Noi?

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 15 marzo 2017

“Noi siamo gente seria e per bene” ha detto Luca Lotti a proposito della vicenda che lo sta coinvolgendo. Lo leggiamo da un articolo di Repubblica, oggi, dedicato proprio all’affaire Consip. Personalmente non dubito pregiudizialmente e in anticipo dell’onestà delle persone, e così per il ministro Lotti. La magistratura farà il suo corso e chiarirà ogni cosa. Ho un dubbio solo, uno soltanto. E riguarda quel ‘Noi’. ‘Noi’ chi? Non paia una domanda retorica, né vuota. Il ‘noi’ è importante. Renzi ci ha costruito un bel pezzo di autocritica (anzi, di ‘riposizionamento’) al Lingotto. Quel ‘noi’ è uno dei pioli della scala che sta scalando per risalire nella considerazione dei suoi ‘compagni’, soprattutto dopo la scoppola referendaria costruita anche a furia di ‘Io’. ‘Noi’ chi, dunque? Quale sarebbe la gente seria e perbene a cui Lotti fa riferimento. Chi si celerebbe dietro quel ‘noi’ pronunciato con orgoglio?

Una volta era facile. ‘Noi’ era il partito, era la nostra gente, il nostro popolo, la classe dirigente del movimento operaio (ricordate? ‘movimento operaio’ è una parola oggi in disuso), i compagni di sezione. ‘Noi’ lo diceva anche il segretario di partito quando pronunciava discorsi, interventi, relazioni ufficiali. E non era un pluralis maiestatis, ma la forma ordinaria per dire esattamente ‘noi’, non altro. C’era un riferimento collettivo, e a quello si faceva appunto riferimento. Ognuno di noi era se stesso e aveva una propria opinione, che esprimeva nelle sedi pubbliche, ma poi si era ‘noi’. Perché non c’era uno che ci metteva la faccia, né uno che avrebbe lasciato la vita politica in caso di sconfitta. Quando si perdeva, se ne parlava assieme, si cercavano soluzioni, e si era ‘noi’ anche e soprattutto nei momenti difficili.

‘Noi’ chi, dunque? Il PD oggi è un insieme di fatti atomici, direbbe Wittgenstein. Uno sfracello di individui e clan sparsi e in tensione. Il Capo è solo quello che ci mette la faccia, sfrontatamente, esibendo il proprio Io e basta. I singoli militanti sono di questo o quel clan, questo o quel raggruppamento. I candidati alle primarie sembrano ognuno accennare a retroterra diversi, non si incontrano, se non ai faccia a faccia. Non c’è un momento collettivo, nazionale, di dibattito pubblico.Si chiamano per nome (‘Matteo’, ‘Andrea’, ‘Emiliano’), ma più perché fa friendly che altro, dato che sembrano condomini di palazzi diversi e lontani. I ‘volontari’ di base sembrano tanti Renzi pronti a rifare la sua carriera. Ho letto di un sedicenne (16enne!) che vorrebbe dire a Renzi quel che deve fare, che probabilmente interpreta la sua agognata carriera politica come un ‘metterci la faccia’, ed è comunque un individuo, pronto alla carriera, ma individuo solo e sparso.

Va a finire che, per quanto il Capo al Lingotto adesso dica ‘Noi’, quel ‘Noi’ in realtà non esista. Sia una parola con un senso grammaticale, logico, ma non abbia un significato concreto. Sia un termine vuoto, retorico, un escamotage. Sia un fantasma, uno spettro di nulla, un vuoto di referenza. Una velina, l’ennesima appunto, ‘passata’ al retroscenista di turno, al cronista di stanza al Lingotto, ai media in senso generale, in una bella operazione di marketing e di ‘riposizionamento’, che, nella speranza del ceto politico PD, dovrebbe produrre risultati ‘politici’. Ma il fatto, indubitabile, è che a fronte di una parolina (‘Noi’) non c’è più un ‘mondo’ collettivo, una comunità unita e molecolare nello stesso tempo, ma tanti raggruppamenti, spesso in lotta tra loro. E a questi raggruppamenti, unicamente, che è addebitabile un eventuale ‘Noi’. Tanti ‘noi’ gruppo, tanti ‘noi’ fazione, tanti ‘noi’ cerchio, tanti ‘noi’ atomi politici. Un po’ poco per fare un partito e per imputare, nella fattispecie, una seconda personale plurale di tale ampiezza (‘Noi’) a questo piccolo, minuto, ristretto, circoscritto insieme di fatti atomici, di ‘Io’ sparsi e sgranati che è oggi il PD.

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