Questione greca o tedesca?

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Felice Roberto Pizzuti
Fonte: L'Altra Europa con Tsipras
Url fonte: http://www.altraeuroparoma.it/blog/questione-greca-o-tedesca/

di Felice Roberto Pizzuti  – 

La «que­stione greca» emersa dopo le recenti ele­zioni vinte da Syriza richiama l’attenzione anche sulle rela­zioni tra eco­no­mia e poli­tica e fa capire che se negli ultimi anni la prima ha preso il soprav­vento sulla seconda, la spie­ga­zione non sta solo nell’egemonia assunta dal neo­li­be­ri­smo, ma anche nella minore capa­cità della poli­tica di fare la pro­pria parte.

Rispetto a quando si veri­ficò la prima crisi greca, oggi l’Unione euro­pea è finan­zia­ria­mente molto più pro­tetta da una rete di stru­menti spe­ci­fici ideati dalla tec­no­cra­zia per soste­nere i paesi in carenza di liqui­dità (i fondi Esm ed EFS, i pre­stiti a lungo ter­mine Ltro della Bce, i suoi acqui­sti di titoli di stato Omt, le misure non con­ven­zio­nali come il Qe); ma, più in gene­rale, è stata deci­siva la forte presa di posi­zione espressa nel 2012 dal pre­si­dente della Bce Mario Dra­ghi nel suo famoso discorso del «wathe­ver it takes» («la Bce è pronta a fare tutto il neces­sa­rio per pre­ser­vare l’euro. E cre­de­temi, sarà suf­fi­ciente»). Tut­ta­via, a riprova delle cause strut­tu­rali della crisi che riguar­dano l’economia reale e l’assetto politico-istituzionale della costru­zione euro­pea, nei paesi dell’Ue, e in par­ti­co­lare dell’Area Euro, per­si­ste una grave con­di­zione reces­siva che ha ridotto non solo il red­dito effet­tivo, ma anche quello poten­ziale. Le recenti pre­vi­sioni di una pur mode­sta ripresa della cre­scita nel 2015 e nel 2016 sono labili e non più cre­di­bili di quelle siste­ma­ti­ca­mente smen­tite negli anni pas­sati pro­prio per­ché gli orga­ni­smi inter­go­ver­na­tivi e i respon­sa­bili poli­tici dell’Unione poco o nulla stanno facendo sul ver­sante strut­tu­rale della crisi.

Tra le cause della spe­ci­fi­cità nega­tiva dalla crisi in Europa e delle per­ples­sità sulla sua evo­lu­zione c’è il dise­gno poli­tico della Ger­ma­nia di esten­dere a livello con­ti­nen­tale il suo tra­di­zio­nale modello di cre­scita gui­dato dall’austerità interna e dalle espor­ta­zioni che nei due pas­sati decenni ha accen­tuato il per­se­gui­mento della com­pe­ti­ti­vità di prezzo, del con­te­ni­mento dei salari, dei bassi con­sumi interni e dell’avanzo com­mer­ciale. Quel modello è miope poi­ché non valo­rizza l’innovazione e i con­nessi van­taggi com­pa­rati del sistema pro­dut­tivo euro­peo sto­ri­ca­mente fon­dati sulla cono­scenza e sulle ele­vate con­di­zioni sociali favo­rite dai nostri più svi­lup­pati sistemi di wel­fare; i quali non sono un costo — come da qual­che decen­nio viene soste­nuto anche in Europa, cedendo poli­ti­ca­mente alla vul­gata neo­li­be­ri­sta — ma uno stru­mento e una carat­te­ri­stica del nostro svi­luppo. Quel modello, oltre a peg­gio­rare l’iniquità e le divi­sioni sociali con­nesse all’aggravarsi delle dise­gua­glianze degli ultimi decenni, diven­te­rebbe ancor più inso­ste­ni­bile se esteso all’intera Unione: un per­si­stente ed ele­vato avanzo com­mer­ciale dell’intera Ue come da anni accade in Ger­ma­nia impli­che­rebbe uno squi­li­brio nei rap­porti inter­na­zio­nali più grave di quello che ha ali­men­tato la crisi glo­bale esplosa nel 2008.

