Fonte: Il Fatto Quotidiano, Il Manifesto
Definirlo botta e risposta è riduttivo. Perché quello tra il governatore della Campania Vincenzo De Luca e la premier Giorgia Meloni è uno scontro durissimo, come non se ne vedevano da tempo in politica. L’oggetto del contendere è ancora l’autonomia differenziata, ma questa volta lo scambio di battute tra i due è diventato anche e soprattutto una questione personale. Leggere per credere. Nel giorno in cui l’ex sindaco di Salerno è sceso in piazza a Roma con i sindaci per manifestare contro il provvedimento del governo e dove si è addirittura scagliato contro le forze dell’ordine che non volevano farlo passare, la presidente del Consiglio ha pensato bene di attaccarlo frontalmente in maniera pesantissima. Dalla Calabria, dove si trova per la firma dell’Accordo per il Fondo sviluppo e coesione 2021-2027, la premier ha detto: “Devo ringraziare i presidenti di regione. Tutti hanno capito il senso di quello che stiamo facendo, c’è stata una enorme collaborazione, tutti sono collaborativi salvo uno che non è molto collaborativo allo stato attuale” ha detto, prima di sferrare l’attacco a De Luca: “Rispetto per carità, neanche mi stupisce troppo, se si va a guardare il ciclo di programmazione 2014-2020 risulta speso il 24% della spesa – ha sottolineato la leader del governo – se invece di fare le manifestazioni ci si mettesse a lavorare forse si potrebbe ottenere qualche risultato in più”. La reazione di De Luca? Ancora più violenta, come testimonia anche il turpiloquio davvero poco istituzionale: “Meloni? Senza soldi non si lavora. Stronza, lavori lei”.
De Luca: “Autonomia differenziata calpesta e offende il Sud” – “Schlein ha detto che autonomia penalizza il Sud? L’autonomia differenziata non penalizza il sud, lo calpesta e lo offende”. Parola di Vincenzo De Luca, che in mattinata è stato in piazza a Roma alla manifestazione con sindaci del sud contro la riforma del governo di centrodestra. Il presidente della Campania, poi, ha attaccato direttamente la premier: “Meloni deve chiedere scusa perché questi fondi erano destinati in primo luogo al Sud, e gli accordi di coesione andavano fatti innanzitutto con le regioni del sud invece che con tutte le regioni del nord. Se pensa – ha continuato – che la dignità del Sud sia in vendita si sbaglia, la manifestazione di oggi serve a ricordare a Giorgia Meloni e a tutti che la dignità del sud non è in vendita quindi chiede scusa scusa perché sta bloccando risorse essenziali per creare lavoro”.
Meloni: “De Luca lavori anziché manifestare” – Le parole di De Luca sono arrivate subito a Giorgia Meloni, in mattinata in visita in Calabria per firmare con la Regione l’accordo per lo sviluppo e la coesione. I toni? Più aggressivi di quelli dell’ex sindaco di Salerno: “Devo ringraziare i presidenti di regione sul lavoro sui fondi di coesione – ha esordito – Tutti hanno capito il senso di quello che stiamo facendo, c’è stata una enorme collaborazione, tutti sono collaborativi salvo uno che non è molto collaborativo allo stato attuale. Rispetto per carità – ha accusato – neanche mi stupisce troppo, se si va a guardare il ciclo di programmazione 2014–2020 risulta speso il 24% della spesa, se invece di fare le manifestazioni ci si mettese a lavorare forse si potrebbe ottenere qualche risultato in più”.
La controreplica: “Senza soldi non si lavora. Stronza, lavori lei” – A questo punto e con gli animi così accesi, De Luca non si è tirato indietro e ha replicato ancora alle accuse, a modo suo: “Senza soldi non si lavora. Stronza, lavori lei”. Poco prima, l’esponente del Pd era entrato nel merito: “Hanno deciso di fare una Zes unica per tutto il Mezzogiorno, e poi hanno portato tutte le decisioni a Rom – ha spiegato – Chi fa questo io lo chiamo imbecille, o no? Qual è la malizia di questi giovanotti? Che l’imprenditore vada a Roma a genuflettersi. Questo è il peggio del clientelismo – ha sentenziato – Si vergogni Meloni, non io”.
