di Alfredo Morganti da Facebook
Dal 26 maggio riflettere approfonditamente sulle cose politiche, senza cedere alla propaganda, appare a molti come una cosa sconclusionata, perdente, incapace di cogliere la novità, il ‘nuovo’ appunto: ossia che il PD c’è, è unito, vince e stravince, incarna i volti di tanti giovani di belle speranze, nonché quelli di alcuni anziani a cui non pare vero di scorgere un carro del vincitore nei paraggi. Pur tuttavia, resto una vecchia ‘pellaccia’ dicevo ieri, e se non mi fa fatica riconoscere il trionfo renziano, fare i complimenti al premier (che è il vero vincitore della contesa), augurargli buona fortuna, nello stesso tempo vorrei lasciare acceso il cervello, rischiando di mio per l’esposizione in pubblico di alcune idee.
Con Renzi la politica acquista in perfomance, diviene un’azione performativa, regolata sul tempo brevissimo e sul corto respiro, che vuole risultati da oggi al domani, che non sposta nulla in termini di prospettiva ma appare efficace subito, e tutto meno che una vaga promessa da ‘politico’. Non c’è sguardo sul tempo medio, non c’è pianificazione di scelte e gesti, tutto è scorciato nell’ossessione di mostrare effetti istantanei, ‘adesso!’ appunto. Pochi hanno capito che quello slogan renziano significava questo: non vi aspettate la terra promessa, non vi aspettate che io alzi uno sguardo vago in lontananza. Io non intendo ‘trasformare’ alcunché, io al massimo sono operativo ed efficace sul tempo brevissimo. Una riedizione del ‘Fatto!’ di berlusconiana memoria: entrambi, Renzi e l’ex Cav., sposano la medesima filosofia del ‘fare’, che fa molta presa sul ceto medio meno politicizzato (più disabituato ai tempi medi dei ‘politici’ e del riformismo effettivo, e più incline al cotto e mangiato) e su chi non vuole cambiamenti eccessivo, al massimo un provvedimento veloce come gli 80 euro.
Molti sono ormai propensi a ritenere il PD un ottimo ‘contenitore’ per la sinistra. A un patto, dico io. Che la sinistra abbia la forza di far pesare la propria ambizione ’trasformativa’ e non si contenti di perfomance vincenti purchessia. Che non finisca in trappola, insomma, per salire sull’omnibus comunque, anche se il percorso e il capolinea lo decidono altri, senza alcuna consultazione preventiva. Viene a mente il paragone con la DC. Che non regge se ci fermiamo ai caratteri primari di quel partito: popolarismo, specifico insediamento sociale, progetto politico di medio termine, grande attenzione alla spesa pubblica, collateralismi sindacali e associazionistici. Ma che appare azzeccato se puntiamo ai caratteri apparentemente secondari, ossia l’occupazione del centro dell’arco politico (un centro di gravità, dice Polito) con la capacità di assorbire in uno spazio oggi il meno caratterizzato possibile, pezzi di sinistra e pezzi di destra, lasciando agli altri il ruolo di estremisti, magari ‘opposti’ tra loro. Un ‘centrismo’ che non sarebbe nemmeno inedito a sinistra: vedi la SPD di Gerhard Schröder, il center of left di Blair, il clintonismo.
Il combinato disposto di azione meramente performativa, di tempi politici brevissimi e di ambizione centrista ci restituisce un’immagine del PD secondo me utile a interpretare almeno in parte questo partito così diverso dai suoi antecedenti genealogici. Laddove la sinistra non era riuscita nella sua gelosa autonomia, oggi riesce un PD che ingloba la sinistra e apre ai voti moderati e finanche di destra. Laddove la sinistra faceva paura alla classe dirigente e a ‘lor signori’ (diceva Fortebraccio) oggi il PD desta fiducia, speranza, rassicura, suscita attenzione e consenso anche negli Agnelli o in Della Valle. Il gap, la barriera tra il 25% circa del vecchio partito di sinistra e il 40% del nuovo partito né di destra né di sinistra, ma saldamente collocato in mezzo, è stata infranta il 25 maggio, rompendo argini che sarà impossibile riedificare. Siamo tutti in mare aperto, adesso! C’è chi salirà sulla nave, e chi da ‘perdente’ si contenterà di una zattera oppure vorrà testardamente farsela a nuoto. Resta il fatto che, pur in mezzo a tantissima gente che ieri nemmeno si conosceva, pur avendo già affrontato positivamente e per tempo la fine ‘del’ partito e il crollo del muro, molti di noi oggi si sentono davvero soli. Non ‘rottamati’, perché abbiamo energie intellettuali e morali che altri se le sognano. Ve lo assicuro. Ma soli sì, senz’altro.