Rispetto a que­sti pro­blemi e alle pro­spet­tive incerte dell’Ue, la «que­stione greca», da un lato, ha dimen­sioni eco­no­mi­che rela­ti­va­mente molto mode­ste (il Pil greco è l’1,5% di quello dell’Ue e il 2% di quello dell’Area Euro) e potrebbe indurre erro­nea­mente a sot­to­va­lu­tarla; d’altro lato, assume la valenza soprat­tutto poli­tica di un banco di prova per le pos­si­bi­lità del pro­getto euro­peo di andare avanti o di tor­nare indie­tro. Que­sto secondo aspetto è il più rile­vante e lo diventa ancor più se si con­si­dera l’evoluzione in corso del con­te­sto inter­na­zio­nale resa pre­oc­cu­pante dal con­fronto tra Usa, paesi euro­pei e Rus­sia sui rap­porti di quest’ultima con l’Ucraina; l’indebolimento della costru­zione euro­pea ali­men­te­rebbe la diver­sità degli inte­ressi e delle sin­gole posi­zioni nazio­nali e non aiu­te­rebbe la sta­bi­liz­za­zione degli equi­li­bri complessivi.

Finora il nuovo governo di Atene e la Bce hanno fatto cia­scuno la pro­pria parte seguendo per­corsi non sor­pren­denti. Il primo ha oppor­tu­na­mente denun­ciato agli altri paesi dell’Ue gli aspetti ini­qui e con­tro­pro­du­centi delle con­di­zioni impo­ste alla Gre­cia per il suo cosid­detto sal­va­tag­gio nella prima crisi, evi­den­ziando anche l’incongruità isti­tu­zio­nale della Troika che non è certo un orga­ni­smo dell’Ue. Le richie­ste di ricon­trat­ta­zione — non di ripu­dio — del debito e dei rap­porti con i cre­di­tori sono coe­renti con la più com­ples­siva neces­sità di rive­dere la visione poli­tica domi­nante nell’Unione, una revi­sione che è indi­spen­sa­bile per la stessa soprav­vi­venza del pro­getto d’unificazione euro­pea il quale è sem­pre stato e rimane l’obiettivo del neo capo di governo Tsi­pras.
D’altra parte, almeno negli ultimi tempi, la Bce ha spesso ricor­dato che con le fun­zioni di poli­tica mone­ta­ria che le sono asse­gnate non può sop­pe­rire più di tanto alle respon­sa­bi­lità degli orga­ni­smi poli­tici dell’Ue e dei governi dei paesi mem­bri rispetto alla cre­scita e al con­so­li­da­mento del pro­getto euro­peo. Il comu­ni­cato della Bce sull’incontro tra Dra­ghi e Varou­fa­kis, dopo aver spe­ci­fi­cato che non è nelle pos­si­bi­lità della banca rive­dere un pro­gramma con­cor­dato dal pre­ce­dente governo greco con i cre­di­tori inter­na­zio­nali, ha pre­ci­sato che il Pre­si­dente «ha chia­rito il man­dato isti­tu­zio­nale della banca e sol­le­ci­tato il nuovo Governo a con­fron­tarsi in modo costrut­tivo e rapido con l’Eurogruppo per assi­cu­rare la con­ti­nua­zione della sta­bi­lità finan­zia­ria». Insomma, que­sta volta (anche se non sem­pre è stato così), a cia­scuno le pro­prie fun­zioni e adesso la parola va alla poli­tica con le riu­nioni pre­vi­ste nei pros­simi quin­dici giorni dell’Eurogruppo, del Eco­fin e del Con­si­glio europeo.

È giunto il momento che anche i respon­sa­bili delle deci­sioni poli­ti­che dicano e dimo­strino con azioni con­crete ed effi­caci che vogliono e sapranno rea­liz­zare la costru­zione dell’Unione euro­pea «wha­te­ver it takes», a comin­ciare dalla solu­zione della que­stione greca che rap­pre­senta un’occasione deci­siva per gli orga­ni­smi comu­ni­tari d’invertire le poli­ti­che con­tro­pro­du­centi finora seguite e di non farsi tra­vol­gere dalle tattiche.

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