La manifestazione di oggi a Roma – Vincenzo De Luca era a Roma insieme a un centinaio di sindaci. Dopo il presidio in piazza contro l’autonomia differenziata, è arrivato in corteo sotto il ministero degli affari Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr, a largo Chigi. Qui gli amministratori hanno chiesto di essere ricevuti in delegazione nonostante l’assenza del ministro Raffaele Fitto, impegnato in Calabria insieme alla presidente del Consiglio. Successivamente, il governatore campano è andato a Montecitorio assieme a due sindaci; qui si è fermato in Transatlantico a conversare con alcuni giornalisti, raccontando la manifestazione e lamentandosi per non essere stati ricevuti da nessuno nei ministeri.
De Luca: “Al ministero non c’era nessuno, degli stakanovisti” – In perfetto stile De Luca, poi, la spiegazione di quanto avvenuto: “Siamo arrivati davanti al Ministero della Coesione, dove sono degli stakanovisti: non c’era nessuno – ha detto – Non c’era il ministro, non c’era un sottosegretario, non c’era un funzionario che stava giocando a tennis. Ci hanno spintonato – ha aggiunto – poi hanno detto che una delegazione poteva salire, ma sopra non c’era nessuno. Allora sono andato verso Palazzo Chigi, ma una barriera di polizia ci ha bloccato. Hanno detto che poteva passare solo il presidente, e così sono andato io. Ma a Palazzo Chigi – ha continuato – non c’era Mantovano, non c’era nessuno. Ecco come trattano i sindaci della Campania. Sono 12 giorni che li avevamo avvisati che saremmo venuti“. De Luca ha raccontato con dovizia di particolari i meccanismi con cui, a suo giudizio, il governo blocca i Fondi di coesione verso la Campania. “Quando si violano le regole – ha proseguito – è a rischio la democrazia. Fanno questo contro la Campania che è la regione a maggior sofferenza sociale d’Europa. Senza soldi non puoi fare programmazione, le imprese culturali non possono fare programmazione”. Alla domanda se a suo giudizio ci fosse un elemento personale nei suoi riguardi o un elemento politico, De Luca ha replicato: “Non c’entra destra e sinistra. C’entra il fatto che la Campania è una Regione che non si piega. Non ci resta che la battaglia sociale, sperando che basti”.
Pnrr, decreto ancora fantasma. I piccoli Comuni: “Non riusciamo ad anticipare i soldi alle imprese, molti rinunciano ai bandi”
di Chiara Brusini
Slitta. ancora il decreto di attuazione della revisione del Pnrr, in cui il governo deve individuare le coperture per gli investimenti oggetto di rimodulazione e per i progetti definanziati. Non ce n’è traccia nemmeno nell’ordine del giorno del cdm convocato per giovedì pomeriggio. Arriverà “entro marzo”, ha detto il ministro Raffaele Fitto. Ma la situazione sta diventando imbarazzante, considerato che a dicembre lo stesso titolare degli Affari europei ne aveva annunciato l’arrivo “i primi giorni di gennaio”. Il provvedimento è cruciale per consentire alle amministrazioni di procedere con i lavori ed è atteso con urgenza soprattutto dagli enti locali. Costretti finora a pagare le imprese, al momento dell’avvio dei lavori, con soldi propri. Perché l’anticipo che arriva dallo Stato si ferma di solito al 10%: troppo poco per dare respiro ai magri bilanci dei Comuni. Stando alle bozze, nel decreto sarà previsto un aumento strutturale delle anticipazioni al 30%.
I tempi, dunque. Dopo settimane di trattative tra Fitto e il titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti, la meta sembra più vicina. L’individuazione delle coperture necessarie sarebbe quasi completa: i nuovi investimenti saranno fatti partire con fondi di coesione e del Piano nazionale complementare, le opere comunali entrate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ma antecedenti torneranno ad essere finanziate come era previsto inizialmente. Ma restano in bilico altri interventi per un valore di 3 miliardi, tra cui i Piani urbani integrati per migliorare le periferie delle città metropolitane. Che rischiano di uscire di scena definitivamente nonostante in molti casi siano già stati fatti i bandi e i fondi siano impegnati. Di qui l’ulteriore rinvio, con l’obiettivo di cercare di salvare almeno i progetti ormai a buon punto.
