Un occhio sulle elezioni americane. Tra il candidato abortista (Kamala Harris) e l’altro anti migranti (Donald Trump) «ognuno scelga in coscienza il male minore». Il cuore a Gaza: «Non trovo che si facciano passi avanti per la pace. È molto brutto vedere i bambini uccisi». E il pensiero alla Cina: «Sono contento dell’accordo per la nomina dei vescovi e vorrei andarvi».
Come di consueto la conferenza stampa di Francesco sul volo di ritorno a Roma dopo i suoi viaggi apostolici, si trasforma in uno sguardo geopolitico a 360 gradi. Con l’aggiunta delle impressioni di viaggio sulle terre e le comunità visitate; e temi purtroppo sempre attuali come gli abusi, definiti «demoniaci» e comunque mai da coprire, anche quando coinvolgono personaggi di spicco del mondo cattolico.
da La Stampa
Papa Francesco: “Tra Harris e Trump? Ognuno scelga il male minore. Entrambi sono contro la vita”
Il Pontefice è atterrato a Roma dopo un viaggio di 12 giorni in Asia e Oceania. Bergoglio condanna duramente l’aborto e i respingimenti dei migranti. Sul Medio Oriente: «Gaza? Si dice guerra difensiva, ma è troppo. Non si fanno passi per la pace»
Francesco interviene sulle elezioni Usa: «Tra Harris e Trump? Ognuno scelga il male minore, ambedue sono contro la vita». Il riferimento è all’aborto e ai respingimenti dei migranti, che il Papa condanna nettamente e duramente. Il Pontefice lo afferma sul volo che da Singapore lo riporta a Roma alla fine del viaggio più lungo del pontificato, 12 giorni in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e la Città-Stato. Il Vescovo di Roma parla anche del conflitto in Medio Oriente e della tragedia dei civili ammazzati: «Guerra a Gaza? È troppo! Non si fanno passi per la pace». Mentre su Pechino e la collaborazione per la riconciliazione dice: «La Cina per me è un’illusione, mi piacerebbe tanto andarci. Quel grande Paese è una speranza e una promessa per la Chiesa. L’accordo sulla nomina dei vescovi? Il risultato è buono».
Santità, in vista delle prossime elezioni negli Stati Uniti quale consiglio può dare a un elettore cattolico che deve decidere tra un candidato favorevole alla interruzione di gravidanza e un altro che vorrebbe deportare 11 milioni di migranti?
«Ambedue sono contro la vita, sia quello che butta via i migranti, sia quello che uccide i bambini. Io non sono statunitense, non andrò a votare lì. Ma sia chiaro: sia non dare ai migranti la possibilità di lavorare, non dare ai migranti accoglienza, è peccato e grave. Nell’Antico Testamento c’è un ritornello: l’orfano, la vedova e lo straniero, cioè il migrante. Sono i tre che il popolo di Israele deve custodire. Chi non custodisce il migrante manca, commette un peccato, un peccato anche contro la vita e con la gente. Io sono stato a celebrare Messa alla frontiera, vicino alla diocesi di El Paso. C’erano tante scarpe dei migranti, sono finiti male lì. Oggi c’è una corrente di migrazione dentro l’America centrale, tante volte vengono trattati come schiavi. La migrazione è un diritto che già nella Sacra Scrittura, nell’Antico Testamento. Lo straniero, l’orfano e la vedova, non dimenticare quello. Poi, l’aborto. La scienza dice che al mese dal concepimento ci sono tutti gli organi di un essere umano. Tutti. Fare un aborto è uccidere un essere umano. Ti piace la parola o non ti piace, ma è uccidere. La Chiesa non è chiusa perché non permette l’aborto, la Chiesa non permette l’aborto perché uccide. È un assassinio, è un assassinio! E su questo dobbiamo avere le idee chiare: mandare via i migranti, non lasciarli sviluppare, non lasciarli che abbiano una vita è una cosa brutta, è cattiveria. Mandare via un bambino dal seno della mamma è un assassinio. E su queste cose dobbiamo parlare chiaro. Niente “ma, però”, ambe le cose sono chiare».
Secondo lei ci possono essere circostanze in cui è moralmente ammissibile votare per un candidato favorevole all’interruzione della vita?
«Nella morale politica, in genere, si dice che non votare è brutto, non è buono. Si deve votare. E si deve scegliere il male minore. Chi è il male minore? Quella signora o quel signore? Non so, ognuno in coscienza pensi e faccia questo».
