Se ai Capitani manca il coraggio

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Vincenzo Comito
Fonte: Il Manifesto
Url fonte: http://fondazionepintor.net/economia/comito/coraggio/

da il manifesto del 2 dicembre 2014

Le crisi d’impresa e il ruolo della Cassa Depositi e Prestiti. Tre partite aperte in un Paese senza politica industriale. Un’operazione tipo Alitalia: con la creazione di una bad company pubblica da un lato e di una nuova società «pulita» dall’altro. È indispensabile che vengano riviste le modalità di governo della Cdp, oggi a gestione privatistica e al servizio di interessi poco trasparenti

  di  Vincenzo Comito, 1 dicembre 2014

Sem­bra da tempo che il capi­tale ita­liano non abbia più la voglia, la capa­cità e le risorse per farsi avanti quando un’impresa del nostro paese è in difficoltà. Negli ultimi anni le situa­zioni di crisi di gruppi di rile­vanti dimen­sioni sono state molto nume­rose. Secondo un’analisi recente (vedi l’articolo di F.Fubini su Affari & Finanza di Repub­blica del 24 novem­bre), delle 28 mag­giori ces­sioni di aziende effet­tuate dal 2012 a oggi, in 18 casi il com­pra­tore era stra­niero, cin­que hanno visto come pro­ta­go­ni­sta la Cassa Depo­siti e Pre­stiti e solo in quat­tro casi c’è stato un inter­vento da parte di capi­ta­li­sti nostrani. Tutto que­sto non è certo di buon auspi­cio, dal momento che le par­tite per qual­che ragione da siste­mare sono ancora nume­rose. Ci con­cen­triamo su Ilva, Monte dei Paschi e Saipem. Ilva La par­tita si tra­scina da molto tempo, a causa soprat­tutto dei governi imbelli, distratti, o com­plici, men­tre i nodi da scio­gliere sono tanti. Alle dif­fi­coltà ogget­tive della que­stione, su cui gra­vano anche deci­sioni molto incerte della magi­stra­tura, si aggiunge, oltre alla con­fu­sione di pro­po­siti che atta­na­glia i deci­sori pub­blici, anche la man­canza di risorse e di ade­guato potere di mer­cato da parte di even­tuali imprese pri­vate nazio­nali. La situa­zione è comun­que ormai inso­ste­ni­bile; tra l’altro, l’azienda perde ancora qual­che decina di milioni di euro al mese e le liqui­dità sem­brano ormai esau­rite. Giac­ciono, da un po’ di tempo, due pro­po­ste di solu­zione, al momento, del tutto inac­cet­ta­bili. La prima fa rife­ri­mento alla cor­data con a capo l’indiana Arce­lor Mit­tal, nella quale sem­bra inse­rita anche la Mar­ce­ga­glia, ma solo per dare qual­che trac­cia di ita­lia­nità a una solu­zione che, viste le risorse in gioco, sarebbe nella sostanza solo straniera. La Arce­lor Mit­tal ha già diversi impianti in Europa, con­ti­nente che sof­fre di una larga capa­cità pro­dut­tiva inu­ti­liz­zata e la sua volontà di acqui­si­zione sem­bra det­tata soprat­tutto dal desi­de­rio di tenere lon­tani dei con­cor­renti; essa com­por­te­rebbe, plau­si­bil­mente, un ridi­men­sio­na­mento dell’impianto di Taranto. Gli indiani chie­dono che il risa­na­mento possa con­se­guirsi spen­dendo meno del pre­vi­sto per la pro­te­zione ambien­tale. Doman­dano poi di essere esen­tati da ogni respon­sa­bi­lità sui con­flitti giu­di­ziari in atto, par­tita al momento ine­stri­ca­bile. E non vogliono accol­larsi i debiti passati. Un’altra cor­data, tutta ita­liana, sarebbe com­po­sta dal gruppo Arvedi e dalla Cassa Depo­siti e Pre­stiti. Ma Arvedi non sem­bra avere i soldi e la capa­cità di mer­cato per reg­gere la par­tita, men­tre si parla, ahi­noi, anche