di Alfredo Morganti 30 luglio 2016
Si è dapprima incartato sulla personalizzazione del referendum. Ma sia Jim Bettola (a gratis) sia Jim Messina (a pagamento) gli hanno spiegato che era una sciocchezza. Poi l’incartamento è stato sulle date. La battuta di Quagliariello sintetizza bene la situazione: “Prima sembrava che si dovesse votare a Ferragosto, usando le cabine in spiaggia come seggi. Ora si guarda a Babbo Natale. Forse fisseranno la data del referendum quando un sondaggio dirà che vince il Sì…”.
La pressione sul voto dei grandi organi di stampa, dei media e della classe dirigente, comunque, resta forte. Nonostante il terrorismo e la crisi economica. Oggi il Corsera, nella persona di Massimo Franco, ribadisce che “una bocciatura delle riforme costituzionali porrebbe problemi seri di stabilità all’interno, e di credibilità a livello internazionale. E si riaprirebbero le scommesse spregiudicate della speculazione finanziaria sul futuro del Paese”.
Quindi dobbiamo votare ‘Sì’, senza alternative, quasi si trattasse di una decisione tecnica, e il ‘Sì’ fosse l’unico esito possibile consentito, a seguito di una mero calcolo delle convenienze e delle compatibilità. Ma se le cose stanno così, perché mandarci a votare? Se non siamo liberi di scegliere in materia costituzionale, senza paure, senza minacce, senza avvisaglie, senza i memo del Corsera, perché indire un referendum? Se Renzi ha venduto le ‘riforme’ (o presunte tali) in Europa e alla sua classe dirigente emigrata in Olanda ‘senza se senza ma’, prima di farle davvero, è nostra colpa? Colpa degli elettori, dico? Come diceva Trapattoni? ‘Non dire gatto se non l’hai nel sacco’. Ecco.