L’Italia fuori d’Italia e dentro i media nostrani

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

L’Italia fuori d’Italia e dentro i media nostrani

L’Italia in Occidente ha fatto da battistrada. O da cavia, scegliete voi. Siamo stati i primi al mondo, dopo la Cina, ad affrontare l’epidemia con strumenti talvolta inediti, che hanno prodotto comportamenti inediti anch’essi. Ci hanno studiato, ci hanno messo alla prova, hanno rubato i protocolli e le scelte che via via adottavamo e, così, sperimentavamo a uso di tutti. Siamo stati utili al mondo, evitando errori e promuovendo soluzioni. Il nostro esempio è servito ai governi a convincere i cittadini della bontà del lockdown (hard o soft che fosse).

La nostra immagine nel mondo è cresciuta, perché chi più chi meno ha riconosciuto quanto fosse difficile e preoccupante essere i primi a sporgersi sull’abisso. Il nostro orgoglio dovrebbe essere quello di essere stati di aiuto agli altri, aver contribuito a salvare vite umane, aver consentito alla umanità attorno di commisurare meglio le soluzioni al problema.

A leggere la stampa nostrana, come dico da un po’, sembriamo invece una banda di sciagurati. Il governo è spacciato come una congrega di arruffoni, disordinati e casinisti allo sbando. Prendete la cosiddetta ‘fase due’. Letteralmente non è nemmeno cominciata, ma anche stavolta è fallita in anticipo, caratterizzata da problemi interpretativi, da linee guida poco chiare, da problemi legati a parenti e congiunti. Il governo sembrerebbe già pronto a fare marcia indietro ove il senso manifesto fosse quello del fallimento.

L’amplificazione delle critiche da social è la base su sui si costruiscono gli articoli e i servizi: a dimostrazione che la crisi della carta stampata ha la forma della più totale dipendenza dalla rete, come se il Paese reale fosse troppo distante, come se ci si accontentasse dell’immagine che ne ridanno i social, come se costasse troppo mettere gli stivali a terra e si puntasse solo sui droni social. O non si fosse in grado di intercettarlo davvero questo Paese. O non interessasse affatto.

Io credo che il governo abbia fatto il suo. Gli italiani altrettanto. E così gli operatori sanitari e i lavoratori dei servizi, a partire dai più umili e malpagati, e dunque più sfruttati. E abbiano fatto il loro le persone semplici che hanno accettato il lockdown senza lagne. La classe dirigente è apparsa (e appare) invece aggressiva, coagulata sugli interessi dei potenti, pronta a sobillare e sovvertire lo stato di cose, se servisse. Due Italie diverse tra loro. Che abbiamo un problema di classi dirigenti, d’altronde, lo si sapeva. Nulla di nuovo sotto il sole.

Ma il vero tarlo è stata l’informazione, che non sa più narrare il Paese a nessun livello. Non getta sguardi verso la realtà, ma sembra più concentrata sui rapporti di potere e sugli interessi di gruppo. Non mi meraviglio che i giornali non si vendano più. Mi spiace, ma ognuno paga il fio della propria crisi o della propria inadeguatezza. A quando, mi chiedo, un’informazione capace di essere parte del rinnovamento italiano, invece di essere uno stralunato strumento dei potenti? Ecco il punto.

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