Massimo Cacciari: Basta chiedere alla destra di abiurare. Richiamare l’antifascismo non può sostituire un programma politico

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Paolo Griseri
Fonte: La stampa

Massimo Cacciari: «Basta chiedere alla destra di abiurare. Richiamare l’antifascismo non può sostituire un programma politico. È un valore fondante della Costituzione ma messe le fondamenta bisogna costruire»

Massimo Cacciari avverte: «Basta chiedere abiure e pentimenti. Così rischiamo che l’antifascismo diventi una foglia di fico per coprire la mancanza di proposte politiche sull’oggi»

Professore, 80 anni dopo c’è ancora chi non riesce a dirsi antifascista. Perché?
«Ottant’anni dopo siamo ancora qui a non capire. In teoria con il passare del tempo il giudizio dovrebbe diventare più semplice. Sono state scritte tonnellate di saggi documentati e autorevoli sul fascismo e l’antifascismo e sui totalitarismi del Novecento. In teoria non dovrebbe essere difficile capire che cosa è stato il fascismo e quali furono le ragioni della Resistenza».

Perché allora?
«Perché richiamarsi all’antifascismo non basta. L’antifascismo è il valore fondante della nostra Costituzione. Ma una volta messe le fondamenta bisogna costruire una casa che sta in piedi. La nostra invece scricchiola, è sbilenca».

L’antifascismo non è una politica?
«L’antifascismo non è immediatamente un programma politico. Soprattutto non può sostituirlo, non può diventare una foglia di fico per coprire la vuotaggine delle proposte sull’oggi. Lei guardi gli altri Paesi europei. Trova Paesi in cui, ancor oggi, i partiti si dividono in base all’antifascismo?».

Beh ci sono Paesi europei in cui le posizioni fasciste stanno prendendo piede anche più che da noi…
«Ah certo. A Est dell’Europa ci sono partiti esplicitamente nazisti. Sono dei pazzi, una patologia».

Ottant’anni dopo però non è tanto normale che la presidente del Consiglio italiana non riesca a dire di essere antifascista. Non trova?
«Trovo che dovremmo smetterla tutti quanti di chiedere pentimenti. Io non so come reagirei se mi chiedessero di dichiararmi anticomunista».

Allora glielo chiedo io: perché lei non si dichiara anticomunista?
«Ecco vede? Nella mia vita avrò detto e fatto delle scemenze, come tutti. Ma non sono responsabile dei lager di Stalin, non sento di dovermi pentire per quell’abominio. Così come Giorgia Meloni non è responsabile delle leggi razziali, non si può chiedergliene conto. Se non altro per una questione generazionale. Dobbiamo smetterla con la categoria del pentimento che purtroppo è invece alla base dei giudizi politici e non solo in Italia. Perché da noi basta pentirsi per cambiare status. Anche nella giustizia è così. Sei stato un terrorista? Se ti penti hai una pena più lieve».

Beh, i pentiti sono stati utili nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata…
«È giusto che chi ha collaborato a smantellare un’organizzazione criminale venga premiato. Ma è assurdo che abbia sconti di pena chi si pente per il solo fatto di aver ripudiato il suo passato. Questa storia del pentimento salvifico è molto italiana e molto dannosa. C’è sempre qualcuno che ci deve dare l’assoluzione. I protagonisti della politica si giudicano sulle scelte politiche di oggi, non sui loro pentimenti».

È però un fatto che l’antifascismo è il fondamento della nostra Costituzione…
«Certo, ci mancherebbe. Abbiamo una Costituzione bellissima perché è una Costituzione programmatica che si fonda sull’antifascismo e guarda avanti: promette la riduzione delle diseguaglianze sociali, il rispetto dei diritti delle persone, il ripudio della guerra come strumento per risolvere le controversie tra i popoli. Le pare che stiamo rispettando questo programma? Per questo dico che fermarsi all’antifascismo e chiedere abiure generazionali è un modo per non parlare di oggi, la foglia di fico appunto».

Che cosa imporrebbe di fare oggi la Costituzione antifascista?
«Per esempio di trovare una soluzione di pace invece di alimentare le guerre. L’opposizione al nazifascismo fu anche opposizione a ideologie che avevano la guerra come programma e l’annientamento dei popoli come pratica. Non mi pare che stiamo andando in questa direzione. L’unico che continua ostinatamente a sostenerlo è il Papa, una delle poche teste lucide rimaste. La sua dichiarazione sul fatto che stiamo vivendo una Terza guerra mondiale a pezzi è la definizione più calzante di quanto sta accadendo”.

Come dovremmo scongiurare questa guerra mondiale a pezzi, secondo lei?
“Intanto accorgendocene. Noi continuiamo a vivere nella beata illusione di essere al centro del mondo. Non è così, non è più così. I Paesi emergenti, i cosiddetti Brics, stanno unendo le forze. Stanno diventando loro il centro del mondo mentre noi continuiamo sulla nostra strada lasciando che si moltiplichino le contraddizioni che fanno da detonatore a nuove guerre».

A proposito di guerre: mai come quest’anno il conflitto tra israeliani e palestinesi ha pesato nelle celebrazioni del 25 aprile. Come giudica le aggressioni alla Brigata ebraica?
«Una tragedia nella tragedia. Ma come si fa a non vedere che i nemici da combattere sono due, Hamas e Netanyau? Gli studenti che sfilano per la Palestina dovrebbero manifestare insieme alla Brigata ebraica per cacciare i terroristi di Hamas e i responsabili della strage a Gaza. Questa è l’unica condizione per garantire la sicurezza a Israele e uno stato ai palestinesi. E’ da pazzi non capirlo».

Professore, come ha trascorso questo 25 aprile?
«Studiando. Devo preparare un saggio su Kafka. Studio istruttivo in questo periodo. Kafka, come Musil, aveva avvertito sui rischi degli equivoci, delle illusioni. Le società che si illudono finiscono in rovina».

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