C’è il pericolo che il conflitto di Gaza si estenda anche alla Cisgiordania. C’è stata una esplosione poche ore fa che ha causato la morte di 18 persone, tra cui alcuni operatori Onu. Quali sono i suoi sentimenti in questo momento e che cosa si sente di dire alle parti in guerra? C’è la possibilità eventualmente di una mediazione della Santa Sede per arrivare a un cessate il fuoco e all’auspicata pace?
«La Santa Sede lavora su questo. Io vi dico una cosa: tutti i giorni chiamo a Gaza, alla parrocchia di Gaza, lì dentro nel collegio ci sono seicento persone: cristiani, musulmani… ma vivono come fratelli. Mi raccontano cose brutte, cose difficili. Io non posso qualificare se questa azione di guerra sia troppo sanguinaria o no, ma, per favore, quando si vedono i corpi di bambini uccisi, quando per la presunzione che lì ci siano alcuni dei guerriglieri si bombarda una scuola, è brutto. Questo è brutto.
Delle volte si dice che è una guerra difensiva, ma alcune volte credo che sia una guerra troppo, troppo… Mi scuso di dire questo, ma non vedo che si stiano compiendo i passi per fare la pace. Per esempio a Verona ho avuto un’esperienza molto bella. Un ebreo, a cui era morta la moglie in un bombardamento, e uno di Gaza, a cui era morta la figlia, e ambedue hanno parlato della pace, si sono abbracciati, hanno dato una testimonianza di fratellanza. Fratellanza, darsi la mano. Alla fine chi vince la guerra, troverà una grande sconfitta. La guerra è sempre una sconfitta, sempre, senza eccezione. E voglio dire una cosa, questo forse è un po’ immischiarmi in politica: io ringrazio tanto, tanto, il Re della Giordania per quello che fa, è un uomo di pace. Re Hussein è un uomo bravo».
Vista la vicinanza con la Cina, che cosa pensa della pace e degli sforzi fatti da Pechino per il raggiungimento di un cessate il fuoco nelle regioni sotto i conflitti, come nella Striscia di Gaza. A luglio è stata firmata la Dichiarazione di Pechino per porre fine alle divisioni tra i palestinesi. E poi: ci sono spazi di collaborazione sulla pace tra Cina e Santa Sede? Siamo a ridosso del rinnovo dell’accordo tra Cina e Santa Sede sulle nomine dei vescovi: lei è soddisfatto dei risultati e del dialogo finora ottenuti?
«Io sono contento dei dialoghi con la Cina. Il risultato è buono. Anche per la nomina dei vescovi, si lavora con buona volontà. Ho sentito la Segreteria di Stato per sapere come vanno le cose, e sono contento. La Cina per me è un’illusione, nel senso che io vorrei visitare la Cina. È un grande Paese, io ammiro la Cina, rispetto la Cina. È un Paese di una cultura millenaria, con grande capacità di dialogo, di capirsi fra loro. Credo che la Cina sia una promessa e una speranza per la Chiesa. La collaborazione si può fare e per i conflitti certamente. Il cardinale Zuppi si muove in questo senso e anche ha rapporti con la Cina».
Lei durante questo viaggio ha parlato molto apertamente dei problemi anche di ogni Paese, non solo delle bellezze. E proprio per questo ci siamo chiesti, come mai non ha parlato del problema che a Singapore esiste ancora la condanna a morte?
«È vero, non mi è venuto in mente. La pena di morte non funziona. Lentamente dobbiamo di eliminarla, lentamente. Tanti Paesi hanno la legge, ma non eseguono la sentenza. Gli Stati Uniti è lo stesso… Ma la pena di morte va fermata, non va, non va».
Andrà in Argentina?
«È una cosa ancora non decisa. Io vorrei andare, è il mio popolo, vorrei andare, ma ancora non ho deciso. Ci sono diverse cose da risolvere prima».
Nel caso andasse, potrebbe esserci uno scalo nelle Canarie?
«Lei mi hai letto nel pensiero, eh? Io penso un po’ di andare alle Canarie, perché lì ci sono situazioni di migranti che vengono dal mare e vorrei essere vicino ai governanti e al popolo».
Lei ci sarà a Parigi per l’inaugurazione di Notre Dame a dicembre?
«Non andrò a Parigi».
In Venezuela la situazione è drammatica. In questi giorni in cui lei era in viaggio il presidente teoricamente eletto ha dovuto esiliarsi in Spagna. Che messaggio darebbe al popolo del Venezuela?
