Solidarietà, un’utopia necessaria

per Gabriella
Autore originale del testo: Gianni Ferrara
Fonte: Il Manifesto
Url fonte: http://ilmanifesto.info/la-dignita-non-e-nel-fiscal-compact/

 

SOLIDARIETA’, UN’UTOPIA NECESSARIA – di STEFANO RODOTA’ – ed. LATERZA

di Gianni Ferrara

«L’autore dialoga con l’ultimo libro di Stefano Rodotà, edito da Laterza, Solidarietà, un’utopia necessaria. L’analisi di una parola apparentata a molte altre (natu­ra­lità, mora­lità, carità, assi­stenza, bene­fi­cenza, fra­ter­nità, dove­ro­sità, diritto, egua­glianza e gra­tuità, che la  lam­bi­scono, inve­stono, assu­mono e la inter­pre­tano cur­van­dola al loro spi­rito ed essenza. Il manifesto, 8 gennaio 2015

Col suo ultimo libro (Soli­da­rietà, un’utopia neces­sa­ria, Laterza, pp.141, euro 14) Ste­fano Rodotà allarga il campo dell’impegno scien­ti­fico e poli­tico nella lotta per i diritti che, da decenni, ha ingag­giato con tena­cia inin­ter­rotta e con suc­cesso non solo dot­tri­nale. Lo amplia alle pre­con­di­zioni, ai con­net­tivi dei diritti e che ne sono forse anche i nuclei pri­mi­geni. A deno­mi­narli è un nome: prin­cipi. E, mai come a que­sto pro­po­sito, il nome è la cosa.Di que­sti con­net­tivi Rodotà sce­glie la soli­da­rietà, il più com­plesso (a que­sto pro­po­sito il rin­vio è all’intervista rila­sciata a Roberto Cic­ca­relli sulle pagine di que­sto gior­nale il 4 dicem­bre). Com­plesso per­ché ha una sto­ria par­ti­co­lar­mente intrec­ciata con quella di altri con­net­tivi. Com­plessa per­ché matrici diverse la hanno moti­vata come pro­pria deri­va­zione, con­no­tan­dola con le rela­tive impronte, intanto che altri con­net­tivi pro­va­vano ad assor­birla. Natu­ra­lità, mora­lità, carità, assi­stenza, bene­fi­cenza, fra­ter­nità, dove­ro­sità, diritto, egua­glianza e gra­tuità lam­bi­scono, inve­stono, assu­mono la soli­da­rietà e la inter­pre­tano cur­van­dola al loro spi­rito ed essenza. Ognuna di esse, in verità, ha svolto un ruolo che va rico­no­sciuto almeno come rive­la­zione della pos­si­bi­lità e della pra­tica di un’esigenza umana mai del tutto sradicata.

Rodotà ne fa la sto­ria degli ultimi secoli e ne descrive le movenze e i ruoli col­la­te­rali che ha svolto e anche le valenze stru­men­tali che ha saputo espri­mere. Ma sa distin­guere, sepa­rare, sa indi­vi­duare le impronte che pos­sono come assor­birla ed esau­rirne — e anche degra­darne — l’essenza. Sa, soprat­tutto, sce­gliere il fon­da­mento sicuro su cui costruire la soli­da­rietà come prin­ci­pio. È quello del diritto, della norma giu­ri­dica. Pro­se­gue così l’alto e nobile inse­gna­mento di quel padre del costi­tu­zio­na­li­smo che for­mu­lava la prima enun­cia­zione dei diritti sociali attri­buendo allo stato gli obbli­ghi di offrire a «tutti i cit­ta­dini la sus­si­stenza assi­cu­rata, il nutri­mento, un abbi­glia­mento decente, e un genere di vita che non sia dan­noso alla salute», Montesquieu.

La soli­da­rietà è così che si con­cre­tizza. Per poter essere prin­ci­pio giu­ri­dico, deve poi dispie­garsi in diritti. È il modo in cui si libera dalle tante impronte che la hanno segnata. Da quelle impresse da una incerta natu­ra­lità, dalla inerme mora­lità, dalla dove­ro­sità a irri­tante garan­zia della pro­prietà, dalla eva­ne­scente fra­ter­nità, a quelle, ine­so­ra­bil­mente mor­ti­fi­canti, della carità, della assi­stenza e della bene­fi­cenza. È il modo in cui si eleva a fonte riven­di­ca­tiva della dignità umana.