La lunga attesa però fa penare i Comuni, che fin dall’avvio del piano sono stretti tra le richieste delle aziende – che di norma hanno bisogno di ricevere all’avvio del contratto il 20-30% del valore previsto – e i mini anticipi concessi dall’amministrazione centrale. Il decreto Pnrr dello scorso anno ha accorciato l’iter per richiedere al Mef un anticipo più elevato (ora possono farlo direttamente i soggetti attuatori, senza passare dall’amministrazione centrale titolare dell’intervento), ma non ha risolto il problema di fondo. Che è insormontabile per gli enti più piccoli, sotto i 5mila abitanti. “Dover anticipare è assurdo: nessuno ha avanzi di amministrazione tali da consentirgli di andare avanti così”, spiega Franca Biglio, presidente dell’Associazione nazionale piccoli Comuni italiani. “Quindi siamo costretti a ricorrere alle anticipazioni di cassa attraverso le banche, pagando gli interessi passivi. Ma anche quei finanziamenti hanno un limite ben preciso: non possono superare i cinque dodicesimi delle entrate comunali proprie”.
Il risultato è presto detto: “Va a finire che molti rinunciano ai bandi Pnrr perché, tra carenza di soldi e personale ed eccessi di burocrazia, non ce la fanno”. Il tutto, tra l’altro, mentre i “piccolissimi” sono anche alle prese con un taglio dei contributi a fondo perduto che ricevono dal 2020 per la messa in sicurezza del patrimonio pubblico e l’efficientamento energetico: dai poco meno di 84mila euro dello scorso anno sono scesi a 58mila causa riduzione delle risorse stanziate in legge di Bilancio. Una sforbiciata “ingiustificata e inopportuna” per l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, che chiede al Parlamento di intervenire.
In compenso Fitto è passato a più miti consigli riguardo alle multe che fino a qualche mese fa intendeva comminare agli amministratori locali rei di non aver raggiunto gli obiettivi: avrebbero dovuto contribuire a pagare il recupero degli importi percepiti da Bruxelles, aveva detto. Ipotesi irricevibile per il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, che aveva avvertito: “Non mi sembra una norma ispirata a quei principi di fiducia reciproca su cui dovrebbe basarsi il lavoro comune di un Paese”. Dopo le polemiche sullo stralcio dei progetti comunali dal Pnrr, il governo ha evidentemente deciso di non andare allo scontro. L’ultima versione del decreto si limita a prevedere commissariamenti per chi è in ritardo.
da Il Manifesto
Andrea Carugati
Definirlo botta e risposta è riduttivo. Perché quello tra il governatore della Campania Vincenzo De Luca e la premier Giorgia Meloni è uno scontro durissimo, come non se ne vedevano da tempo in politica. L’oggetto del contendere è ancora l’autonomia differenziata, ma questa volta lo scambio di battute tra i due è diventato anche e soprattutto una questione personale. Leggere per credere. Nel giorno in cui l’ex sindaco di Salerno è sceso in piazza a Roma con i sindaci per manifestare contro il provvedimento del governo e dove si è addirittura scagliato contro le forze dell’ordine che non volevano farlo passare, la presidente del Consiglio ha pensato bene di attaccarlo frontalmente in maniera pesantissima. Dalla Calabria, dove si trova per la firma dell’Accordo per il Fondo sviluppo e coesione 2021-2027, la premier ha detto: “Devo ringraziare i presidenti di regione. Tutti hanno capito il senso di quello che stiamo facendo, c’è stata una enorme collaborazione, tutti sono collaborativi salvo uno che non è molto collaborativo allo stato attuale” ha detto, prima di sferrare l’attacco a De Luca: “Rispetto per carità, neanche mi stupisce troppo, se si va a guardare il ciclo di programmazione 2014-2020 risulta speso il 24% della spesa – ha sottolineato la leader del governo – se invece di fare le manifestazioni ci si mettesse a lavorare forse si potrebbe ottenere qualche risultato in più”. La reazione di De Luca? Ancora più violenta, come testimonia anche il turpiloquio davvero poco istituzionale: “Meloni? Senza soldi non si lavora. Stronza, lavori lei”.
