abate di Resina: “Beati noi, ce sèmo rimasti vivi!”. È una considerazione pateticamente miserabile, degna della nostra condizione umana: una volta almeno nella vita l’abbiamo fatta tutti. Ma sappiamo che come consolazione non serve a un granché: e a volte non è vero nemmeno nell’immediato.
Quando si diventa vecchi (e, parafrasando Totò, dall’alto dei miei settantanove anni posso dire che io “lo divenni”), la scomparsa di personalità pubbliche o di amici personali ci lascia sempre più con la sensazione di trovarsi ogni giorno più solo al mondo. Non è allegra, la consapevolezza di essere dei superstiti. Quando se ne sono andati Umberto Eco, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Mario Monicelli, Alberto Sordi, Nino Manfredi, ho avuto la sensazione (che nel primo e nel terzo caso corrispondeva anche a una verità effettiva sul piano personale) che se ne andassero degli amici, e con loro il mondo ch’era stato mio, e che ormai ero un sopravvissuto. Per non parlare dei Maestri, di quelli grazie ai quali sono quello che sono e non è colpa loro se sono soltanto quello: Ernesto Sestan, Delio Cantimori, Eugenio Garin, Jacques Le Goff, Joshua Prawer, Giorgio Spini, Sergio Bertelli, Giuseppe Galasso, per non dire Attilio Mordini, Marco Tangheroni e Michele Piccirillo, alla morte dei quali non riesco ancora a rassegnarmi… Di Mariangela Melato solo a ricordarla mi si stringe il cuore: i suoi occhi sono davvero, come diceva Kipling, “Una luce che si spense”. E ovviamente non parlo dei genitori e dei parenti: quelli sono un capitolo doloroso a parte.
Ma almeno di certi studiosi ch’erano per giunta amici cari avrei dovuto parlare ogni volta che se ne andavano. Ho perduto spesso quest’occasione: ad esempio per Emanuele Severino, grande Maestro. E, fra coloro che magari sono stati noti solo a un gruppo – peraltro ampio e qualificato – di persone, ma che per me sono indimenticabili e insostituibili, Anna Barsanti: finissima storica dell’arte, amica delicata e piacevolissima, eccellente direttrice della succursale fiorentina del Middlebury College, Vermont, un’Università del New England alla quale debbo molte straordinarie estati passate tra 1978 e 1984 all’ombra delle Appalachian Mountains.
Qualche giorno fa è deceduto ottantaduenne, dopo una lunghissima malattia, l’amico Giovanni Cantoni, fondatore di “Alleanza Cattolica”: un gruppo al quale non ho mai appartenuto, rispetto al quale ho conservato una dissidenza su vari argomenti, ma che ho seguito da vicino anche per la presenza, finché è vissuto, di Marco Tangheroni. Ho conosciuto Giovanni grazie ad Attilio Mordini ed egli è stato per me un caro amico. Purtroppo, come appunto con i cari amici spesso accade, non gli ho mai reso un’ultima visita durante la sua vita. Mi è capitato anche con un amico fraterno, Neri Capponi, che pure negli ultimi tempi della sua esistenza mi aveva invitato insistentemente ad andarlo a trovare e l’avevo promesso, e volevo farlo… e non mi perdonerò mai di aver mancato a quella promessa. Ma succede: a me è successo troppe volte. Non sono riuscito a dare l’ultimo saluto né ad Attilio, né a Michele, né a Marco, né a Giovanni. Non ci riuscii neppure con mio nipote Enrico, ma lui aveva più o meno vent’anni e morì per un malaugurato incidente. Del resto – e spero che quanto sto per dire non suoni irridente né offensivo per nessuno: lo capirà chi ha animali domestici – ero lontano anche quando nel 1998 se ne andò il mio vecchio gatto Cagliostro che da quindici anni mi faceva compagnia e resta uno dei migliori e più cari amici che abbia mai avuto.
Per quanto riguarda Giovanni Cantoni, rimedierò: avrei dovuto pubblicare già questa settimana un suo adeguato ricordo, ma per motivi banalmente tecnici non ho potuto farlo. Rimedierò, a Dio piacendo, la settimana prossima.

 
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