Ma ha di fronte il mondo della glo­ba­liz­za­zione. Che è quello del mer­cato capi­ta­li­stico, per­ciò della pro­prietà pri­vata e del pro­fitto, del trionfo dell’una e dell’altra da trent’anni cele­brato senza pause e senza limiti alla deva­sta­zione delle con­qui­ste di civiltà che l’idea e le forze della soli­da­rietà ave­vano rag­giunto. È il mondo della bar­ba­rie postmoderna.

Rodotà non lo accetta, invita a riflet­tere sulla tor­tuosa sto­ria della soli­da­rietà, sulle poli­ti­che sociali che furono impo­ste dalle forze che ne ave­vano neces­sità e che ebbero ascolto nelle dot­trine giu­ri­di­che e poli­ti­che che ne recla­ma­rono forme di rico­no­sci­mento. Forme diver­si­fi­cate che anda­vano dal cor­po­ra­tivo, al cari­ta­te­vole, al com­pas­sio­ne­vole, al mutua­li­smo con­ta­dino ed ope­raio. E che, pur nei limiti e con le tor­sioni che le carat­te­riz­za­vano, testi­mo­niano tut­ta­via una pos­si­bi­lità di affer­ma­zione plu­ra­li­stica del prin­ci­pio. Con­sen­tendo in tal modo che per «l’adempimento dei doveri inde­ro­ga­bili di soli­da­rietà poli­tica eco­no­mica e sociale» dell’articolo 2 della Costi­tu­zione, all’insostituibile e pre­va­lente azione isti­tu­zio­nale pos­sano aggiun­gersi ini­zia­tive sociali (volon­ta­riato, terzo set­tore) alla base della forma-stato. A que­sto pro­po­sito, va rico­no­sciuto a Rodotà il merito di pro­porre un’interpretazione di quest’articolo della Costi­tu­zione che, nell’affermare che la Repub­blica «richiede» l’adempimento dei doveri della soli­da­rietà, estende al mas­simo i desti­na­tari della norma, uni­ver­sa­lizza la sua effi­ca­cia.

Affronta la que­stione del Wel­fare State, della sua ori­gine e crisi. Ne rico­strui­sce la mol­te­pli­cità dei signi­fi­cati, mostra come e per­ché il Wel­fare deno­mina una spe­ci­fica forma di stato costruen­dola pro­prio intorno alla soli­da­rietà. Una forma di stato che, a par­tire dai prin­cipi fon­da­men­tali che furono enun­ciati nei primi arti­coli della nostra Costi­tu­zione e pro­se­guen­done il dise­gno nor­ma­tivo per la forma-stato della con­tem­po­ra­neità, ride­fi­ni­sce la per­sona umana come cen­tro di rife­ri­mento della soli­da­rietà, sia come tito­lare del diritto sia come desti­na­ta­rio del dovere di soli­da­rietà. La ride­fi­ni­sce in ter­mini di cit­ta­di­nanza tanto com­pren­siva di diritti inte­grati l’un l’altro da assi­cu­rare il ben-essere, l’autodeterminazione, cioè il potere di crearsi un’esistenza digni­tosa, a pro­get­tarla come cre­di­bile pro­spet­tiva, a viverla come effet­tiva con­di­zione umana.

Ma quando, dove, come? Di cos’altro è indice, in quale con­te­sto la si può con­cre­tiz­zare, con quale altro pro­dotto sto­rico, per essere stata sto­ri­ca­mente deter­mi­nata, la soli­da­rietà può e deve con­vi­vere? Chi può assi­cu­rarla nella mate­ria­lità dei rap­porti umani esi­stenti, chi la può soste­nere alla base degli ordi­na­menti giu­ri­dici vigenti, insomma, di quale e quanta forza sociale dispone la soli­da­rietà oggi?