De Luca: “Autonomia differenziata calpesta e offende il Sud” – “Schlein ha detto che autonomia penalizza il Sud? L’autonomia differenziata non penalizza il sud, lo calpesta e lo offende”. Parola di Vincenzo De Luca, che in mattinata è stato in piazza a Roma alla manifestazione con sindaci del sud contro la riforma del governo di centrodestra. Il presidente della Campania, poi, ha attaccato direttamente la premier: “Meloni deve chiedere scusa perché questi fondi erano destinati in primo luogo al Sud, e gli accordi di coesione andavano fatti innanzitutto con le regioni del sud invece che con tutte le regioni del nord. Se pensa – ha continuato – che la dignità del Sud sia in vendita si sbaglia, la manifestazione di oggi serve a ricordare a Giorgia Meloni e a tutti che la dignità del sud non è in vendita quindi chiede scusa scusa perché sta bloccando risorse essenziali per creare lavoro”.
Meloni: “De Luca lavori anziché manifestare” – Le parole di De Luca sono arrivate subito a Giorgia Meloni, in mattinata in visita in Calabria per firmare con la Regione l’accordo per lo sviluppo e la coesione. I toni? Più aggressivi di quelli dell’ex sindaco di Salerno: “Devo ringraziare i presidenti di regione sul lavoro sui fondi di coesione – ha esordito – Tutti hanno capito il senso di quello che stiamo facendo, c’è stata una enorme collaborazione, tutti sono collaborativi salvo uno che non è molto collaborativo allo stato attuale. Rispetto per carità – ha accusato – neanche mi stupisce troppo, se si va a guardare il ciclo di programmazione 2014–2020 risulta speso il 24% della spesa, se invece di fare le manifestazioni ci si mettese a lavorare forse si potrebbe ottenere qualche risultato in più”.
La controreplica: “Senza soldi non si lavora. Stronza, lavori lei” – A questo punto e con gli animi così accesi, De Luca non si è tirato indietro e ha replicato ancora alle accuse, a modo suo: “Senza soldi non si lavora. Stronza, lavori lei”. Poco prima, l’esponente del Pd era entrato nel merito: “Hanno deciso di fare una Zes unica per tutto il Mezzogiorno, e poi hanno portato tutte le decisioni a Rom – ha spiegato – Chi fa questo io lo chiamo imbecille, o no? Qual è la malizia di questi giovanotti? Che l’imprenditore vada a Roma a genuflettersi. Questo è il peggio del clientelismo – ha sentenziato – Si vergogni Meloni, non io”.
La manifestazione di oggi a Roma – Vincenzo De Luca era a Roma insieme a un centinaio di sindaci. Dopo il presidio in piazza contro l’autonomia differenziata, è arrivato in corteo sotto il ministero degli affari Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr, a largo Chigi. Qui gli amministratori hanno chiesto di essere ricevuti in delegazione nonostante l’assenza del ministro Raffaele Fitto, impegnato in Calabria insieme alla presidente del Consiglio. Successivamente, il governatore campano è andato a Montecitorio assieme a due sindaci; qui si è fermato in Transatlantico a conversare con alcuni giornalisti, raccontando la manifestazione e lamentandosi per non essere stati ricevuti da nessuno nei ministeri.
De Luca: “Al ministero non c’era nessuno, degli stakanovisti” – In perfetto stile De Luca, poi, la spiegazione di quanto avvenuto: “Siamo arrivati davanti al Ministero della Coesione, dove sono degli stakanovisti: non c’era nessuno – ha detto – Non c’era il ministro, non c’era un sottosegretario, non c’era un funzionario che stava giocando a tennis. Ci hanno spintonato – ha aggiunto – poi hanno detto che una delegazione poteva salire, ma sopra non c’era nessuno. Allora sono andato verso Palazzo Chigi, ma una barriera di polizia ci ha bloccato. Hanno detto che poteva passare solo il presidente, e così sono andato io. Ma a Palazzo Chigi – ha continuato – non c’era Mantovano, non c’era nessuno. Ecco come trattano i sindaci della Campania. Sono 12 giorni che li avevamo avvisati che saremmo venuti“. De Luca ha raccontato con dovizia di particolari i meccanismi con cui, a suo giudizio, il governo blocca i Fondi di coesione verso la Campania. “Quando si violano le regole – ha proseguito – è a rischio la democrazia. Fanno questo contro la Campania che è la regione a maggior sofferenza sociale d’Europa. Senza soldi non puoi fare programmazione, le imprese culturali non possono fare programmazione”. Alla domanda se a suo giudizio ci fosse un elemento personale nei suoi riguardi o un elemento politico, De Luca ha replicato: “Non c’entra destra e sinistra. C’entra il fatto che la Campania è una Regione che non si piega. Non ci resta che la battaglia sociale, sperando che basti”.