del coin­vol­gi­mento della fami­glia Riva. Il governo appare ora, improv­vi­sa­mente, dispo­ni­bile a farsi carico dei guai dell’azienda, cosa che a prima vista sem­bra posi­tiva; essa ver­rebbe risa­nata e poi resti­tuirla ai pri­vati. Il pro­getto appare ancora non del tutto chiaro per molti aspetti, ma il timore, nel nostro caso cer­ta­mente fon­dato, è che si porti avanti un’operazione tipo Ali­ta­lia. Il set­tore pub­blico si farebbe carico dei guai dell’azienda — e degli esborsi rela­tivi. Si avrebbe, da una parte, una bad com­pany pub­blica, men­tre si avvie­rebbe, dall’altra, una nuova società «pulita», in cui la Cassa Depo­siti e Pre­stiti sarebbe pro­ta­go­ni­sta; l’Ilva, dopo il risa­na­mento, ver­rebbe poi resti­tuita ai pri­vati, plau­si­bil­mente a vil prezzo. I dubbi tec­nici sull’operazione restano molti: dove pren­de­rebbe i soldi (diversi miliardi) il governo? E Bru­xel­les non avrebbe nulla da dire al riguardo? Ma sap­piamo che la fan­ta­sia dei nostri bravi poli­tici e dei giu­ri­sti che li cir­con­dano è infinita. Sai­pem e Monte dei Paschi Anche per que­ste due imprese si discute di un pas­sag­gio di pro­prietà. Si tratta di altri due impor­tanti pezzi del nostro sistema eco­no­mico. Per Sai­pem il 2015 dovrebbe essere l’anno della pri­va­tiz­za­zione. La società appare molto ambita e stanno accor­rendo al suo capez­zale i paesi arabi, società russe, cinesi, nor­ve­gesi e chissà di che altro paese. Manca del tutto l’interesse di gruppi italiani. Per quanto riguarda il Monte dei Paschi, dal momento che anche in que­sto caso lati­tano le can­di­da­ture nazio­nali, sem­bra si stiano met­tendo a punto diverse cor­date, una pre­va­len­te­mente anglo­sas­sone, un’altra con capi­tali dai paesi emer­genti. In realtà, se la banca fosse invece acqui­sita in qual­che forma dal set­tore pub­blico, essa potrebbe essere, tra l’altro, uti­liz­zata per con­tri­buire ad avviare una nuova poli­tica del cre­dito nel nostro paese. Cassa Depo­siti e Prestiti I tre casi sopra deli­neati, pur con tutte le dif­fi­coltà, potreb­bero essere l’occasione per il governo di impo­stare una nuova poli­tica di inter­vento indu­striale attivo. Sem­bra oppor­tuno che nella siste­ma­zione delle tre par­tite inter­venga in maniera impor­tante e per­ma­nente la Cassa Depo­siti e Pre­stiti. Essa dovrebbe acqui­sire un pac­chetto di capi­tale dei tre gruppi tale da vederla pro­ta­go­ni­sta della loro ristrut­tu­ra­zione indu­striale e socie­ta­ria; que­sto, insieme all’inserimento nei tre casi di gruppi esteri che dovreb­bero appor­tare mer­cati, non­ché risorse finan­zia­rie e orga­niz­za­tive. Sarebbe certo auspi­ca­bile anche la pre­senza di imprese pri­vate nazio­nali, ma si dubita che ce ne siano di dispo­ni­bili; i loro capi­tali ser­vono tutti, al momento, a tenere pieni i for­zieri delle ban­che lus­sem­bur­ghesi e di quelle delle isole Cayman. Con tali inter­venti la Cassa Depo­siti e Pre­stiti farebbe un impor­tante salto dimen­sio­nale e acqui­si­rebbe un ruolo molto accre­sciuto nel nostro paese. Ma, ovvia­mente, è indi­spen­sa­bile che ven­gano rivi­ste pro­fon­da­mente le moda­lità di governo di tale orga­ni­smo, oggi a gestione pri­va­ti­stica e al ser­vi­zio di inte­ressi poco tra­spa­renti. La pub­bli­ciz­za­zione e la demo­cra­tiz­za­zione dell’ente è una neces­sità impellente.

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