Renzi, il Patto del Nazareno e l’incontro con Prodi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

di Alfredo Morganti – 16 dicembre 2014

I piombati

Giovanna Casadio riporta su ‘Repubblica’ alcune pillole di Bersani-pensiero, raccolte ieri durante la presentazione di un libro. ‘La politica non può ridursi a semplice comunicazione, deve essere altro’: così sintetizza la giornalista un passaggio bersaniano. Ben detto. La comunicazione è uno strumento, nulla più. Così come lo è una nave per attraversare il mare, un telescopio per guardare il cielo, un paio di scarpe per camminare in strada. Attraversare, guardare, camminare sono le azioni effettive. E il mare, il cielo, la strada sono la vera sostanza, gli oggetti concreti delle nostre attività. Guardare il dito, invece di guardare la luna, è il manifesto di chi ritiene, al contrario, che il telescopio sia assimilabile al cielo osservato.Magari è solo un forte strabismo. Ma è strabismo colpevole, inutile, dannoso. Lo conferma la Boschi che replica a Bersani: “Il PD precedente considerava di destra la comunicazione”. Di destra? Da quando le navi, i telescopi e le scarpe sono di destra? A ‘destra’ può svoltare la strada intrapresa (e molte strade renziane svoltano a destra, difatti), ma nessuno ‘strumento’ (nessuna scarpa) è di destra o di sinistra di per sé. Direbbe Jessica Rabbit, che sono di destra o di sinistra a seconda di come li si disegna, a secondo dell’uso che se ne fa, e cioè della porzione di cielo verso cui il telescopio viene indirizzato.

Certo, la tecnica non è solo ‘strumentalità’. Non è neutra. Da secoli condiziona forme e sostanza del nostro pensiero. Tanto più oggi, in epoca di dominio mediale. Ma ciò non vuol dire che la forma possa perciò prendere il posto del contenuto, che lo strumento (le scarpe) possa essere un contenuto esso stesso (la strada). ‘Comunicare bene’, come auspica pure la Boschi, non vuol dire mettersi in braccio a uno spin, calibrare persino le pause degli annunci e ritenere che aver vinto sul piano della comunicazione sia vincere tout court il confronto. Certo, più sono buone le scarpe, più si va lontano. Ma vincere, in politica, vuol dire governare con efficacia, spostare equilibri e scegliere una strada invece di un’altra. Per la sinistra vuol dire intervenire contro le disuguaglianze. Perché non è affatto sufficiente prevalere nella competizione elettorale, ossia vincere ‘a tutti i costi’. Non basta avere buone scarpe e battere tutti nella corsa. Quella è ancora preistoria: la storia è, invece, fatta di traguardi effettivi, è una società più giusta e più libera. La storia è la strada giusta, non quella sbagliata o purchessia.

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Ecco emergere l’ ‘altro’ di cui parla Bersani, che consiste nell’efficacia dell’azione di governo (questa sì di sinistra!), suffragata e completata dalla partecipazione di tutti alle scelte, nei modi trasparenti ammessi da una democrazia rappresentativa come la nostra. Mettere la comunicazione per prima (e spesso ‘al posto di’) vuol dire, invece, interpretare tutta l’azione politica come una vicenda tattico-agonistica, così che la comunicazione, l’agonismo comunicativo, l’azione di marketing, diventano in breve la politica in tutta la sua interezza visibile. E il governo si riduce, di converso, a misere schermaglie e a patti insinceri, specchietti per le allodole o combutte impronunciabili in talune stanze segrete. Il Patto del Nazareno e l’incontro con Prodi sono, così, due camere chiuse dove la comunicazione in senso forte muore. Dove il ‘comunicare bene’ della Boschi si converte nell’aria fritta dei tatticismi. Dove ci togliamo le famose scarpe (tutto diventa oscuro) ma poi non si va da nessuna parte. E la ‘buona’ comunicazione di cui ci parlano gli adepti dei nuovi guru, in breve, consiste nel calare il sipario quando effettivamente lo spettacolo inizia. E gli attori vanno in scena nascosti, sagome nere dietro le quinte. Ben piombati rispetto all’opinione pubblica.

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