Numeri, ancora numeri da jobs act

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti, 13 ottobre 2015

I giornali strombazzano la cifra: 600.000 nuovi contratti al netto della cessazioni sottoscritti da gennaio a giugno 2015, nell’epoca degli sgravi e del jobs act. Questi ‘dati Inps’ confermerebbero la ripresa. Meno male che la brava Marta Fana sul ‘manifesto’ disseziona il dato. Con una premessa: che ‘nuovi contratti’ non significa altrettanti ‘nuovi posti di lavoro’. Lo stesso individuo, difatti, può assommare in un mese molti micro contratti anche di uno o due giorni. Un unico lavoratore per molte micro-occupazioni. Tant’è vero che, tra i contratti a termine, crescono proprio i ‘ micro jobs’ e, come vedremo, proprio i contratti a termine la fanno ancora da padroni rispetto a quelli a tutele crescenti. Ma vediamo il dato ‘letto’ dalla Fana.

“Tra gennaio e agosto 2015 sono stati avviati 600.858 nuovi contratti al netto delle cessazioni intervenute nel periodo”, ma “i nuovi contratti a tempo indeterminato [sempre] al netto delle cessazioni sono 91.633”. Si tratta del 15% del totale, contro il 77% di contratti a termine e il 7% di semplice apprendistato. Con la dovuta precisazione, ovviamente, che i contratti a tutele crescenti ‘producono’ dei neoassunti, per i quali non vale più l’art. 18. Ne consegue che si tratta di ‘diversamente precari’ che, sì, possono contrarre mutui, come dice sempre Renzi, bontà sua, ma non sanno se potranno effettivamente pagarli nel tempo a venire (possono essere licenziati, difatti, dietro vaghissimo indennizzo). Non è un caso che le banche, spesso, chiedano loro anche le buste paga di nonni e genitori. Non è un caso.

Va anche detto che il 40% delle nuove assunzioni a tempo indeterminato sono contratti part time. E ciò indebolisce ancor più il già debole dato iniziale. “Il precariato gode di ottima salute”, insomma, ne conclude Marta Fana e ne ha ben donde. E se fosse vero che questi dati esprimono la ‘ripresa’, come dice Repubblica.it, e sono “la svolta buona”, come bombarda mediaticamente da mesi Palazzo Chigi, si tratterebbe davvero di una ripresina, ma molto ‘ina-ina’. Per di più ottenuta con la droga di sgravi fiscali che, da parte imprenditoriale, sarebbe da sciocchi non utilizzare: 8.000 euro circa (medi) di paga per i nuovi assunti, circa un terzo annuo dello stipendio, sono soldi del contribuente, per una quota che allo stato attuale corrisponde a circa a 2 miliardi di euro! Suddivisi per i 91 mila nuovi contratti extra-stabilizzazioni, si tratta di “quasi ventimila euro per ciascun nuovo contratto a tempo indeterminato”, conclude Fana. In pratica un anno di contratto è pagato col denaro pubblico. Il governo sfama formiche con un pasto da elefante e gli imprenditori assumono coraggiosamente coi soldi degli altri (e al netto delle tutele). Ecco la sintesi.

Disoccupati 1809

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