Fonte: radio popolare
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di Michele Migone, 6 marzo 2018
La concezione proprietaria del potere di Matteo Renzi tiene in ostaggio il Partito Democratico. Dopo la sua conferenza stampa è chiaro che in realtà il segretario non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Darà le dimissioni, ma ha già messo in moto l’iter per essere rieletto.
Nel frattempo gestirà questa fase politica mettendo un veto su qualsiasi soluzione di governo che possa metterlo ai margini. Renzi ha sempre dimostrato di amare il potere e lo ha sempre gestito con una disinvoltura che è sconfinata spesso nella spregiudicatezza.
Il potere è stata la sua bussola in questi anni. Anche quando, dopo la sconfitta nel referendum invece che farsi da parte come aveva promesso, ha pianificato e poi portato a termine un ritorno che si è rivelato un fallimento per lui e per il Pd. Ed è questa concezione egocentrica del potere che lo spinge a fare questo ultimo, clamoroso errore: non lasciare dopo la sconfitta.
Il rottamatore non vuole essere rottamato a 43 anni. Piuttosto rottamerà con lui l’intera esperienza del Pd. Il rischio è concreto. I dirigenti di lunga data del partitto lo sanno bene. Se Renzi rimane alla guida del partito, lui avrà un ruolo, ma il Pd rischia di non riprendersi più.