«Non ho seguito la situazione del Venezuela ma il messaggio che darò ai governanti è dialogare e fare la pace. Le dittature non servono e finiscono male, prima o dopo. Leggete la storia della Chiesa… Io chiederò che il governo e la gente facciano di tutto per trovare un cammino di pace in Venezuela. Io non riesco a dare un’opinione politica perché non conosco i dettagli. So che i vescovi hanno parlato e il messaggio dei vescovi e buono».
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In Timor Est ha menzionato giovani vittime di abusi sessuali. Ovviamente abbiamo pensato al vescovo Belo. In Francia c’è un caso simile con l’Abbè Pierre, il fondatore di Emmaus, che per diversi anni è stato eletto la personalità preferita del popolo francese. In entrambi i casi, il loro carisma ha fatto sì che fosse più difficile credere alle accuse. Che cosa sapeva il Vaticano riguardo l’Abbè Pierre? E che cosa può dire alle vittime? E a chi ha difficoltà a credere che una persona autrice di tanto bene abbia anche potuto commettere dei crimini?
«Lei hai toccato un punto molto dolente, molto delicato. È gente buona, gente che fa il bene, ha nominato l’Abbé Pierre. Con tanto bene fatto, si vede che questa persona è un peccatore brutto. E questa è la nostra condizione umana. Non dobbiamo dire: copriamo, copriamo perché non si veda. I peccati pubblici sono pubblici e vanno condannati. Per esempio l’Abbé Pierre è un uomo che ha fatto molto bene ma anche un peccatore. Noi dobbiamo parlare chiaro su queste cose, non nascondere. Sull’Abbé Pierre non so quando il Vaticano è venuto a saperlo, io non ero qui e mai mi è venuto in mente di fare una ricerca su questo; ma certamente dopo la morte, prima non so. Il lavoro contro gli abusi è qualcosa che tutti noi dobbiamo fare. Ma non solo contro gli abusi sessuali, contro ogni tipo di abuso: l’abuso sociale, l’abuso educativo, cambiare la mentalità alla gente, togliere la libertà. L’abuso è a mio giudizio una cosa demoniaca, perché ogni tipo di abuso distrugge la dignità della persona, ogni tipo di abuso cerca di distruggere quello che tutti noi siamo: immagine di Dio. Io sono contento quando vengono fuori questi casi. Alcuni anni fa abbiamo fatto un incontro con i presidenti delle conferenze episcopali sui casi di abuso sessuale e altri abusi. Abbiamo avuto una statistica molto ben fatta, credo dalle Nazioni Unite: e il 42-46% degli abusi avviene in famiglia o nel quartiere… Per finire: l’abuso sessuale dei bambini, dei minorenni, è un crimine e una vergogna».
Alcuni Paesi cominciano a distanziarsi dal loro impegno all’Accordo di Parigi per motivi economici, soprattutto in seguito alla pandemia. Che cosa ne pensa?
«Il problema climatico è grave, è molto grave. Dopo Parigi (la Cop21 del 2016), che è stato il culmine, gli incontri climatici sono in discesa. Si parla, si parla, ma non si fa. Su questo io ho parlato nei due scritti: “Laudato si’” e “Laudate Deum”».
Che cosa può imparare Singapore dagli altri tre Paesi che abbiamo visitato?
«Sempre si può imparare qualcosa. Perché ogni persona e ogni paese hanno una ricchezza diversa. Per questo è importante la fratellanza nella comunicazione. Per esempio, se io penso a Timor Est ho visto tanti bambini, a Singapore non ne ho visti tanti. Forse è una cosa da imparare… E il futuro sono i bambini, pensate quello. Ah, un’altra cosa: gli abitanti di Singapore sono simpaticissimi! Smile, smile!».
Alla fine della Messa a Taci Tolu ha richiamato l’attenzione dei timoresi sulla presenza dei coccodrilli. Che cosa voleva dire?
«Ho preso l’immagine dei coccodrilli che vengono sulla spiaggia. Timor Est ha una cultura semplice, familiare, gioiosa. È una cultura di vita: ha tanti bambini, tanti. E io quando parlavo di coccodrilli, parlavo delle idee che possono venire da fuori per rovinare questa armonia. Io sono rimasto innamorato di Timor-Leste».
A Timor Est i cattolici sono la maggioranza, ma c’è una crescita delle sette. Il termine “coccodrilli” si riferiva anche a loro?
«Può darsi. Perché tutte le religioni vanno rispettate, ma si fa una distinzione tra religione e setta. La religione è universale, qualsiasi essa sia. La setta è restrittiva, è un gruppetto che sempre ha un’altra intenzione».