Padri costituenti

per Gian Franco Ferraris

di Antonio Napoletano – 11 luglio 2014

Se per involontaria ammissione – come leggo sull’Unità – il Calderoli della ‘porcata’ è:<< uno dei dominus della riforma>> del Senato, testè licenziata con largo voto dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato, è altrettanto ovvio che ci può stare anche quanto faceva sapere, a ridosso di detta votazione, quel fido palafreniere del cavaliere scavallato, il Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia alla camera alta.
Sostiene Romani, con quell’aria da tranquillo ed elegante signore che si coltiva: <<dentro un percorso di pacificazione nazionale ci sta anche la grazia>>.
Eh già, il condannato Silvio Berlusconi, per indefessa volontà di Matteo Renzi&Associati, alla fine della fiera, potrà ben considerarsi un Padre Costituente e, quindi, passare all’incasso. Anche perché come si argomenta sull’Unità:<<la recente assoluzione di Confalonieri e Piersilvio nel processo Mediatrade ha convinto Berlusconi che l’assedio giudiziario può finire, o almeno attenuarsi>>.
E questo mentre sono in corso processi e inchieste infamanti.
L’intoccabile, politicamente parlando, al contrario è stato rimesso in gioco.
Incontrandolo ripetutamente. Riconoscendogli un ruolo insostenibile, facendo appello a una realpolitik del tutto irrealistica, imposta con strappi e ricatti, prima di tutto al ‘suo’ partito, nel silenzio assordante delle minoranze, incapaci di qualsiasi distinzione se non proprio di rigetto di questa indecente collusione.
Sicché, a questo punto e ancora una volta – nell’assenza di una limpida linea di cambiamento e di riforma – l’obbrobrio delle molte modifiche costituzionali concordate e votate finora con il patto del Nazzareno, il processo di ‘riforma’ appare appeso e dipendente alle sorti giudiziarie di Silvio Berlusconi.
Da qui, i suoi sodali&impiegati, dopo un’iniziale avvertenza ricattatoria soavemente e ripetutamente ventilata dallo stesso Romani in formato difensore dell’elezione diretta del nuovo Senato, si è passati al secondo incontro al Nazzareno e, quindi, a un repentino, quanto oscuro, riallineamento dei due proconsoli e riformatori.
E ora, conclusa la maratona della Commissione Affari Costituzionali, con tanto di espulsioni e di unanimismi di renziani e diversamente renziani, il gioco ricomincia.
Anche perché il passaggio in aula è sempre delicato e l’allargamento, anche se formale, ai pentastellati della trattativa potrebbe far nascere qualche brutta (ma improbabile) sorpresa.
Romani, insomma, tasta il terreno e manda avvertimenti, chiarisce l’obiettivo del suo capo e padrone, e per questo va sproloquiando di una “pacificazione nazionale”, in netta e ribadita ‘coerenza’ con la notoria teoria del complotto politico-giudiziario, causa della rovinosa caduta del cavaliere scavallato.
E’ il vecchio del ‘nuovo’ che avanza.

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