Fonte: politicaPrima
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di Giangiuseppe Gattuso – 01 novembre 2015
Lo so che c’è l’imprevedibile, e a volte può capitare che qualcosa succeda nonostante si faccia prevenzione. Ma non è questo il caso.
Qui siamo di fronte alla sublimazione dall’ignominia, alla certificazione dell’incapacità delle istituzioni e di chi vi è a capo. Siano essi eletti, come nel caso del sindaco di Messina, il buon Renato Accorinti famoso per le sue battaglie ambientaliste e le magliette colorate “no ponte”, “free Tibet” etc.. E siano i tanti responsabili di organismi operativi e di società addette alla fornitura di servizi essenziali come l’acqua.
Il dato inaccettabile per qualsiasi comunità, anche la più disastrata, è quello di avere consentito che una città importante come Messina rimanesse senz’acqua per oltre una settimana. Circa 250.000 cittadini, ivi compresi scuole e ospedali, abbandonati a se stessi. Autobotti e navi cisterna a fronteggiare una situazione d’emergenza incivile e ingiustificabile.
E con le autorità regionali e nazionali sostanzialmente assenti. C’è voluto, nientemeno, l’intervento sui social network di Rosario Fiorello per portare all’attenzione nazionale il dramma dei cittadini messinesi. Otto giorni. Otto lunghi giorni senza avere la possibilità di utilizzare i servizi sanitari. Una follia.
Ora la riparazione del tubo dall’acquedotto Fiumefreddo, travolto dall’ennesima frana, ha consentito di immettere acqua nelle rete idrica cittadina ma non tutti i quartieri ancora possono usufruire del prezioso liquido dai rubinetti. E intanto la frana continua a muoversi e il tubo potrebbe ancora rompersi.
Ma ciò che appare incredibile è la fragilità del sistema di gestione delle emergenze. Di ogni tipo. Gli esempio non si contano e il caso Messina è emblematico. Pensate che si sono persi più di due giorni solo per superare un problema “burocratico” relativo all’accesso all’area dove si era verificata la rottura del tubo. Sembra una barzelletta se non fosse una triste realtà. Mentre i vertici regionali, invece, erano impegnati a varare il quarto governo Crocetta. Una vergogna che ha fatto dimenticare ai siciliani le nefandezze di qualsiasi altro governo del passato. Una responsabilità che le forze politiche di maggioranza hanno tutta per intero e di ciò risponderanno ai siciliani.
Ma la questione di come affrontare le emergenze non è nuova. Il Servizio Nazionale della Protezione Civile, nato con la legge n. 225 del 1992, ha proprio il compito di “tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e altri eventi calamitosi”. E da prima ancora il dibattito era incentrato nell’individuare meccanismi operativi di pronto intervento al punto che già nel 1981, Presidente del Consiglio Spadolini, fu nominato ministro per la Protezione Civile Giuseppe Zamberletti, ritenuto il fondatore della moderna protezione civile italiana.
Ma non basta. Le cose si sono ulteriormente complicate e la capacità d’intervento ha subito forti limitazioni e rallentato la capacità d’azione e d’intervento. Con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
Per questo è necessario porre al più presto rimedio. Quando si verifica un’emergenza si deve intervenire. Bisogna avere la possibilità di superare le “normali” procedure amministrative, i permessi, le autorizzazioni, i tempi burocratici.
Altrimenti si verificheranno altre vergogne come l’acqua di Messina. O l’altra ignominia dell’autostrada Palermo Catania, l’A19, interrotta da una frana decennale che ha travolto una corsia del viadotto Himera. E se si riuscirà a realizzare la bretella di bypass nei tempi previsti saranno passati oltre sette mesi.
Un periodo di tempo lunghissimo e oltre ogni limite umano. Nel quale i viaggiatori hanno dovuto sobbarcarsi deviazioni e percorsi improbabili e una vecchia regia “trazzera” è diventata una valida alternativa. E un’ignobile terreno di pregiudizio e scontro politico. La Politica e i difensori della legalità, facciano lo loro parte, se ne sono capaci.