Rodotà non nasconde affatto che il pro­dut­tore sto­rico della soli­da­rietà, degli isti­tuti che la hanno con­cre­tiz­zata, dei diritti che ha gene­rato, il movi­mento ope­raio, insomma, è stato fran­tu­mato e che non c’ è più nes­suno in grado di con­te­nere e respin­gere le pre­tese e l’arbitrio dei costrut­tori del «nuovo ordi­na­mento nor­ma­tivo gover­nato da un potere sovrano, quello delle grandi società trans­na­zio­nali che dav­vero si pon­gono come il sog­getto sto­rico della fase pre­sente». La fase cioè dell’avvento e del con­so­li­da­mento del domi­nio glo­bale del capi­ta­li­smo neo­li­be­ri­sta, il nemico sto­rico e strut­tu­rale della solidarietà.

Cosa oppor­gli che sia cre­di­bile e per­ciò con­sen­ta­neo, col­le­ga­bile, cor­ri­spon­dente anche nella pro­spet­tiva dell’esigenza sem­pre più pres­sante dell’universalizzazione della soli­da­rietà? Rodotà non deflette dalla più rigo­rosa coe­renza con le pre­messe, e le scom­messe, da cui parte. Non cre­dendo alla emer­sione di sog­getti sto­rici che pos­sano, nel breve periodo, ripren­dere con suc­cesso la lotta del movi­mento ope­raio per la soli­da­rietà, intra­vede però foco­lai di resi­stenza e di con­tra­sto al potere sovrano delle cen­trali trans­na­zio­nali del capi­ta­li­smo neoliberista.

Al sociale fran­tu­mato, al poli­tico ser­vente l’economico per aver abdi­cato a suo favore, il giu­ri­dico gli sem­bra con­fer­marsi come cre­di­bile poten­ziale di pro­du­zione della soli­da­rietà. In una sen­tenza recen­tis­sima della Corte di giu­sti­zia dell’Ue scorge una sorta di riven­di­ca­zione della pre­va­lenza dei diritti fon­da­men­tali rico­no­sciuti dalla Carta di Nizza sull’interesse eco­no­mico di una cor­po­ra­tion trans­na­zio­nale della forza di Goo­gle. Attri­bui­sce a que­sta sen­tenza l’efficacia costi­tu­tiva di «una nuova gerar­chia fon­data sui prin­cipi… espressi dai diritti fon­da­men­tali». Come se, per incanto, rove­sciando la sua giu­ri­spru­denza di favore al prin­ci­pio della con­cor­renza e a danno dei diritti del lavoro, la Corte di Lus­sem­burgo avesse abro­gato quella che Rodotà chiama la «con­tro costi­tu­zione» dell’Ue, fon­data sul Fiscal Com­pact e che, invece, io credo che sia la vera «costi­tu­zione» euro­pea. Come se, la stessa Corte, avesse anche espunto dal Trat­tato sul fun­zio­na­mento dell’Ue le norme che impon­gono come vin­colo asso­luto della dina­mica e come fine dell’Unione «l’economia di mer­cato aperta ed in libera con­cor­renza». Qui l’amore paterno dell’eccellente ma non soli­ta­rio legi­sla­tore della Carta di Nizza ha fatto aggio sull’acutissimo spi­rito cri­tico del giurista.

Ma, a riflet­tere, chissà: que­sta interpretazione-ricostruzione ope­rata da Rodotà potrebbe anche assu­mere valore pre­co­niz­zante di un pro­cesso che l’astuzia della sto­ria del diritto futuro, gra­zie ad una raf­fi­na­tis­sima erme­neu­tica, con tacite abro­ga­zioni e prov­vide addi­zioni, con­senta che i prin­cipi che Rodotà ha ride­fi­nito acqui­stino effet­ti­vità giu­ri­dica. Sic­ché da «uto­pia neces­sa­ria» diventi espe­rienza vivente quella soli­da­rietà che il movi­mento ope­raio si inventò e che Rodotà ricorda come rap­porto tra eguali e per­ciò auten­tica. Affiora così il tema dell’eguaglianza. Quello sul quale chi scrive sta aspet­tando il mag­gior defen­sor dei diritti del nostro tempo.

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1 commento

cambio1715040 23 Aprile 2017 - 20:38

La solidarietà, qualunque forma assuma, qualunque mentore per spenda per essa il meglio di se, deve sempre restare sostenibile. Altrimenti insterilisce e muore, generando conflitti.

Paolo Barbieri (solidale donatore sostenibile di sangue ogni 90 gg)

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