di Fausto Anderlini – 1 novembre 2017
Dichiarazioni gravi e sdegnate a sostegno di Rosato, infelice padre del famigerato Rosatellum. Con le quali concordo, ‘anche se’ questo Parisi mi sembra tutt’altro che un brigatista da prendere sul serio. Piuttosto un dilettante piromane che s’è fatto prendere la mano nell’iperbolica camera di combustione del web. Talchè pare assai improbabile che il Rosato corra il pericolo di finire davvero arrostito sul rogo (tecnica patibolare peraltro prerogativa esclusiva degli eretici, categoria alla quale il politico triestino è sicuramente estraneo).
Che il linguaggio esacerbato e proditorio costituisca una pericolosa induzione alla violenza fisica o invece un palliativo volatile che ne vanifica l’eventualità, come vale per le pulp fiction cinematografiche, è materia di dibattito. Tuttavia, dopo che ieri sera ho visto come una intiera schiera di giorrnalisti ‘politically correct’ ha cercato di incastrare Di Maio con quest’unico argomento, non posso fare a meno di rammentare il coro simpatetico che accompagnò la celebre ‘rottamazione’ renziana, allora venduta alle rotative come una metafora energica del necessario ‘rinnovamento’ politico e generazionale. Sebbene mettere alla gogna una intera generazione politica ‘rottamandola’ in una discarica di ferri vecchi non sia proprio una forma edificante di umanesimo. E c’erano nomi e cognomi in quella campagna. Ben oltre una semplice metaforologia della circolazione delle èlites. Ricordo ancora quel camper allestito dai seguaci di Renzi che fra resse euforiche di ‘nativi’ Pd passava sopra una immagine di D’Alema riposta sull’asfalto. Per non parlare del linciaggio comminato a Bersani nell’ultima Leopolda.
A quelle gesta seguirono compiaciuti silenzi, se non frizzi e lazzi, malgrado il derapage lessicale fosse orchestrato da un aspirante capo-partito, poi diventato presidente del consiglio senza che i suoi modi siano mai rientrati nei ranghi. Soffiando sul fuoco di una sistematica denigrazione dei ‘nemici’. Mettendo D’Alema, e tramite lui la sinistra storica di questo paese, al centro di una sorta di malleus maleficarum mediatico tutt’ora imperversante. Sicchè verrebbe davvero da dire: piano con le parole, ma da che pulpito viene la predica. Cazzo.