Roma e Non Roma

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

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ROMA E NON ROMA – di ALFREDO MORGANTI – ed. L’ERUDITA

di Alfredo Morganti – 20 novembre 2016

È il mio primo libro di poesie. La cosa mi crea, proprio per questo, un po’ di apprensione, anche se sono versi che amo leggere e rileggere con la stessa attenzione e lo stesso piacere di quando li ho composti. La prima presentazione pubblica è domenica 27 novembre alle ore 11.00, presso il teatro di Tor Bella Monaca a Roma, dove sarà possibile acquistare il libro. Che si troverà, comunque, nei giorni successivi alla presentazione, anche in alcune librerie e presso IBS e Amazon 

Una poesia

Vi anticipo e commento brevemente il testo di una poesia del mio ‘Roma e Non Roma’. Qualcuno me lo ha chiesto, sono lieto di esaudire la richiesta.

‘Roma e Non Roma’ è diviso in quattro sezioni. Quella di apertura (‘Primavera 2010’) si compone di poesie brevi, tematiche, tutte titolate. Una di queste si intitola ‘Le case’, e prende spunto dagli edifici sorti spontaneamente in borgata tra gli anni 50 e gli 80, venuti su dal nulla, in un paesaggio di prati, cemento, plinti, tondini di ferro. Queste case senza intonaco, sorte come cespugli nella campagna inerte, sono una specie di natura seconda, rivestite di mura di ‘forati’ spogli dove vivono anime ‘inerti’, morte, perse, proprio come quel cemento sbrecciato e disadorno quanto il mondo attorno.

Le case

Come un vulcano costellano
di muta polvere le vallate e i prati.
Sembrano lapilli poi raggrumati,
croste di cenere, pietre raccolte
in mura fragili, su cui poggia il destino
di migliaia di anime morte.
Non ce n’è una eguale: differente
profilo, stesso destino comune.
Tracciano da sé la forma del mondo,
le strade disegnate attorno ai lotti,
come un compendio o un computo
finale dopo l’esplodere dei tondini
di ferro, del cemento sbrecciato,
del tufo scavato ad appena due passi.
Tu le vivi che sono ancora inerti,
le abiti assente, senza nemmeno
una crosta di intonaco, nude,
vuote di ringhiere sui balconi
piatti di cemento grezzo,
spalancati sul nulla.
Solo dopo cresce una veste,
le strade, i lampioni, il bitume
che non copre le buche
appena le accarezza. Quasi le salva.
Tu pensi che tra casa e casa
ci vorrebbe qualcosa
(a colmare gli interstizi che paiono
solo spiragli, fenditure o crepe,
e non il vuoto di questi spiriti freddi)
ma non sai cos’è.
(Filtra un’aria gelida anche d’estate.
Scivola tra le mura. Le imbeve
di un freddo antico ma giovane.
Alito imberbe.)

(Primavera 2010)

————–

🙂

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